Il Butoh è nato in Giappone negli anni ’70, dopo Hiroshima, come reazione a questa esplosione di negatività nello spirito umano. Creatore di questa danza delle tenebre è Tatsumi Hijikata. Attraverso la ricerca di un movimento estremo, Tatsumi stigmatizzava ciò che tutti volevano nascondere: la malattia, la distruzione, la morte, la sessualità, l’androginia. Nel 1978 a Parigi ha dichiarato: “Il Butoh è nato dalla consapevolezza di una grave crisi. È una forma di regressione nelle tenebre, di rifiuto della luce… Noi portiamo nell’estate luminosa dell’Europa un po’ della violenta oscurità del Giappone”.
In questa danza catartica i ballerini Butoh esorcizzarono la follia umana che fu Hiroshima. All’inizio, il Butoh si è ispirato al teatro dell’assurdo di Antonin Artaud, pur attingendo alle antiche radici dello shintoismo, la religione animista primordiale del Giappone, e del buddismo Zen. Da allora, si è evoluto in diverse correnti.
Kazuo Ohno, che è della stessa generazione di Hijikata, essendo un uomo di grande fede ha introdotto nella pratica del Butoh il concetto di resurrezione dopo la morte e la redenzione. Secondo lui, “non è il corpo che balla, è l’anima. Poiché l’anima è eterna, noi danziamo oltre la vita e la morte”.
È stato con Kazuo Ohno che Fabienne Courmont ha sperimentato la grazia della redenzione nel Butoh attraverso una discesa meditativa nelle profondità della psiche, in una danza-metamorfosi oltre la vita e la morte.
Più che una tecnica, è un pensiero filosofico che invita a cancellare l’ego per mettersi a nudo. Il cammino è quello di andare nelle profondità dell’Essere per rivelare ciò che vi è nascosto. Non c’è uno stile, ma uno stato d’animo in cui il corpo, liberato da qualsiasi forma definita al di fuori di sé, può parlare e nominare ciò che è presente, senza preconcetti o giudizi. Possiamo allora danzare ed essere tutto ciò che esiste al di là del “piccolo Io”. Non si tratta di esprimere ma di lasciarsi in uno stato di danza. Siamo allora il fiore, l’albero, la nuvola, la fata, il mostro, la giovane donna, il vecchio, la tristezza, la rabbia, la gioia… Essere nella non-dualità è uno dei fondamenti di questo insegnamento – estratto dal libro “La Danse de l’Être” di Fabienne Courmont.
Nella sua metodologia, Fabienne Courmont ha integrato alla pratica originaria del Butoh delle tenebre il Butoh della luce, per accompagnare il danzatore in un viaggio iniziatico introspettivo. Partendo dal “punto zero”, da uno stato di immobilità e di meditazione cosciente, si intraprende un percorso di ricerca delle memorie cellulari, blocchi emozionali più profondi nascosti nella camera oscura della nostra psiche.
Da lì nasce il movimento, proveniente da un impulso dell’Hara, il nostro centro vitale. Nella lentezza e nel micro-movimento, la metamorfosi di ogni gesto si dispiega nello spazio. Il danzatore non cerca di fare un movimento ma entra in una meditazione profonda. La mente separatrice svanisce per lasciare che il corpo danzi ciò che è presente dentro e fuori la superficie della pelle: il bello e il brutto, l’animale e l’umano, la saggezza e la follia, il mostro e l’angelo, la nascita e la morte…Tutto si riunisce senza giudizio, cancellando i confini dell’ego, il corpo esprime ciò che è sepolto nella memoria cellulare, la nostra memoria così come la memoria collettiva.
Questa discesa nelle tenebre della psiche non è un annientamento in una morte dell’anima, ma piuttosto è uno spogliarsi di noi stessi, di tutto ciò che non è la nostra vera natura. Ci liberiamo dei nostri abiti vecchi, polverosi, consumati per indossare il nostro abito di Luce.
In questa danza meditativa con le profondità del nostro Essere, rimaniamo il testimone non identificato, totalmente presenti in questo “teatro d’ombra” che danza in noi. Accogliamo e accettiamo nel calice del nostro cuore tutto ciò che emerge. Sperimentiamo allora nella nostra danza le metamorfosi dall’ombra alla luce, dalla tensione, contrazione e torsione della piccola morte all’apertura, svolgimento e fluidità del movimento della vita.
Ponendo l’intenzione di alchimizzare l’ombra in luce, l’anima agisce e le nostre cellule si aprono a questa luce che già conoscono, perché al di là di questo teatro di illusione che viviamo, noi siamo Esseri di Luce.
Quindi la seconda fase si esplica quando la luce scende nel nostro cuore e percepiamo l’amore divino in noi. Questa fase è importante, perché nel processo terapeutico della danza dell’Essere non solo si portano alla coscienza emozioni e ricordi dissonanti ma si chiede alla Luce di trasmutarli per compiere il lavoro alchemico.
Come il bacio del Principe Azzurro che risveglia la Bella Addormentata, la Luce è scesa per risvegliare la nostra materia addormentata. La vibrazione stessa delle nostre cellule si alleggerisce e sale con ogni respiro collegato alla Luce ed esse danzano all’unisono con l’universo. Il nostro corpo diventa leggero, trasparente, illuminato dall’interno dalla sua vera natura divina.
“Abbracciando l’ombra e la luce celebriamo nella camera nuziale del nostro cuore il matrimonio alchemico tra materia e spirito, tra energie terrene e celesti, femminili e maschili. Bisogna svegliarsi dalla lunga notte dell’anima, Noi siamo Esseri di Luce, incarnati in un corpo di carne ed ossa. Celebriamo con le nostre danze e i nostri canti la Vita eterna!” – Fabienne Courmont (estratto del libro “La danse de l’Être”).
(Photo credit Theo Lian)