IL CAFFE’ PEDAGOGICO

La “società liquida”, l’eredità culturale di Zygmunt Bauman

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Siamo tutti interconnessi e paradossalmente soli. Il “villaggio globale” di MacLuhan è un insieme di monadi vaganti; sappiamo tutto di tutti, spazialmente vicini, ma non siamo capaci di starci “accanto”. In breve, viviamo in una società liquida, nella quale trionfa la rarefazione dei legami, rapporti, amicizie e affetti.

Il 19 novembre Zygmunt Bauman avrebbe compiuto 92 anni e, per ricordarlo a quasi un anno dalla scomparsa, accenneremo a una delle sue più importanti teorie che hanno influenzato e caratterizzato la sociologia contemporanea.

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La “società (o modernità) liquida” è l’idea con la quale il filosofo e sociologo polacco illustra l’assenza di qualunque riferimento “solido” per l’uomo di oggi. Questa teoria inizia a delinearsi con quella corrente detta “post-moderna”(termine ombrello sotto cui si affollano diversi fenomeni, dall’architettura alla filosofia e alla letteratura).

Secondo Bauman, la responsabilità della nascita di questo fenomeno sarebbe da attribuire alla crisi dello Stato: scompare infatti un’entità che garantiva ai singoli la possibilità di risolvere in modo omogeneo i vari problemi del nostro tempo. Con la sua decadenza, ecco che si sono profilate le crisi delle ideologie, e dunque dei partiti, e in generale di ogni appello a una comunità di valori che permetteva al singolo di sentirsi parte di qualcosa che ne interpretava i bisogni.

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«Con la crisi del concetto di comunità - scrive Umberto Eco - emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi. Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una situazione in cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Si perde la certezza del diritto (la magistratura è sentita come nemica) e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono l’apparire a tutti costi, l’apparire come valore e il consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che li rende subito obsoleti, e il singolo passa da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo (il nuovo telefonino ci dà pochissimo rispetto al vecchio, ma il vecchio va rottamato per partecipare a quest’orgia del desiderio)».

cms_7764/4.jpgLe inevitabili conseguenze di questo individualismo sono molteplici e vanno dalla mancanza di fiducia verso le istituzioni, che porta a pericolose derive quali l’evasione fiscale o la volontà di farsi giustizia da soli, alla perdita di valori - come afferma Eco - per cui l’ “avere” conta di più dell’ “essere” e possedere l’oggetto del desiderio dà un piacere effimero, fine a se stesso, che dura pochi attimi o, bene che vada, fino a che un altro oggetto altrettanto inutile desterà maggiore interesse.

Per Bauman «una società di consumatori è una società liquida perché tutte le identità possono essere come non essere, tutte le scelte potrebbero essere fatte diversamente, tutte le appartenenze – classe, genere, famiglia, fede, nazione, luogo – ingenerano fedeltà o tradimenti egualmente arbitrari. Il compagno fraterno di oggi può essere il concorrente di domani, e il carnefice del giorno dopo (e noi lo stesso per lui). Un mondo insicuro, che da un momento all’altro può dare troppo o troppo poco».

cms_7764/5.jpgSi tratta di una visione pessimistica ma drammaticamente reale, il concretizzarsi dell’Homo homini lupus di Hobbes che, nella sua opera De cive, descrive lo stato di natura in cui gli uomini, soggiogati dall’egoismo, si attaccano l’un l’altro per sopravvivere.Bauman individua una possibile “soluzione” affermando che «l’unica via d’uscita potrebbe essere una moralità individuale che non può tuttavia più legittimarsi in riferimento a una tradizione condivisa». Liquidità, dunque, anche per quel che riguarda la morale e gli orizzonti valoriali di ciascun “individuo”.

Lucia D’Amore

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