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Brexit, i timori di May

Brexit, i timori di May

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La Gran Bretagna si troverà “in acque inesplorate” se l’accordo sulla Brexit non verrà approvato. A due giorni dal voto del Parlamento, la premier Theresa May si esprime così in un’intervista al Mail on Sunday. “Quando dico che se questo accordo non dovesse passare saremmo veramente in acque inesplorate, lo penso davvero e temo che possa succedere. Spero che la gente lo capisca”, dice il primo ministro. Il voto negativo porterebbe “una grave incertezza per la nazione con un rischio molto reale di assenza di Brexit o di lasciare l’Unione Europea senza alcun accordo”.

May punta il dito in maniera esplicita contro il leader laburista Jeremy Corbyn. “Abbiamo un leader dell’opposizione che non pensa a nulla se non a tentare di andare alle elezioni, a prescindere dal costo che il paese pagherà”, afferma May. “Da persona che si preoccupa per il proprio paese e per il proprio partito, ritengo che non possiamo permetterci il rischio che Jeremy Corbyn arrivi al potere”.

Huawei, Pechino convoca l’ambasciatore Usa

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Il viceministro degli Esteri cinese Le Yucheng ha convocato l’ambasciatore degli Stati Uniti, Terry Branstad, e ha protestato vigorosamente, come riferisce l’agenzia Xinhua, contro l’arresto e la detenzione di Meng Wanzhou, Cfo di Huawei e figlia del fondatore del colosso della telefonia. Meng è stata arrestata la scorsa settimana a Vancouver, in Canada, su disposizione delle autorità statunitensi. Ieri Le Yucheng aveva convocato l’ambasciatore canadese John McCallum. “Gli Stati Uniti hanno violato in maniera grave i diritti legittimi e gli interessi di cittadini cinesi, la natura della violazione è estremamente negativa”, afferma il viceministro, che chiede immediate misure correttive e il ritiro del mandato di arresto nei confronti di Meng. “La Cina risponderà in base alle azioni” che verranno intraprese “dalla parte americana”.

Khashoggi, “azienda italiana nella cyber guerra saudita”

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Il principe saudita Mohammed bin Salman ha lanciato una ’cyberoffensiva’ che ha colpito anche Jamal Khashoggi, il giornalista ucciso il 2 ottobre nel consolato di Riad a Istanbul. Per costruire il suo arsenale, scrive il Washington Post in un articolo firmato da David Ignatius, Riad si sarebbe rivolta in passato anche ad un’azienda con sede a Milano, la Hacking Team.

Sul proprio sito, la società si presenta così: “Riteniamo che combattere il crimine dovrebbe essere semplice: forniamo una tecnologia offensiva efficace e di facile utilizzo alle community di polizia e intelligence e di tutto il mondo”. Le risorse della compagnia, si legge in un’altra pagina, sono usate “da oltre 50 principali istituzioni governative per indagini cruciali in più di 35 paesi”.

L’intelligence saudita nel 2013 avrebbe chiesto alla società strumenti per violare iPhone iPad. Nel 2015, secondo documenti della società svelati da WikiLeaks, avrebbe chiesto analoghi ’tool’ per accedere ad apparecchi Android.

La figura centrale, secondo il Washington Post, è l’avvocato Saud al-Qahtani, numero 1 del Center for Studies and Media Affairs. L’ex membro dell’aviazione avrebbe accelerato le cyberoperazioni nel 2015, parallelamente all’ascesa di MbS. Il 29 giugno di 3 anni fa, afferma il Wp, al-Qahtani avrebbe scritto ai vertici di Hacking Team chiedendo “la completa lista di servizi che la vostra stimata compagnia offre” e avrebbe proposto “una lunga e strategica collaborazione”.

“Il rapporto tra Hacking Team e l’Arabia Saudita è diventato così forte che quando la società italiana si è trovata in difficoltà economiche nel 2015 dopo la diffusione dei documenti da parte di WikiLeaks -scrive il Washington Post- apparentemente sono intervenuti investitori sauditi. Una società con sede a Cipro denominata Tablem Limited, guidata da un uomo d’affari della famiglia Al-Qahtani, ha acquisito una quota del 20% a metà 2016”.

Riad “aveva acquisito strumenti di hacking forniti dall’Italia, ma fonti americane e saudite affermano che il principe ereditario cercasse risorse maggiori capacità”. MbS, in particolare, “ha prestato attenzione ai rapidi progressi compiuti da una società degli Emirati Arabi, la DarkMatter” e “voleva che il regno tenesse il passo” in un quadro internazionale sempre più competitivo.

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10 Dicembre 2018