In Bangladesh la situazione sembra tornare alla normalità, dopo un mese di scontri e proteste. Tutto è iniziato i primi di luglio, allorquando un’onda studentesca ha invaso le piazze inveendo contro una legge nazionale, risalente a oltre 50 anni fa, che prevede un sistema di quote nelle assunzioni pubbliche riservate ai veterani di guerra e alle loro famiglie. La norma è considerata dalle nuove generazioni come un grosso limite alle prospettive di lavoro e alle loro legittime aspirazioni. Il 30% dei “posti fissi” spetta ai familiari dei combattenti nella guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971 e gli studenti in rivolta chiedevano un sistema più equo, basato sul merito. Tra l’altro, molte accuse venivano mosse al sistema politico, specie per favoritismi e assunzioni agevolate di amici, mascherate dalla parentela con vittime di guerra.
Invero, questa vecchia legge era stata sospesa proprio dal governo in carica, ripristinata poi lo scorso giugno a seguito di una sentenza dell’Alta Corte, adita dai parenti delle vittime di guerra mediante ricorso, che ne ha confermato la liceità, obbligando quindi il governo a rimetterla in piedi. Gli studenti sono scesi in piazza.
Dopo le prime pacifiche forme di protesta e alcune occupazioni universitarie la situazione è ben presto precipitata, tanto che le autorità hanno dovuto imporre il coprifuoco nazionale e hanno mobilitato l’esercito per cercare di ristabilire l’ordine. La polizia ha represso i tumulti sparando proiettili di gomma in direzione dei manifestanti, ma ciò non ha evitato i morti. Se ne contano circa quattrocento, oltre a tantissimi feriti.
Si sono registrate interruzioni della rete internet ed è stato preso d’assalto il palazzo della premier Sheikh Hasina, costretta all’evacuazione con un elicottero militare verso l’India, rassegnando le proprie dimissioni. A poco è servita una nuova sentenza-lampo dell’Alta Corte che comprimeva la legge in questione, l’escalation di violenza è stata repentina e i tumulti si sono autoalimentati per vendicare gli arresti quotidiani, così come le uccisioni dei manifestanti. Alcuni militari si sono schierati dalla parte studentesca, trascinando la nazione nel caos completo. Il Parlamento è stato sciolto e occupato, con diffusione di video in cui una folla di giovani metteva a soqquadro l’aula.
Lo scorso 6 agosto è stata chiesta all’economista bangladese Muhammad Yunus, che si trovava all’estero, la conduzione temporanea del governo con un incarico ad interim, in modo da traghettare l’esecutivo sino a nuove elezioni. Premio Nobel per la pace nel 2006, Yunus è noto per aver ideato e realizzato il concetto di microcredito e di microfinanza, avviando sin dal 1976 un progetto di prestiti senza garanzie per i poveri che avevano difficoltà ad accedere al credito attraverso i canali tradizionali. Il progetto si è poi evoluto nella Grameen Bank, una banca il cui scopo è proprio quello di favorire piccoli prestiti e consentire l’autosufficienza dei più indigenti, secondo un modello di microcredito poi replicato in numerosi altri paesi.
Nel suo primo discorso ha rivolto il proprio pensiero alle vittime di questo movimento, i cui “sacrifici hanno portato alla nazione una seconda indipendenza”. La leader dell’opposizione Khaleda Zia, dopo anni di detenzione domiciliare, è stata liberata grazie ad un’azione che era stata già intrapresa dal governo militare temporaneo creato a seguito della repentina fuga di Hasina, per ordine del presidente della Repubblica Mohammad Shahabuddin, che ha anche ordinato il rilascio di tutti i partecipanti alle proteste precedentemente arrestati.
Il prossimo martedì, ha reso noto l’esercito, il coprifuoco cesserà e scuole, università, negozi, potranno riaprire. “Oggi è un giorno glorioso per noi” ha quindi esclamato Yunus nella capitale Dacca al suo arrivo in aeroporto, assicurando che “la legge e l’ordine” saranno le sue priorità.
Resta tuttavia da segnalare che centinaia di bangladesi, si parla anche di un migliaio, sono fermi al confine con l’India nel tentativo di lasciare il Paese, scontrandosi con l’opposizione dei “vicini” che per giunta avevano sospeso i servizi ferroviari da e per il Bangladesh. “Le forze di sicurezza indiane al confine hanno dichiarato un livello di allerta più elevato” ha scritto qualche giorno fa l’Hindustan Times, confermando la chiusura anche della linea ferroviaria Kolkata-Dhaka, ovvero una delle più importanti che collega i due paesi. Una parte significativa di coloro che cercano sicurezza all’estero è rappresentata dagli indù, tra l’altro ieri in piazza a New York per chiedere la cessazione delle violenze subite anche in concomitanza di queste proteste. Il Bangladesh è un paese di 171 milioni di persone a maggioranza islamica e gli Indù costituiscono la principale minoranza religiosa, rappresentando circa il 9% della popolazione.