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Bankitalia, Renzi: “Gentiloni sa cosa fare”

cms_7519/renzi_matera_1_adn.jpg“Ho letto bugie, ricostruzioni parziali. Ho visto tutti concentrati sulla mozione quasi fosse una spy-story. Voglio essere chiaro: la difesa a oltranza di Visco non sta nei miei desideri segreti. Ma qualsiasi nome il premier farà, non ci saranno problemi. Anche se dovesse confermare Visco, nessun problema”. Lo dice Matteo Renzi, a proposito di un’eventuale riconferma di Ignazio Visco ai vertici di Bankitalia, in un’intervista a Avvenire in edicola domani e anticipata in parte oggi sul sito del quotidiano.

“Prenderò atto della decisione del governo e qualsiasi decisione sarà non intaccherà minimamente i nostri rapporti. Gentiloni non ha bisogno di consigli. Paolo ha la mia stima, il mio rispetto e la mia amicizia. E le sue parole sull’indipendenza e l’autonomia della Banca d’Italia sono giuste”.

“E’ tutto così sorprendente, così incredibile, così assurdo. Con una parola sola direi così surreale. Giro l’Italia e non c’è stata una persona che mi abbia chiesto chiarimenti sulla mozione, ma dei problemi reali della gente. E invece si guarda sempre al dito e mai alla luna. Il vero problema sono le crisi bancarie, sono le decine di miliardi messi dallo Stato per salvarle. Io e il Pd non possiamo difendere l’attuale assetto di potere, non possiamo stare dalla parte dei presunti salotti buoni della finanza. Noi stiamo con i risparmiatori”, ribadisce il segretario Pd.

Quanto alla commissione banche osserva: “Non sta a me fare la lista delle audizioni e non credo che la commissione debba essere la Torquemada del passato”.

Commissione banche accende i motori

cms_7519/Stemma_Monte_dei_pashi_ftg24.jpgLa Commissione di inchiesta sul sistema bancario accende i motori. La Commissione presieduta da Pier Ferdinando Casini dovrà fare luce sulle cause dei dissesti delle due banche venete, Mps, le quattro banche in risoluzione (Etruria, Marche, Chieti, Ferrara). Si parte dalle operazioni realizzate dalla Popolare di Vicenza (BpVi), finita in amministrazione straordinaria assieme a Veneto Banca e salvata con il decreto del governo del 25 giugno scorso che ha consentito di salvaguardare i depositi, grazie all’intervento di Intesa Sanpaolo.

Entro l’inizio della prossima settimana partiranno le audizioni.

Chiamato a indagare su alcune delle crisi bancarie più controverse degli ultimi anni, l’organismo parlamentare ha l’obiettivo di affiancare la magistratura nel suo lavoro e non sostituirla. Ma cos’è e come funziona una commissione parlamentare d’inchiesta?

COS’E’ UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA? – Una commissione d’inchiesta è un organo parlamentare previsto dalla Costituzione. “Ciascuna Camera – recita l’articolo 82 della Carta – può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della Autorità giudiziaria”. Se disposte congiuntamente dai due rami del Parlamento, prendono il nome di ’commissioni bicamerali’, ma possono essere anche costituite dalla sola Camera dei deputati o dal solo Senato.

COME VIENE ISTITUITA E CHE POTERI HA? – Una commissione d’inchiesta viene istituita tramite una legge dedicata (se bicamerale) o per mezzo di semplice risoluzione della camera interessata (se monocamerale), per effettuare indagini che affiancano, e non che sostituiscono, quelle della magistratura. La Corte costituzionale ha definito i limiti di utilizzo dei poteri propri dell’autorità giudiziaria. Come stabilito dal regolamento della Camera dei deputati “i poteri della commissione sono, a norma della Costituzione, gli stessi dell’autorità giudiziaria”.

DA QUANTI MEMBRI È COMPOSTA? – La commissione è composta da quaranta parlamentari, 20 deputati e 20 senatori che vengono nominati dai presidenti delle due Camere, che indicano anche il nome del presidente.

QUANTO DURERÀ? – Secondo la legge, l’organismo ha un anno di tempo per concludere i lavori. Dopo sei mesi dall’avvio la commissione è tenuta a presentare una relazione. Tuttavia, l’attuale legislatura scadrà a marzo lasciando alla commissione solo sei mesi per lavorare.

In Italia i lavoratori più vecchi d’Europa

cms_7519/operaio_fabbrica.jpgUn popolo di lavoratori anziani. In Italia, secondo le rilevazioni dell’Ufficio studi della Cgia, opera infatti la popolazione lavorativa più vecchia d’Europa. Nel 2016 l’età media degli occupati in Italia era di 44 anni, contro una media di 42 registrata nei principali paesi Ue. Negli ultimi 20 anni, inoltre, l’età media dei lavoratori italiani è salita di 5 anni, un incremento che in nessun altro paese è stato così rilevante.

A seguito del calo demografico, dell’allungamento dell’età media e di quella lavorativa, in Italia vi sono nei luoghi di lavoro pochissimi giovani e molti over 50. Se, infatti, nel nostro paese l’incidenza dei giovani (15-29 anni) sul totale degli occupati è pari al 12 per cento, in Spagna è al 13,2, in Francia al 18,6, in Germania al 19,5 e nel Regno Unito al 23,7 per cento.

Per contro, nel nostro Paese l’incidenza degli ultra 50enni sul totale degli occupati è del 34,1%. Solo la Germania registra un dato superiore al nostro e precisamente del 35,9 per cento, mentre in Spagna è del 28,8, in Francia del 30 e nel Regno Unito del 30,9 per cento.

La diminuzione della presenza degli under 30 nei luoghi di lavoro è un fenomeno che è in atto da parecchi anni. Tra il 1996 e il 2016, sebbene lo stock complessivo dei lavoratori occupati in Italia sia aumentato, i giovani presenti negli uffici o in fabbrica sono diminuiti di quasi 1.860.000: in termini percentuali nella fascia di età 15-29 anni la variazione è stata pari al -40,5 per cento, contro una media dei principali Paesi Ue del -9,3 per cento.

Sempre in questo arco temporale, tra gli over 50 gli occupati sono aumentati di oltre 3.600.000 unità, facendo incrementare questa coorte dell’89,8 per cento. Un boom che, comunque, ha interessato tutti i principali paesi dell’Ue presi in esame in questa analisi, con punte che in Spagna hanno toccato il +103,8 per cento e in Francia il +105,1 per cento.

“Con pochi giovani e tante persone di una certa età ancora presenti nei luoghi di lavoro – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – le nostre maestranze possono contare su una grande esperienza ed un’elevata professionalità, tuttavia stanno riemergendo una serie di problemi che credevamo aver definitivamente superato”.

“In primo luogo, sono tornati a crescere, soprattutto nei mestieri più pesanti e pericolosi, gli incidenti e la diffusione delle malattie professionali” rileva Zabeo.

“In secondo luogo, il numero di attività caratterizzato da mansioni di routine è molto superiore al dato medio europeo. Con l’avvento dei nuovi processi di automazione e di robotica industriale rischiamo una riduzione di un’ampia fetta di lavoratori di una certa età con un livello di scolarizzazione medio-basso che, successivamente, sarà difficile reinserire nel mercato del lavoro” conclude.

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Data:

22 Ottobre 2017