LA SPOSA DI BUDDHA
CAPITOLO IV - LE CASTE

In India è permesso sposarsi solo con membri della propria casta, e i figli nati da questa unione ne fanno parte. In base a questi presupposti, per secoli i matrimoni combinati hanno rappresentato la tradizione nella società indiana. Con l’evolversi del tempo, ed il progressivo ampliamento delle aree di democrazia, qualcosa è cambiato: le affiliazioni di casta sono state in gran parte superate, così come la distinzione tra purità e impurità.Le antiche tradizioni continuano invece ad esistere nelle campagne, nelle tribù e nei centri rurali più arretrati del Contintente. Nella maggior parte dei matrimoni, la famiglia della sposa fornisce una dote, in caso di morte prematura del marito. Storicamente, nella famiglie, l’eredità dei patrimoni familiari passava per la linea maschile. Ma da più di cinquant’anni le leggi indiane trattano maschi e femmine allo stesso modo in materia di eredità, laddove non vi sia un testamento legale. Il mutamento dei costumi in India è simile a quello registrato negli ultimi anni in Cina, in Giappone e in altre nazioni asiatiche. In questi posti, non sono numerosi i matrimoni pattuiti senza il consenso degli sposi: la maggior parte di questi eventi sono organizzati con il loro consenso. I matrimoni d’amore sono in aumento, in particolare nelle aree urbane; sfortunatamente, anche le separazioni e i divorzi lo sono.
Esistono ovunque, nel mondo, situazioni in cui il matrimonio diventa un contratto vero e proprio, e gli sposi fanno una vita di coppia senza essere coinvolti emotivamente. Io sono un esempio di questa condizione, e rivedo le scene del mio matrimonio come spettatrice-attrice dell’evento. La malattia precludeva ogni speranza a condurre una vita normale, così i miei genitori italiani mi invogliarono ad unirmi a un professore attempato e facoltoso. Per me era sufficiente che fosse un bell’uomo, ed accettai. Le cose tra di noi non andavano bene. Non parlavamo di nulla, neanche un saluto. L’allontanamento di entrambi fu inevitabile. Mi tradiva. Cominciai a disprezzarlo. Sebbene mi sentivo rassicurata dal fatto che, essendo vecchio, sarebbe morto prima di me, e volevo che andasse via dalla mia vita. Mi sorprese la sua fuga. Lui mi lasciò per una collega molto bella, senza una spiegazione. Mi rassegnai presto a vivere da sola.
Penso a tutte queste cose per distrarmi dai sentimenti distruttivi, quali la rabbia e il rancore, che provo per l’uomo che mi ha fatto soffrire. Chiudo gli occhi. Fingo di dormire e mi tranquillizzo lentamente, pensando alla bellezza di un arcobaleno o di un roseto. Infine, cerco nella mente il volto di Pandmin, e sento il profumo del gelsomino.
IL MEDICO DALLA FACCIA DI RANDA
“Namaste” esprime profondo rispetto. Questo saluto è comunemente usato in India da indù, giainisti e buddisti, e talvolta anche al di fuori del sub-continente indiano. Nella cultura indiana e nepalese, la parola è pronunciata all’inizio della comunicazione. Il gesto, tuttavia, con le stesse mani piegate, senza pronunciare la parola, si fa di solito al momento del commiato. Namaste, letteralmente, fa riferimento a “Ciò che è di Dio in me, si inchina a ciò che è di Dio in te”. Nella maggior parte delle famiglie indiane, ai giovani uomini e donne viene insegnato a cercare la benedizione dei loro anziani per mezzo dell’inchino reverenziale a loro rivolto. Con la parola namaste, mi ha salutato l’uomo con la faccia da bambino che mi scrutava in viso, mentre ascoltava il battito, prendendo la mia mano. Il cuore correva come una gazzella nella prateria, inseguita da un leone. Riapro gli occhi, riconoscendo in lui un amico. Questo sconosciuto assomigliava al mio compagno di giochi Randa, o forse era lui, non saprei dirlo con esattezza. “Randa” aveva individuato le mie origini, nonostante il mio cognome fosse italiano. Questo piccolo grande uomo ha sostenuto la mia vita tenendomi la mano e dandomi coraggio ogni giorno, fino alla fine dei miei giorni. Non mi ha chiesto nulla in cambio e mi ha dato tanto, anche se sosteneva che io avessi fatto per lui di più, avendogli donato il mio esempio di coraggio e amore per la vita.
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