Bruxelles rifà i conti a Roma
Italia fanalino di coda in Europa per la crescita. La Commissione europea rivede le stime e parla di un incremento del Pil dell’1,2% l’anno prossimo, a fronte dell’1,5% messo nero su bianco dal governo gialloverde e del +1,1% stimato dallo stesso esecutivo comunitario nello scorso luglio. Se la crescita attesa nelle Previsioni economiche d’autunno viene corretta leggermente al rialzo, incorporando un effetto espansivo della manovra e una ripresa delle esportazioni, quello che preoccupa la Commissione, e dietro di lei tutti gli Stati membri dell’Eurozona, è il sensibile deterioramento del rapporto tra deficit e Pil, che se il Mef vede al 2,4% nel 2019, la Dg Ecfin prevede invece al 2,9%, pericolosamente vicino alla soglia limite del 3% fissata dal patto di stabilità.
Nel 2020 la previsione è di un deficit al 3,1%, a politiche invariate e senza incorporare l’aumento dell’Iva già legislato. Per non parlare del deficit strutturale, che per la Commissione si deteriorerà dall’1,8% del Pil potenziale del 2018 al 3% nel 2019. Le stime della Commissione europea e dell’Italia sul rapporto tra deficit e Pil nel 2019 e nel 2020 “divergono”, ha spiegato il commissario agli Affari economici e Finanziari Pierre Moscovici, principalmente perché “le nostre proiezioni di crescita sono più conservative e quelle sulla spesa sono più elevate” di quelle del Mef, anche “a causa dei costi più alti” del servizio del debito, dovuto al rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato. Spesa per interessi che la Commissione stima in 0,15 punti percentuali aggiuntivi sul deficit del 2019: per i servizi dell’esecutivo comunitario, il rendimento medio dei titoli di Stato decennali è proiettato per l’anno prossimo al 3,7%, mentre per il governo sarà del 3,3%. Una stima che la Commissione, ha precisato Moscovici, non si è inventata, ma ha fatto utilizzando i metodi “abituali”, cioè basandosi sulla media dei rendimenti registrati nei dieci giorni precedenti la chiusura delle Previsioni economiche.
Di fatto gli effetti espansivi della manovra, secondo le previsioni della Commissione, saranno limitati, tra l’altro, dalla maggiore spesa per interessi, che avrà anche effetti negativi sull’offerta di credito, dato che le banche, per rispettare i coefficienti patrimoniali, dovendo svalutare i titoli di Stato in portafoglio vista l’impennata dello spread negli ultimi mesi, potrebbero essere costrette a tagliare l’attivo, cioè gli impieghi. Senza contare il fatto che “la retromarcia sulle riforme strutturali non fa ben sperare per l’occupazione e per la crescita potenziale”. In ogni caso nel 2018-20 l’economia italiana resterà, almeno nelle proiezioni della Commissione, la tartaruga sia dell’Eurozona che dell’Ue, fatta eccezione per il 2020, quando, sempre secondo le stime dell’esecutivo comunitario, supereremo di un soffio il Regno Unito, che tuttavia per allora dovrebbe essere già fuori dall’Unione. Pertanto, viene ribadito il messaggio già enunciato dal presidente della Bce Mario Draghi nell’Eurogruppo di lunedì scorso: gli Stati membri dell’Ue, scrive il direttore generale agli Affari Economici e Finanziari Marco Buti, “in particolare quelli con elevati livelli di indebitamento, devono praticare politiche di bilancio prudenti per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche”. Il debito pubblico italiano è previsto dalla Commissione stabile intorno al 131% nel triennio 2018-2020; il problema è che la crescita dell’Eurozona sta rallentando e ci sono “rischi al ribasso più intensi” per le prospettive di crescita dell’Italia, caratterizzate da “un alto grado di incertezza”.
La reazione del Tesoro non si è fatta attendere e il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha parlato di “defaillance tecnica” della Commissione e di analisi “parziale”, mentre per il premier Giuseppe Conte l’esecutivo comunitario sottostima l’impatto che la manovra avrà sull’economia italiana. Moscovici ha difeso con vigore, prima delle parole di Tria, i servizi della Commissione: “Dico a coloro che dubitano o che vorrebbero lanciare polemiche politiche inutili – ha detto – che i servizi della Commissione lavorano in modo indipendente e imparziale, cosa che assicura la credibilità delle previsioni, da più decenni. Questa imparzialità non deve essere messa in dubbio”. Moscovici ha anche sdrammatizzato, sottolineando che le divergenze nelle previsioni tra l’esecutivo comunitario e i Paesi membri sono assolutamente normali. Ci sono state, ha ricordato, “differenze di valutazione macroeconomica con, per esempio, il governo italiano precedente. Non è la prima volta che vediamo differenze di questo tipo. E l’Italia non è la sola ad essere in questa situazione”. Ma quando gli si chiede se c’è spazio per un compromesso con Roma, il politico parigino è chiarissimo: “Il termine compromesso non mi piace. Penso che non sia la parola giusta”, risponde. Con l’Italia sulla manovra economica “spero che ci sia un riavvicinamento, sicuramente – dice – spero che troveremo una soluzione comune. Ma se l’idea è quella di incontrarsi a metà strada (couper la poire en deux, espressione francese che letteralmente significa tagliare la pera a metà, ndr) non vedo come questo sia possibile”.
Domani il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno incontrerà il ministro Tria a Roma. “Non c’è dubbio che questo incontro sarà utile: spero che sarà fruttuoso”, dice Moscovici. Ma dopo l’immancabile digressione sulla necessità di dialogare con l’Italia, che deve restare “al cuore della zona euro”, il commissario mette i puntini sulle ’i’: “Sono convinto – dice – che Mario Centeno andrà a Roma anche lui con un messaggio molto chiaro, quello dato dall’Eurogruppo lunedì scorso. I ministri delle Finanze, tutti, appoggiano l’analisi della Commissione e sostengono la Commissione in questa sfida di dialogo”. La flessibilità che la Commissione ha concesso all’Italia nel recente passato è tuttora sul tavolo: “Quando un Paese subisce delle catastrofi naturali – dice Moscovici – quando è toccato nelle sue grandi infrastrutture, come è successo a Genova, quando è flagellato da intemperie che fanno vittime, la Commissione non è insensibile, ma è pronta a tenere conto di tutto questo, come ha fatto in passato, esattamente nello stesso modo”. Tuttavia, “trattandosi di regole – sottolinea – ci si deve riavvicinare, ma bisogna rispettarle. Non ci può essere un negoziato in cui si dice, io prendo un poco e tu prendi un poco e ci troviamo a metà strada“. “Questa non è una cosa che sappiamo fare – continua – e quindi bisogna che le regole e le procedure siano rispettate. E la Commissione non può fare altrimenti; non deve fare altrimenti; nessuno la autorizzerebbe a fare altrimenti; e nessuno capirebbe se facesse altrimenti. Bisogna agire nel quadro delle regole. Regole che abbiamo sempre interpretato con benevolenza, flessibilità, credo intelligenza, e spero utilità. E continueremo a farlo. Ma la flessibilità, l’intelligenza, la benevolenza non significano che di colpo rinunciamo alla nostra ragion d’essere: noi siamo qui per far rispettare i trattati e le regole. Devono essere rispettate da tutti”.
Quindi, formalmente la porta resta aperta, ma il governo italiano deve fare un passo: “Le nostre previsioni sono basate sulle informazioni contenute nel documento programmatico di bilancio: la situazione potrebbe risultare diversa, ma dipende da che cosa ci manderanno la prossima settimana”, dice Moscovici. La Commissione europea attende entro il 13 novembre un documento programmatico di bilancio rivisto, con correzioni “sostanziali”, come ha detto nei giorni scorsi il vicepresidente Valdis Dombrovskis. Al momento il governo Conte non sembra orientato a fare un passo del genere. In queste condizioni, a meno di ripensamenti o sorprese, sempre possibili, la procedura per deficit eccessivo legata al debito pare essere destinata ad avviarsi il 21 novembre, con il rapporto ex articolo 126.3 del Tfue (in passato l’Italia aveva evitato la procedura sul debito per via del rispetto del braccio preventivo del patto di stabilità, che la manovra gialloverde viola). E, in mancanza di correzioni “sostanziali”, l’opinione sulla manovra è destinata a rimanere negativa. Il negoziato con Bruxelles, a quel punto, si sposterà probabilmente sulle modalità e sui tempi della Edp, come viene chiamata in gergo la procedura per deficit eccessivo (nel nostro caso legata al debito, una prima assoluta). Procedura che è lunga, complessa (prevede una quindicina di passaggi) e che diventa più pesante a mano a mano che procede. “Non andiamo troppo veloci – ha detto Moscovici – ci muoviamo passo dopo passo. Oggi le previsioni, più tardi le decisioni. Arriveranno, ma con due linee guida: la prima è che dobbiamo assicurarci che le regole vengano rispettate e la seconda che vogliamo un dialogo con l’Italia. E seguirò sempre, per questa Commissione, queste due linee guida”.
I timori del Fondo monetario
Allarme Italia. A lanciarlo il Fondo monetario internazionale che fa notare come il nostro Paese si mantenga in “una consistente incertezza” al punto tale che l’effetto “contagio potrebbe essere notevole” in Europa. Per ora, fanno notare dall’Fmi, l’Italia ha registrato un aumento dei rendimenti ai massimi degli ultimi quattro anni, ma “le ricadute sugli altri mercati sono state piuttosto contenute“.
Nella prima metà del 2018 in Europa la crescita è proseguita anche se a un ritmo più basso del previsto e il Pil dovrebbe rallentare la corsa dal +2,8% dello scorso anno al +2,3% nel 2018 e a +1,9% il prossimo anno. I rischi sono aumentati, spiega l’Fmi, con tensioni nel breve periodo legate all’aumento delle politiche protezionistiche. Nel medio termine, invece, a pesare sull’economia europea sono i pericoli legati ai ritardi sugli aggiustamenti di bilancio e sulle riforme strutturali. Ma anche, ammonisce il rapporto, c’è un rischio per la crescita, legato a una eventuale Brexit senza accordo fra Londra e Bruxelles.
Il Fondo rinnova, pertanto, l’invito ai Paesi con l’indebitamento maggiore a ridurre il livello. L’esigenza di ridurre l’indebitamento, conclude il Fondo, è particolarmente forte in alcuni con “vulnerabilità significative come l’Italia e la Turchia“.
“Asia Bibi è ancora in Pakistan”
Asia Bibi, la donna cristiana pakistana accusata di blasfemia e assolta dalla Corte suprema pachistana dopo 8 anni di carcere, è stata scarcerata ma non ha lasciato il paese. “È ancora in Pakistan“, ha detto a Dpa il portavoce del ministero degli Esteri, Muhammad Faisal, smentendo la notizia che la donna aveva lasciato il paese da un giorno all’altro.
Bibi è stato rilasciata dalla prigione delle donne nel Multan, della provincia del Punjab, ieri tra ingenti misure di sicurezza, una settimana dopo che la corte suprema ha sospeso la sua condanna a morte. “Il governo ha violato l’accordo rilasciando Asia Bibi”, ha detto Zubair Kasuri, portavoce del gruppo islamico Tehreek-Labbaik Pakistan (TLP). “Stiamo organizzando una riunione per discutere delle nostre future azioni”, ha aggiunto Kasuri.
Non è chiaro se Bibi si sia ricongiunta con i suoi familiari che si nascondono a causa di problemi di sicurezza, o dove andrà. I rapporti hanno suggerito che è stata trasferita in un luogo sicuro.
Strage in un bar a Los Angeles
E’ di 13 morti il bilancio della sparatoria, avvenuta a Los Angeles, dove un uomo armato ha fatto irruzione al Borderline Bar & Grill, un bar e ristorante di Thousand Oaks, frequentato da molti studenti universitari, uccidendo 12 persone, tra cui un agente di polizia. A precisarlo sono state le autorità locali, rispondendo alle domande dei giornalisti e chiarendo che tra i morti ci sono 11 clienti, un vicesceriffo di 29 anni e l’assalitore, il 28enne Ian David Long, secondo quanto ha riferito lo sceriffo Geoff Dean, citato dalla Cnn.
Long, che si è ucciso sul luogo della strage, era un veterano dei marine, dove aveva servito fra l’agosto 2008 e il marzo 2013. Lo sceriffo ha spiegato che Long era noto alle autorità per una serie di episodi minori, fra cui un incidente stradale e un pestaggio di cui era stato vittima in un bar nel 2015. In aprile la polizia era stata chiamata a casa di Long, dove l’uomo appariva “irato” e “leggermente irrazionale”. Gli agenti, ha detto lo sceriffo, avevano chiamato una squadra di specialisti di igiene mentale, che lo avevano vistato ma non avevano ritenuto necessario un ricovero.
“Quando gli agenti sono entrati nel locale, il sospetto era già morto”, ha detto lo sceriffo precisando di aver trovato una “scena terrificante, con sangue dappertutto“. Riguardo al tipo di armi usate, al momento gli investigatori non hanno trovato un fucile d’assalto ma “solo una pistola”. “Ma le cose possono sicuramente cambiare dopo una più accurata perquisizione dell’edificio”, ha aggiunto lo sceriffo.
Le prime notizie su quanto stava accadendo sono giunte intorno alle 23.20, le 8.20 di questa mattina in Italia. Quando l’uomo ha aperto il fuoco, i clienti terrorizzati si sono rifugiati sotto i tavoli. Secondo quanto riferito dai testimoni, l’aggressore ha esploso numerosi colpi di arma da fuoco e quindi ha lanciato alcune granate fumogene tra la folla che si trovava all’interno del locale.
Il bar preso d’assalto è un locale dedicato alla musica country e ai concerti dal vivo, che ogni mercoledì offre l’ingresso scontato agli studenti per una “country night” tra le 21 e le due del mattino. Il locale si trova a poca distanza dalla California Lutheran University e dalla Pepperdine University.
L’AGENTE EROE – La polizia di Los Angeles piange Ron Helus, il sergente eroe, morto nella strage del Borderline Bar & Grill. “E’ entrato nel bar per salvare vite. L’ho detto a sua moglie, è morto da eroe”, ha dichiarato lo sceriffo Geoff Dean, parlando con la voce rotta. Il sergente di polizia Helus, che doveva andare in pensione l’anno prossimo, stava passando davanti al bar poco dopo le due del mattino quando ha sentito il rumore della sparatoria e si è precipitato all’interno. Ferito più volte durante uno scambio di colpi d’arma da fuoco con Long all’interno del locale, è poi morto in ospedale.
“E’ assolutamente un eroe. Lascia una moglie e un figlio, aveva 54 anni, era l’esempio di un vero poliziotto – ha raccontato un collega, il capitano Garo Kuredjan – quando ha sentito la sparatoria è corso dentro e senza dubbio ha salvato degli altri. Un ragazzo che era nel bar mi ha detto che aveva salvato delle persone. E’ quello che fanno i poliziotti, quello che lui ha fatto”.
Cina, dipendenti costretti a bere urina e mangiare insetti
Dipendenti costretti a bere urina e a mangiare insetti se non raggiungevano gli obiettivi di vendita. Più che metodi motivazionali estremi, vere e proprie torture ed è per questo che i manager di un’azienda cinese di decorazioni di interni sono finiti in carcere. La polizia cinese sta indagando su questa azienda della provincia di Guizhou, dopo che sui social media erano comparsi dei video che documentavano le vessazioni messe in atto dai dirigenti.
Per il momento, a finire in carcere per un periodo che va dai 5 a i 10 giorni sono state tre persone, mentre gli inquirenti stanno raccogliendo altri elementi a loro carico. All’inizio, i dipendenti ritenuti poco produttivi venivano costretti a mangiare mostarda o peperoncino, riporta China News, ma le punizioni erano peggiorate a partire da ottobre. In alcuni casi i dipendenti venivano costretti a mangiare scarafaggi e venivano presi a cinghiate.
In altri casi, i dipendenti hanno denunciato di avere avuto i capelli rasati a zero e di essere stati spinti a bere l’acqua del water e anche urina, per non essere stati capaci di raggiungere gli obiettivi richiesti. Alcuni dei dipendenti hanno preferito licenziarsi, mentre altri sono rimasti, continuando a subire le punizioni estreme imposte dai manager.