Buone notizie sono giunte dal Tnas per il capitano della Lazio, Stefano Mauri. E’ stato, infatti, accolto il ricorso del capitano laziale e ridotta, dal Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, la pena del calciatore da 9 a 6 mesi al termine di una rapida seduta della Camera di Consiglio. Il calciatore laziale era stato deferito , nell’ambito del filone di inchieste sul calcioscommesse, il 9 luglio 2013, dalla Procura Federale per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 3, del Codice di Giustizia Sportiva per le presunte combine di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio del maggio 2011 per << aver posto in essere atti volti ad alterare lo svolgimento e il risultato del primo tempo delle due gare , prendendo, con altri soggetti tesserati, contatti e accordi diretti allo scopo>>. Al laziale è stata riconosciuta, la sola omessa denuncia per Lazio-Genoa (confermando il giudizio della Disciplinare in primo grado), mentre è stata cancellata quella per Lecce-Lazio.In questo modo il calciatore biancoceleste, che stava scontando la squalifica dal 2 agosto 2011, potrà tornare sui campi di calcio già dal prossimo 2 febbraio in occasione della gara contro il Chievo e disputare, così, il derby contro la Roma previsto sette giorni dopo. Per una strana coincidenza, l’ultima gara ufficiale di Mauri era stato proprio il derby di Coppa Italia del 26 maggio, quando la Lazio si aggiudicò il torneo battendo la Roma con il risultato di 1-0. Dalla sua pagina facebook, intanto, Mauri si sfoga con un significativo, quanto breve commento: “Dai che è quasi finita!!! Daje Lazio!”.
Ma il caso del capitano laziale è solo la goccia di un fenomeno ormai vasto e radicato del nostro calcio. Più volte, infatti, il calcio italiano è stato ammonito dalle varie Procure per la sua vulnerabilità al sistema delle scommesse. Sono passati 33 anni da quando è scoppiato il primo (dei tre ) scandalo scommesse del calcio nostrano. Tale fenomeno oggi, è così accresciuto che è diventato un problema di proporzioni colossali, ed ha, di fatto, minato la credibilità del calcio stesso come dimostra l’ allontanamento dei tifosi, non solo dagli stadi, ma anche dal calcio in generale e lo strisciante insinuarsi del dubbio, che, dietro l’errore di un calciatore o di un arbitro, ci possa essere l’ombra di una partita taroccata. Ma le contraddizioni continuano anche nell’ambito della stessa giustizia sportiva, laddove uno stesso caso viene giudicato diversamente nei vari gradi di giudizio, sconfessando puntualmente il verdetto del primo grado. Per non parlare poi di sentenze leggere che vengono emesse nei confronti di tesserati che sono stati riconosciuti colpevoli fino all’ultimo grado di giudizio violando, così, il codice etico e sportivo.
Va riconosciuto, tuttavia, il lodevole lavoro svolto dalla magistratura come ha opportunamente evidenziato (al Processo del Lunedi ) il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete: “Noi dobbiamo essere grati alla magistratura per il lavoro che sta facendo. Le inchieste hanno messo in evidenza situazioni inaccettabili e ci hanno permesso di colpire chi si è macchiato di illeciti”. Ma, le perplessità restano. Una riforma della giustizia sportiva sarebbe più che mai, oggi, auspicabile.