Il caffè pedagogico

La funzione pedagogica di Babbo Natale

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A proposito dell’immaginazione Alison Gopnik, psicologa dell’età evolutiva, afferma: «Quando i bambini "fanno finta di", esercitano una capacità cruciale da un punto di vista evolutivo: quella di figurarsi modi alternativi in cui la realtà potrebbe essere».

Il bambino dunque è in grado di discernere la realtà dalla finzione, per cui, secondo autorevoli ricerche sull’argomento, credere alla figura di Babbo Natale non determina alcun rischio di far diventare i propri figli dei creduloni.

La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che immaginare realisticamente l’omino vestito interamente di rosso, come molte altre creature di fantasia, sia una necessaria fase dello sviluppo cognitivo. «In fin dei conti, quella su Babbo Natale non è una bugia vera e propria, ma una sorta di esortazione a partecipare a una storia di fantasia» sostiene Jacqueline Wooleey, psicologa all’università del Texas.

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Scervellarsi su come un anziano signore con la lunga barba bianca possa consegnare i regali in tutto il mondo contemporaneamente a milioni di bambini e passare con il suo ingombrante pancione attraverso la cappa del camino, richiede lo stesso impegno e immaginazione che occorrono per trovare la soluzione a un problema scientifico.

cms_8005/3.jpgDi opinione contraria è David Kyle Johnson, professore di filosofia che considera quella di Babbo Natale “un’inutile bugia” che mina la fiducia nei grandi; la scoperta della verità, inoltre, potrebbe provocare traumi nella psiche del fanciullo.

Si sottovalutano tuttavia le risorse che i bambini dimostrano in situazioni di difficoltà e di forte stress: in uno studio condotto dalla psicologa Carole Slotterback è emerso che, tra centinaia di studenti intervistati, solo una bambina aveva subìto un trauma significativo alla scoperta della non-esistenza di Babbo Natale. La sua reazione, tuttavia, era pienamente giustificata e spiegabile per il fatto che il padre avesse a un certo punto detto che Babbo Natale non c’era più perché aveva subito un infarto ed era morto.

Ma quando si smette di credere a questa “dolce bugia natalizia”?

Fino ai cinque anni di solito i bambini credono incondizionatamente a Babbo Natale, mentre dai sette ai nove anni avviene una graduale presa di coscienza, così i dubbi lasciano il posto alla certezza della sua non esistenza. Questa consapevolezza, tuttavia, al contrario di quel che si pensa, è assunta generalmente in modo graduale: quando il bambino sorprende i propri genitori in “flagranza di reato”, ovvero mamma e papà mentre impacchettano i doni o depongono questi ultimi sotto l’albero, se ha già dei dubbi questi saranno confermati, viceversa se è ancora troppo piccolo per averne, continuerà ancora a credere incondizionatamente all’esistenza di Babbo Natale.

Come per tutto ciò che riguarda la crescita del fanciullo, qualsiasi forzatura risulterebbe inopportuna: per prima cosa, è necessario osservare alcuni indizi chiave che preludono alla rivelazione della non-esistenza del fantastico personaggio natalizio. Alcuni bambini si pongono domande su come questi sia in grado di compiere i suoi viaggi prodigiosi; altri riconoscono il proprio padre dietro la barba finta tenuta su da un elastico; altri ancora, ai dubbi instillati dai compagni di scuola più grandi, associano il mito ormai zeppo di incoerenze, per tutti quindi giunge il momento di fare due più due.

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Secondo gli psicologi e i pedagogisti, quando si colgono i segnali che l’ora è giunta, è preferibile non fare “rivelazioni” ma lasciare che la verità venga scoperta gradualmente dai bambini stessi, magari smettendo di camuffare la grafia dei biglietti lasciati da Babbo Natale o seminando qualche indizio utile alla loro indagine. Arrivarci da soli sarà per loro un piccolo ma importante traguardo, un segnale di benvenuto nel mondo dei grandi.

E, quando saranno adulti, ricorderanno quella magia che solo l’immagine luminosa della slitta trainata dalle renne e colma di regali poteva loro donare.

Lucia D’Amore

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