David Cameron questo referendum non lo voleva. L’ha fatto per onore. Aveva detto che avrebbe concesso al popolo la facoltà di esprimersi e così è stato . Non pensava però sarebbe andata così. La Gran Bretagna è fuori dall’Unione Europea, grazie a quel 51,9% ottenuto dal fronte pro “Leave” con un vantaggio su quello del “Remain” di oltre un milione di voti. Fissata al 28 giugno prossimo una sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo nella quale si vareranno le misure da adottare.
Il Remain è andato molto bene in Scozia, in Irlanda del Nord e a Londra. “Il voto chiarisce come la gente della Scozia veda il proprio futuro come parte dell’Unione europea” ha detto la prima ministra Nicola Sturgeon, aprendo lo scenario a un possibile nuovo referendum sull’indipendenza della sua terra.
Nel Galles e nel resto dell’Inghilterra ha prevalso il Leave.Secondo un sondaggio di YouGov per il Telegraph, il 75% degli under 24 avrebbe votato per restare in Europa, così come il 56% degli under 49.Ad essersi espressi pro Brexit, sarebbero stati gli over 65, seguiti dagli over 50.
“Voglio mandare un messaggio a tutti gli europei che vivono a Londra: siete i benvenuti. Come città, siamo grati per l’enorme contributo che date, e non cambierà niente con questo referendum” recita un post affidato a Facebook da Sadiq Khan, neosindaco londinese. “È l’Indipendence Day! L’alba di un Regno Unito indipendente “ ha invece esclamato il leader dell’UKIP Nigel Farage, chiedendo le dimissioni del primo ministro David Cameron.
Dimissioni che sono state presentate e che vengono accolte con parole più morbide da Boris Johnson, ex sindaco di Londra e compagno di partito: “Sono dispiaciuto… lo considero uno straordinario politico”
Da cosa nasce il Referendum
Prima di parlare delle reazioni alla Brexit, da parte degli altri Paesi, cerchiamo di capire come si sia arrivati al referendum. La Gran Bretagna ha sempre goduto di una posizione differenziata rispetto agli altri Paesi nel corso della storia. La leadership economica, conquistata durante la Rivoluzione Industriale e detenuta almeno fino all’ascesa degli Stati Uniti, è andata nutrendo nel tempo, il tipico senso d’orgoglio nazionale.
Se parte della popolazione britannica, sulla permanenza in Europa, non ha mai avuto a che dire, un’altra non ha esitato a far sentire la propria voce, soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008 che, seppur di riflesso e senza quasi conseguenze, si era ripercossa anche su Londra. Il primo ministro, più volte sollecitato a consultare l’elettorato, ha acconsentito al referendum, spinto anche dal crescente consenso che lo United Kingdom Independence Party, costola secessionista del Partito Conservatore, stava ottenendo.
Nigel Farage ne aveva fatto il suo cavallo di battaglia. Riconfermato a Downing Street e forte di una maggioranza decisa e non più di coalizione con i Liberal Democratici, ha portato avanti, fino ai primi mesi dell’anno in corso, una politica di richieste nei confronti dell’Unione, garantendo in cambio una posizione favorevole alla permanenza e ritenendo di spegnere in tal modo i focolai indipendentisti. Tra le richieste, quasi tutte approvate, quella di sollevare la Gran Bretagna dall’obbligo di approfondire l’integrazione (“ever closer union”), restringendo l’area dei possibili benefici garantiti ai lavoratori stranieri soggiornanti nel Regno.
Le spaccature
Avendo lasciato ai suoi ministri ampia libertà di scelta in merito al referendum, il Partito Conservatore si è diviso tra gli oppositori alla Brexit, capeggiati dallo stesso Cameron e i favorevoli, guidati da Boris Johnson. Anche i Laburisti si sono divisi. Il leader Jeremy Corbyn aveva solo di recente assunto una posizione chiara in favore del “Remain”, mentre in molti nel suo partito restavano arroccati su una posizione pro “Leave”. Da sempre contrario all’Europa, l’UKIP, promotore della sicurezza nazionale e del protezionismo. Tra i partiti minori, i Lib-Dem, fortemente ridimensionati durante l’ultima tornata elettorale, si erano espressi a favore della permanenza, come i Verdi e lo SNP di Nicola Sturgeon. Ma nemmeno qui sono mancate le eccezioni. L’euroscetticismo in Gran Bretagna è un sentimento abbastanza radicato nelle istituzioni.
Secondo il National Center for Social Research, a favore della permanenza erano schierati i giovani con un livello di istruzione alto e con una preferenza elettorale per i Verdi; contrario invece l’elettorato più anziano, con una preferenza elettorale per lo UKIP e una istruzione medio-bassa.
Il ricordo di Jo
Questo referendum sarà ricordato dal mondo anche per il tragico evento che poco più di una settimana fa ha colpito il Regno Unito. Era circa mezzogiorno quando la parlamentare Jo Cox è stata assassinata per strada, nella cittadina di Birstall, mentre si apprestava a rispondere alle domande dei suoi elettori dello Yorkshire. L’uomo che l’ha uccisa pugnalandola e scaricandole addosso diversi colpi d’arma da fuoco, ha esclamato: “La Gran Bretagna per prima!”. Due giorni dopo, alla richiesta dei magistrati di declinare le proprie generalità, ha risposto” “il mio nome è morte ai traditori, libertà per la Gran Bretagna”. Jo Cox sosteneva tolleranza e integrazione, mostrando compassione per le sofferenze dei rifugiati siriani che fuggono della guerra. Il Regno Unito ha invitato a non politicizzare l’accaduto, ma come non ricondurre il suo assassinio a un contesto politico? L’Inghilterra, come il resto dell’Europa, sta subendo l’immigrazione. La mattina dell’attentato, per le strade inglesi circolava un manifesto. Una folla immensa di rifugiati disperati, accalcati lungo il confine sloveno. Sotto una scritta: “Punto di rottura”. È tra le ultime creazioni dell’UKIP che hanno preceduto il referendum e che parlano alla pancia di una popolazione frustrata. La percezione di tradimento da parte dei partiti tradizionali è forte e non sembrano esserci altre soluzioni che volgere lo sguardo verso movimenti populisti con in tasca soluzioni radicali a problemi comuni. La sicurezza è messa a repentaglio. Tra gli immigrati possono nascondersi integralisti e uomini violenti. Jo tra quegli immigrati aveva visto invece gli occhi impauriti di bambini ai quali la guerra ha strappato l’infanzia e donne disperate la cui unica speranza è quella di portarli in salvo. La ragione primaria della Brexit è dunque quella dell’immigrazione? Forse. Del resto non è la stessa che ha visto crescere in Europa movimenti nazional-estremisti?
Le reazioni
Esultano Marine Le Pen, che ha subito chiesto un referendum in Francia e Matteo Salvini che ha twittato: “Grazie UK, ora tocca a noi”.
“L’Europa è la nostra casa, il nostro futuro” cinguetta il premier Matteo Renzi che sabato sera sarà a Parigi per una cena di lavoro col presidente francese François Hollande.
Preoccupato Vladimir Putin che precisa: “Il risultato del referendum nel Regno Unito avrà senz’altro conseguenze per il mondo e per la Russia”.
Rispetto per la decisione dal popolo dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama che assicura: “Il Regno Unito e la UE resteranno partner indispensabili”.
“Un colpo durissimo – commenta il presidente Sergio Mattarella che precisa – L’integrazione che abbiamo raggiunto ha bisogno, per tornare nel cuore degli europei, di istituzioni politiche comuni e identificabili dai cittadini”.
Dal San Raffaele non tarda ad arrivare il commento di Silvio Berlusconi che invita a rivedere i trattati.
“Siamo preparati anche per questo – rassicura il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk – Oggi, a nome dei ventisette leader, affermo che siamo determinati a garantire l’unione come ventisette… La Ue non è un progetto solo per i tempi buoni”
Gli scenari economici
Secondo l’Economist Intelligence Unit l’uscita dall’Europa potrebbe scatenare nella Gran Bretagna una forte recessione con un crollo del PIL pari al 6% entro il 2020. Tradotto in numeri: una perdita di 106 miliardi di sterline e una svalutazione della moneta del 14-15% rispetto al dollaro.La diffusione dei primi dato certi ha indotto il crollo dei mercati asiatici, europei e della Borsa di Milano.Alle prime ore di venerdì il Ministero delle Finanze ha riunito il Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria.Secondo il MEF, gli effetti sull’economia reale italiana saranno limitati. Il mercato dei titoli di Stato è infatti reso stabile dalla BCE. Lo spread Btp-Bund, dopo essere schizzato fino a 172 punti, ha infatti chiuso in area 160.