Pedagogia interculturale: storie di immigrazione

La fiaba moderna di Godfred Donsah

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Godfred è nato nel 1996 ad Accra, in Ghana, ed è attualmente centrocampista del Bologna calcio. La sua è una storia a lieto fine, una fiaba moderna appunto, che coinvolge anche la sua famiglia.

È un ragazzo speciale Donsah, unico maschio con tre sorelle: il padre, Kwaku Takyi, a causa delle difficoltà finanziarie in cui versa la sua numerosa famiglia e nella consapevolezza di maggiori possibilità lavorative in Italia, decide di partire come tanti del suo Paese.

Il viaggio per raggiungere la Libia dura un mese e un giorno; un’eternità, durante la quale sopravvive nutrendosi del poco latte in polvere in suo possesso. Una notte, gli appare in sonno la madre morta anni prima che lo rassicura, piangendo, dicendogli che andrà tutto bene; da quel momento, Kwaku non avverte più lo stimolo della fame e della sete, né la stanchezza. Attraversa il deserto e, dopo innumerevoli peripezie, si imbarca e approda prima a Lampedusa e poi a Foggia, dove lavorerà nei campi, come la maggior parte degli immigrati.

Ad Accra è la madre di Donsah, Miss Comfort Anane, a occuparsi di lui e delle tre sorelle, tutti minorenni. Coltivando un piccolo orto e curando la piantagione di cacao, paga le tasse scolastiche e cresce come può i propri figli.

La famiglia, afferma Donsah, è stata come una squadra che lo ha sempre sostenuto nella sua passione per il calcio. Nel suo Paese, i figli maschi devono contribuire con il lavoro durante il tempo libero dalla scuola, ma per Godfred non è stato così.

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«Chiamavi il suo nome e non rispondeva nessuno, era sempre fuori e tornava sempre tardi. Poi abbiamo capito che era a giocare a calcio. Lui giocava, giocava, giocava …- afferma una delle sue sorelle - era molto consapevole e giocava a calcio continuamente, anche senza pallone lo vedevi palleggiare». Come le sue sorelle, Donsah frequenta la scuola: i professori lo ricordano dicendo che è sempre stato un buon ragazzo, rispettoso nei confronti degli insegnanti e amato da tutti. Anche i suoi compagni giocano a calcio, sebbene il terreno antistante la scuola sia accidentato, coperto di pietre taglienti. Il calcio, tuttavia, è per molti fonte di speranza, uno strumento per migliorare la propria esistenza. Ed è quello che accade a Donsah: Oliver, uno scopritore di talenti, lo nota e decide di portarlo a Palermo. «Una volta, a Palermo, il ragazzo ci ha fatto sapere che suo padre era in Italia da otto anni, così per aiutarlo lo abbiamo accompagnato a Verona – racconta - Lo stesso abbiamo fatto col padre, da Napoli a Verona. L’incontro è stato fantastico, quando il padre ha rivisto suo figlio dopo otto anni, piangevano tutti… è stato molto emozionante». «La storia di Donsah- aggiunge Oliver - ci dà ancora più motivazioni per organizzare tornei, al fine di creare una vera e propria squadra. Cercheremo di capire se ci sia la possibilità di creare un’Accademia calcistica, dove metter insieme i ragazzi più talentuosi e fare quel che è meglio per loro, non solamente per trovare giocatori e fare affari».

cms_7470/3.jpgDonsah in Italia non delude le aspettative di chi aveva creduto in lui, e attualmente gioca nel Bologna nella massima serie. Con quello che guadagna aiuta la famiglia nel progetto per la nuova casa e le sorelle negli studi.Nonostante la sua sia una storia di immigrazione a lieto fine, non sono mancati i momenti difficili. Con la massima naturalezza, egli afferma: «Se mi lanciano delle banane in campo, non posso offendermi, perché dovrei? Non posso rinnegare le mie origini e, soprattutto, sono orgoglioso del mio Paese e della mia gente…».

Gli episodi di razzismo, seppur deplorevoli, sono sporadici. Donsah è perfettamente integrato in Italia, nella città in cui vive, Bologna, e nella squadra in cui gioca.

«Lontano da casa un uomo è stimato per come appare, a casa è stimato per ciò che è» recita un proverbio cinese; il suo Paese, infatti, apprezza la grande umanità di questo ragazzo, baciato dalla fortuna, che conosce il valore del denaro e che resta in ogni modo vicino a chi lo ama per ciò che è.

Lucia D’Amore

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