Il caffè pedagogico

Il caregiver dell’ammalato di Alzheimer

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Perdita di memoria, senso di disorientamento, assenza di riferimenti spazio-temporali, aggressività e incontinenza. Sono i principali effetti della demenza senile e del morbo di Alzheimer.

La percentuale degli affetti da questa patologia è sempre più elevata, dato il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita che, nel nostro Paese, è tra le più elevate.

In questa sede affronteremo l’argomento centrando il focus sul caregiver del malato di Alzheimer - frequentemente rappresentato dal coniuge o dal figlio -, sull’assistenza psicologica di cui necessita e sulle strutture a cui può rivolgersi, dato che non sempre si è preparati ad affrontare i cambiamenti che la nuova situazione comporta.

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In primo luogo, è fondamentale l’accettazione di una nuova tipologia di rapporto quando la persona è ammalata: il proprio coniuge (o il proprio genitore) muta progressivamente - ahimè in peggio - e il cambiamento è irreversibile. Certo, i medicinali e la terapia riabilitativa possono rallentare il deterioramento delle facoltà psichiche e delle attività fisiche, tuttavia è inevitabile che non ci si riconosca nel nuovo legame che è necessario instaurare.

Il primo ostacolo da affrontare è l’instabilità emotiva: il malato di Alzheimer alterna momenti di depressione a momenti di euforia e di aggressività. Talvolta diventa persino pericoloso per sé stesso e per chi gli è accanto.

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«Quando guardo mia madre negli occhi, in alcuni momenti sembra che mi voglia colpire, c’è cattiveria nel suo sguardo ed io ho paura, specie la notte, quando chiudo a chiave la porta della camera per non essere ammazzata nel sonno», sono le dure paroledella figlia di un’ammalata.

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«Mio marito è completamente trasformato: trasandato, non cura più l’igiene - indosserebbe per settimane gli stessi pantaloni -, è irriconoscibile. Per me è molto difficile restargli accanto, non riesco a rassegnarmi a questo cambiamento», afferma la mogliedi un malato di Alzheimer.

«Mia madre ha sempre trascurato l’ipertensione da cui era affetta, tralasciando di assumere regolarmente i medicinali prescritti dal medico. - raccontail figlio di un’anziana donna affetta da Alzheimer - A lungo andare, delle micro aree cerebrali si sono deteriorate danneggiando le capacità cognitive al punto tale da provocare questa malattia, che talvolta le impedisce di riconoscermi. Questo è per me fonte di immenso dolore, non so come comportarmi, mi sento inadeguato».

Le persone intervistate hanno espressole più frequenti preoccupazioni che affliggono tutti coloro che si prendono cura dei familiari affetti da Alzheimer o demenza simile, i caregivers, i quali necessitano di un’assistenza psicologica e di adeguate informazioni relative agli enti ai quali possono rivolgersi in caso di necessità.

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La rete di strutture sociosanitarie, seppur talvolta carente, garantisce tuttavia un’assistenza di base che può essere d’aiuto alle famiglie in difficoltà a causa di questa patologia progressivamente invalidante che ha colpito il proprio congiunto. Rivolgendosi alle Asl di appartenenza, si potranno ottenere informazioni circa le strutture specializzate che possano ospitare in orario diurno il malato di Alzheimer al fine di garantirgli una terapia riabilitativa che rallenti la progressione del deterioramento delle capacità psicofisiche. In alcuni casi, è possibile richiedere un’assistenza domiciliare che sollevi per qualche ora il familiare caregiver dal gravoso compito a lui spettante ob torto collo.

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Ultimo, non in ordine di importanza, è il diritto del caregiver di conoscere gli aspetti della patologia mediante una formazione che gli consenta di affrontare al meglio gli imprevisti che quotidianamente e sempre più frequentemente si presenteranno nel progressivo, e spesso lungo, decorso della malattia.

Lucia D’Amore

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