LE SPIGOLATURE ECONOMICHE DELLA SETTIMANA

Sei cose da tenere d’occhio

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La sperequazione lavorativa

cms_5932/lavoro.jpgIn Italia c’è chi lavora troppo e chi troppo poco. Professionisti, ma anche giovani al primo impiego che non tornano a casa prima delle 12 ore trascorse in ufficio. È la fotografia scattata da un’inchiesta pubblicata sul Corriere della Sera che imputa la responsabilità alla crisi economica e alla “produttività che non cresce più”. Nella classifica stilata dall’Ocse sulle “ore lavorate in un anno per lavoratore”, l’Italia occupa la settima postazione con 1.725 ore. Al primo posto il Messico con 2.246 ore, seguito da Grecia, Russia, Portogallo, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Agli ultimi posti le economie solide: Norvegia, Olanda e Germania.Negli anni ’90 c’era chi lavorava fino a tardi, portando però a casa uno stipendio sicuramente più sostanzioso. Oggi, complice la difficile contingenza economica che ha indotto disoccupazione, le cose sono molto cambiate.Come uscirne? “Se vogliamo avvicinarci un po’ alla Germania – scrive il Corriere - dove tutti escono dall’ufficio alle 17, con un tasso di disoccupazione al 5,8 per cento e stipendi decisamente più alti dei nostri, la strada può essere soltanto una: far ripartire la produttività del lavoro”.

Brexit: al via il divorzio

cms_5932/Brexit_al_via_il_divorzio.jpgLe pratiche di divorzio tra Europa e Regno Unito sono state definitivamente avviate: la signora May ha consegnato l’iniziativa negoziale a Bruxelles che detterà adesso la tabella di marcia. “La Gran Bretagna sta per riprendersi il controllo sulle questioni che più ci stanno a cuore” ha detto la premier alla Camera dei Comuni. Ma la realtà che si prospetta, a ben riflettere, non esclude qualche difficoltà. I negoziati previsti dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, prevedono, una volta attivati, che il potere politico sia consegnato a chi resta nell’Unione. Una clausola non di poco conto, la cui discrasia trova ratio nel gioco forza: dev’essere l’Unione, in casi del genere, ad avere il coltello dalla parte del manico. Le richieste che Theresa May avanzerà dovranno essere vagliate dai 27 paesi rimanenti che decideranno se considerarle o meno. Ci si chiede dunque quale volto il paese sarà in grado di mostrare tra due anni. È indubbio che questo non sarà un periodo facile, considerando anche l’incognita del voto referendario della Scozia tra la fine del 2018 e gli inizi del 2019.

Trump e UE o Trump contro UE?

cms_5932/Trump_e_UE_.jpgSe è vero che al G20 il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha fatto trapelare una certa disponibilità al dialogo da parte degli USA, è indubbio che l’Unione e l’America sembrano intraprendere strade diverse. L’introduzione dei dazi che Trump vorrebbe ne è una dimostrazione. Come ha sottolineato l’ad di ENI, Claudio Descalzi, “i mercati sviluppati tendono sempre ad aprirsi”. Ma gli Stati Uniti hanno bisogno di esportare, “dobbiamo capire se i dazi siano più uno slogan […] se uno si chiude e crea delle barriere all’ingresso non può pensare che non ci siano barriere sulla sua esportazione”. La posizione dell’Europa, qualora fossero davvero applicati sarebbe complessa perché schiacciata tra questi e le sanzioni russe “senza poter esportare da nessuna parte”. Dai dazi avrebbero dunque tutti da perdere. Ma dietro la mossa potrebbe celarsi la strategia di un segnale verso Europa e Cina. Fu lo stesso Obama a minacciare l’Unione di porli se questa non avesse dimostrato maggiore apertura nei confronti dell’importazione di carne bovina verso la quale Francia, Olanda e Germania hanno dimostrato reticenza. Se l’intento fosse quello di intraprendere tutti un atteggiamento più equilibrato nel globale interesse, il protezionismo di Trump potrebbe essere solo una facciata.Vero è che gli equilibri capitalistici internazionali hanno bisogno oggi di una riconfigurazione. Le ricette tra USA ed Europa sono diverse e le ultime passano per un riallineamento dei rapporti tra Germania e Italia, rispettivamente primo e secondo paese manifatturiero europeo. Se i due paesi ritrovassero nel comune percorso storico economico la linfa di una futura e permanente armonia, forse potrebbe sperimentarsi una nuova fase propulsiva della politica industriale. Può darsi che anche di questo si sia discusso negli incontri che a ottobre e gennaio Confindustria e Bdi hanno tenuto a Bolzano e a Berlino.

Verso il DEF

cms_5932/Verso_il_DEF_.jpgNon ci sarà un aumento delle tasse, ma più probabilmente riduzione della pressione fiscale, redistribuzione e riordino delle tax expenditures. Secondo quanto appreso e riportato dall’Adnkronos, queste sarebbero le linee sulle quali si baserà il Def, all’interno del quale assumerà consistenza la manovra da 3,4 miliardi al varo entro il 30 aprile, assieme a un pacchetto sviluppo per le zone terremotate. Al Mef si lavora intanto a una manovra richiesta dall’Ue che eviti l’apertura di una procedura sui conti pubblici. Le risorse verrebbero dalla lotta all’evasione IVA, escludendo per ora interventi sulle accise, e dai tagli della spesa intermedia dei ministeri.

Startup umbre: fondi fino al 31 maggio

cms_5932/Startup_umbre.jpgScadranno il 31 maggio i termini per richiedere i fondi messi a disposizione dalla Regione Umbria per le startup giovanili. Settecentomila euro i soldi stanziati. Una volta presentata la domanda, un comitato tecnico valuterà gli elaborati sulla base di alcuni criteri “ossia la innovatività, la fattibilità tecnica ed economica, la pertinenza con la strategia regionale di innovazione – ha specificato Fabio Paparelli, vicepresidente della Regione Umbria e assessore alle Politiche per la creazione di impresa -. I progetti vengono valutati entro sessanta giorni e quelli ammessi vengono finanziati”.

Ritratti dell’Economia. Chi erano i fisiocratici

cms_5932/Ritratti_dell’Economia.jpgLa fisiocrazia è una dottrina economica affermatasi in Francia attorno alla metà del XVIII secolo, in opposizione al mercantilismo, con lo scopo di risollevare le sorti finanziarie francesi. Il mercantilismo aveva infatti arricchito i paesi che erano riusciti a mettere a frutto le risorse economiche importate dalle colonie, investendo nel tessuto manifatturiero nazionale, come avevano fatto Inghilterra e Olanda.La dottrina fisiocratica si fonda sul Tableau économique, trattato scritto nel 1758 dal medico ed economista Francois Quesnay, secondo il quale alla base di ogni altra attività economica dev’esserci l’agricoltura, l’unica in grado di produrre beni, successivamente trasformati dall’industria e distribuiti attraverso il commercio. La fisiocrazia fissa dunque la creazione di ricchezza nel momento della produzione e non in quello dello scambio. Le classi sociali erano considerate in relazione alla funzione svolta all’interno del ciclo produttivo: chi investiva il capitale iniziale e viveva del prodotto netto era proletario, chi – come i contadini – coltivava la terra, partecipando attivamente alla ricchezza, era produttivo, chi trasformava i beni in prodotti finiti o semplicemente li consumava era sterile. Contrariamente ai mercantilisti che consideravano l’intervento dello Stato essenziale perché favoriva le esportazioni, i fisiocratici lo ritenevano inopportuno poiché turbava l’ordine naturale dettato dal mercato. Tale teoria ha influito notevolmente sul padre dell’economia classica, Adam Smith che però rifiutava la visione dell’agricoltura, contrapponendovi la teoria del valore basata sul lavoro.I fisiocratici erano convinti che un buon governo dovesse basarsi sul dispotismo. Quesnay, che pure apparteneva alla corrente, riteneva invece che la migliore tipologia fosse quella basata su un unico uomo illuminato che avrebbe guidato i suoi sudditi verso il bene.

Silvia Girotti

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