MIGRANTI, DAI DATI DEL VIMINALE NON C’E’ NESSUNA INVASIONE

Secondo le dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Interno Salvini, i migranti hanno finito per trasformare l’Italia in un grande “campo profughi”. Ma è davvero così? Ecco cosa dicono i numeri ufficiali.
Dall’inizio del 2018 sono stati 16.566 i migranti sbarcati in Italia, il 79,07% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando ne arrivarono 79.154. Sono i dati resi noti dal Viminale, aggiornati al 28 giugno, dai quali arriva la conferma di un calo drastico degli arrivi, con il dodicesimo mese consecutivo in cui si registra un calo. Sono 11 mesi consecutivi (da quando cioè Italia e Ue hanno deciso di addestrare la guardia costiera libica per fermare i flussi) che permane il trend in diminuzione degli sbarchi. Nei primi cinque mesi dell’anno gli arrivi si sono attestati a quota 13.430, il 78% in meno dello stesso periodo del 2017. Se si fa riferimento a quelli provenienti dalla Libia, la diminuzione è ancora più consistente (-84%). Secondo le ultime stime dell’Onu inoltre, sono 660 i migranti morti quest’anno mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo. Più della metà ha perso la vita nella rotta del Mediterraneo centrale, quella che parte dalla Libia e arriva sulle coste italiane.
Le politiche di Salvini sembrano dunque inutili, oltre che non portare a nessun risultato.La chiusura dei porti, imposta dal nostro ministro dell’interno, per impedire lo sbarco della nave Aquarius, ha infatti fatto seguito al fallimento delle trattative del consiglio degli Affari interni Ue sulla riforma del regolamento di Dublino, la legge europea che avrebbe disciplinato la redisitribuzione delle quote di migranti “in eccesso” tra i vari paesi dell’Unione. Se è vero dunque che Il vertice europeo sui migranti si è concluso sull’accordo dell’istituzione di nuovi centri di accoglienza in altri Stati membri, non solo in Italia e in Grecia, è vero anche che riguardo al Regolamento di Dublino che obbliga i migranti a chiedere asilo nel primo Paese in cui sbarcano, si è solo genericamente ribadita la necessità di modificarlo, senza poi modificare nulla. Rimandare poi in patria i migranti sbarcati sulle nostre coste – altro punto del programma elettorale della Lega - non solo costa, ma richiederebbe quasi un secolo.
Secondo i dati Frontex, gestire una singola pratica di rimpatrio ha un costo medio di 5.800 euro che comprende il volo di linea e l’accompagnamento della persona nel paese d’origine. Se si stima che a oggi, in Italia, ci sono circa 500mila immigrati irregolari, un rimpatrio di massa arriverebbe a costare pertanto quasi 3 miliardi di euro. Ma la difficoltà più grande riguarda anche la possibilità di stringere accordi di riammissione con i Paesi del Nord Africa e di farli rispettare. Senza questi, un migrante rimpatriato non viene fatto rientrare nel proprio Paese di origine.
Nei dieci punti italiani presentati a Bruxelles dunque, vi sono, è vero, cose sacrosante, come il superamento-adeguamento di Dublino e della norma di porto di prima accoglienza; ma proprio adesso occorre un’Italia diplomaticamente autorevole per ottenere risultati oggettivi al tavolo negoziale. Salvini e Di Maio dovrebbero quindi capire che con simili esternazioni - concepite per scavalcare sistematicamente il Premier Giuseppe Conte o il Ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, ma anche col ricatto umanitario di navi lasciate in alto mare al proprio destino - l’intesa coi partner europei si allontana, non si raggiungono risultati e l’immagine internazionale del nostro Paese si offusca.
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