Nel corso della mattinata di ieri, la presidiatissima zona verde di Baghdad, sede dell’ambiasciata statunitense irachena, è stata assaltata da migliaia di manifestanti in rivolta in seguito ai recenti raid americani contro le milizie sciite filo-iraniane sul confine tra Iraq e Siria. Si stima che almeno 10 manifestanti siano rimasti feriti negli scontri; e mentre sulle inferriate dell’ambasciata sventolavano i cartelli che inneggiavano slogan del tipo “Morte all’America”, il personale diplomatico e l’ambasciatore Matthew H. Tueller, sarebbero stati evacuati dalle forze di sicurezza. Trump twitta : “L’Iran ha ucciso un contractor americano, ferendone molti. Noi abbiamo risposto con fermezza e sempre lo faremo. Ora l’Iran sta orchestrando un attacco all’ambasciata Usa in Iraq. Saranno ritenuti pienamente responsabili.
Inoltre, ci aspettiamo che l’Iraq utilizzi le sue forze per proteggere l’Ambasciata, l’abbiamo fatto presente!” Gli Usa infatti si erano resi responsabili recentemente di “attacchi difensivi di precisione” nella zona, contro la milizia Kataib Hezbollah, accusata di avere condotto nei giorni scorsi una attacco nel quale è rimasto ucciso un cittadino statunitense. In realtà la situazione dell’Iraq è da inserirsi in un contesto generale, quello del Golfo, caratterizzato dalla sempre maggiore instabilità, causata principalmente dall’inasprimento dei rapporti tra Stati Uniti, Arabia Saudita e Iran, il cui monito supera i confini di questi paesi.
Gli ultimi fatti però hanno indisposto gli equilibri iracheni sul piano internazionale, e la sua condotta di bilanciamento delle alleanze volta a garantire a Baghdad la mutua collaborazione al contempo con Washington e Teheran, importante partner commerciale. Lo stesso scenario interno all’Iraq, a partire dalla caduta del regime di Saddam, versa in una situazione di forte precarietà e malcontento generalizzato, nei confronti del nuovo governo di Adel Abdul Mahdi. Tale risentimento sarebbe sfociato negli ultimi mesi in diversi momenti, in sommosse popolari che lamentavano la dilagante corruzione, la disoccupazione e l’incapacità delle istituzioni di garantire alla popolazione l’accesso ai servizi essenziali. Tale insicurezza costituisce un serio fattore di rischio per l’eventuale strumentalizzazione da parte tanto di fazioni politiche che di milizie armate, interessate ad accrescere la propria influenza.