Coronavirus, Catalfo: “Studiamo reddito cittadinanza ampliato”
“Bisognerà poi pensare a misure che aiutino a far ripartire l’economia: per questo oltre al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, investimenti importanti con cui far riprendere le imprese italiane, sto pensando ad un rafforzamento e un ampliamento, sulla base dell’estensione del requisito sul patrimonio immobiliare del Reddito di Cittadinanza, a tempo ovviamente, per dare un reddito alle persone, accelerare i consumi, aiutare la domanda aggregata e far sì che ci sia una ripresa economica”. Così il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, nel corso della Trasmissione Unomattina di Raiuno sintetizza le ipotesi allo studio post emergenza Coronavirus.
“Con il decreto di aprile rifinanzieremo in modo importante gli ammortizzatori sociali e là dove necessario saranno ampliati di ulteriori settimane”, aggiunge.
Il governo, dice ancora, sta continuando a lavorare sull’ipotesi di introdurre un reddito di emergenza. “Noi abbiamo già stanziato 400 mln di euro, soldi freschi che vanno direttamente ai comuni per far fronte a spesa alimentare. A questo si potrebbe aggiungere un reddito di emergenza , a cui sto lavorando, per far arrivare risorse, con una procedura semplificata, a tutte le famiglie. Sarà inserito nel dl di aprile cosi’ tutte le famiglie italiane in modo celere potranno contare su soldi effettivi”.
Coronavirus, anticipo cassa integrazione: cosa prevede l’accordo
In attesa che siano le aziende a erogare l’integrazione salariale ordinaria e in deroga per l’emergenza Covid-19 prevista dal Governo con il Dl Cura Italia saranno le banche ad anticipare le somme ai lavoratori fino a 1400 euro parametrati di 9 settimane di sospensione a zero ore. L’accordo scadrà il 31 dicembre 2020, fermo restando il completamento delle anticipazioni già in atto. Le Parti si incontreranno nel mese di novembre 2020 per un primo monitoraggio. E’ quanto prevede l’intesa firmata nella notte, al termine di quasi 6 ore di confronto, tra Abi, Cgil Cisl, Uil, Confindustria, Confapi , Rti, Alleanza coop, Confagricoltura,Claai, Cia, Coldiretti, Confetra e Confedilizia alla presenza del ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, il presidente dell’Inps Pasquale Tridico.
MISURA DEL’ANTICIPAZIONE – L’anticipazione dell’indennità spettante avverrà tramite l’apertura di credito in un conto corrente apposito, se richiesto dalla Banca, per un importo forfettario complessivo pari a 1.400 euro, parametrati a 9 settimane di sospensione a zero ore, ridotto proporzionalmente in caso di durata inferiore, da riproporzionare in caso di rapporto a tempo parziale. L’anticipazione potrà essere reiterata in caso di proroga del periodo di applicazione degli ammortizzatori e l’apertura di credito cesserà con il versamento da parte dell’Inps del trattamento di integrazione salariale, che avrà effetto solutorio del debito maturato e, comunque, non potrà avere durata superiore a sette mesi.
DESTINATARI – L’anticipazione spetta ai/alle lavoratori/trici , anche soci lavoratori, lavoratori agricoli e della pesca, destinatari di tutti i trattamenti di integrazione al reddito disposti dal Dl Cura Italia e dei successivi interventi normativi vigenti, dipendenti di datori di lavoro che, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione del trattamento di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19, abbiano sospeso dal lavoro gli stessi a zero ore ed abbiano fatto domanda di pagamento diretto da parte dell’Inps del trattamento di integrazione salariale ordinario o in deroga. Le parti concordano inoltre l’estensione dell’anticipazione all’assegno ordinario erogato dal FIS di cui sia richiesto il pagamento diretto e si impegnano a individuare da subito le modalità operative per l’estensione dell’anticipazione all’assegno ordinario per Covid-19 erogati dagli altri fondi di solidarietà, in relazione alle relative specifiche discipline e ove ne sia richiesto il pagamento diretto.
MODALITÀ OPERATIVE – Per fruire dell’anticipazione i/le lavoratori/trici dovranno presentare la domanda ad una delle Banche che applicano la Convenzione , corredata dalla relativa documentazione, nonché secondo le procedure in uso presso la banca interessata. Le banche favoriranno il ricorso a modalità operative telematiche, al fine di limitare quanto più possibile l’accesso fisico presso le filiali, nel rispetto della necessità, in questa fase di emergenza sanitaria , di garantire il maggior contrasto alla diffusione del coronavirus attraverso le misure di “distanziamento sociale” a tutela della clientela e delle persone che lavorano in banca per erogare i servizi previsti dalla normativa di emergenza . In riferimento all’apertura dell’apposito conto corrente e alla correlata apertura di credito, le banche che applicano la convenzione adotteranno condizioni di massimo favore al fine di evitare costi, in coerenza alla finalità ed alla valenza sociale dell’iniziativa. È fatta salva la facoltà delle Banche di procedere all’apertura di credito previa istruttoria di merito creditizio da effettuarsi nel più breve tempo possibile e in ogni caso in piena autonomia e discrezionalità. In ogni caso, la banca è tenuta a fornire tempestivamente risposta al richiedente.
TERMINE DELL’ANTICIPAZIONE – Il/la lavoratore/trice e/o il datore di lavoro informeranno tempestivamente la Banca interessata circa l’esito della domanda di trattamento di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19. In caso di mancato accoglimento della richiesta di integrazione salariale, ovvero allo scadere del termine dei sette mesi ,qualora non sia intervenuto il pagamento da parte dell’Iinps, la Banca potrà richiedere l’importo dell’intero debito relativo all’anticipazione al lavoratore che provvederà ad estinguerlo entro trenta giorni dalla richiesta. Sussiste la responsabilità in solido del datore di lavoro a fronte di omesse o errate sue comunicazioni alla banca ai sensi della presente convenzione ovvero a fronte del mancato accoglimento – totale o parziale – della richiesta di integrazione salariale per sua responsabilità: in tal caso, la Banca richiederà l’importo al datore di lavoro responsabile in solido, che provvederà entro trenta giorni.
Coronavirus,Bonus autonomi e professionisti: da oggi domande online
Da oggi, primo aprile, sarà possibile inoltrare online le domande per ottenere l’indennità di 600 euro prevista dal decreto Cura Italia per i professionisti e i lavoratori autonomi. E’ una nota Inps a ricordare la scadenza ribadendo che l’indennità non concorre alla formazione del reddito e che “non si tratta di un click day”. Le domande potranno essere inviate anche nei giorni successivi al 1° aprile, collegandosi al sito e cliccando sul banner dedicato che compare sulla Home page. L’Inps fornisce le istruzioni sui requisiti richiesti per ottenere l’indennità e sulla modalità di richiesta con la circolare n. 49/2020, pubblicata oggi sul sito.
Ad accedere al beneficio: liberi professionisti titolari di partita iva attiva al 23 febbraio, che non siano titolari di pensione né iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie; lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa attivo al 23 febbraio, che non siano titolari di pensione né iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie; lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’Ago, che non siano titolari di pensione né iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie (sono compresi anche gli iscritti alla gestione autonomi commercianti oltre che alla previdenza integrativa obbligatoria presso l’Enasarco).
E ancora. Possono accedere a bonus: i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, che non siano titolari di pensione diretta e non abbiano rapporti di lavoro al 17 marzo 2020;i lavoratori del settore agricolo purché abbiano svolto nel 2019 almeno 50 giornate di effettivo lavoro agricolo e non siano titolari di pensione diretta.
A poter inoltrare la domanda infine, anche i lavoratori dello spettacolo non titolari di trattamento pensionistico diretto, con almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 allo stesso Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo, corrispondenti a un reddito non superiore a 50.000 euro.
Coronavirus,Piazza Affari, marzo da dimenticare: in fumo 145 miliardi
La Borsa italiana ha perso oltre 145 miliardi di euro di capitalizzazione in un solo mese a causa del coronavirus. Si tratta di una cifra di gran lunga maggiore a quella persa dai listini di Milano nell’intero 2018 (100 miliardi). Secondo i dati forniti da Borsa italiana all’Adnkronos, a ieri la market cap aggregata era pari a 482,1 miliardi di euro (incluse le società domestiche non sospese e tre società straniere), mentre a fine febbraio, un mese fa, la stessa market cap era 627,447 miliardi di euro.
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria in Italia, ovvero da quella notte del 20 febbraio in cui si diffuse la notizia del primo paziente ricoverato a Codogno, Ftse Mib ha perso il 33 per cento, scendendo di 8mila punti. A fine marzo, Piazza Affari, ha perso tutto quello che aveva guadagnato in quattro anni: bisogna tornare a giugno 2016 per trovare gli stessi valori.
Tra le eccezioni di questa perdita di ricchezza senza precedenti c’è Diasorin, che nell’ultimo mese ha guadagno oltre il 14 per cento, sulla scia della sperimentazione di test diagnostici rapidi per individuare il contagio da Covid19. Il titolo peggiore è stato Fiat Chrysler, che in un mese ha perso il 40 per cento. Al secondo posto nella classifica delle perdite più ampie c’è Atlantia (-39%), seguita da Cnh Industrial (-37%).
E’ andata male anche ai titoli finanziari e a quelli del risparmio gestito. Mediobanca ha perso il 35%, Banca Generali il 34%, Unicredit il 32%. Intesa SanPaolo ha lasciato sul terreno il 29%.
Il momento drammatico sulle Borse di tutto il mondo non è destinato a finire presto, anche perché i livelli di volatilità giornaliera sui listini monitorati dall’indice Vix restano anche oggi in area 50 punti, sullo stesso livello di quelli registrati durante la grande crisi del 2008.
Coronavirus, Confindustria: “Economia colpita al cuore”
Un attacco al cuore dell’economia italiana. E’ il Csc a definire l’impatto del Coronavirus sul Paese che polverizza anche il record negativo di Pil raggiunto nel 2009 nel corso della peggiore recessione dal dopoguerra ad oggi: a dicembre 2008 infatti Confindustria stimò per il 2009 una caduta della crescita dell’1,3% rivista in peggio nel giugno successivo al -4,9%. Il Pil 2009 chiuse poi ufficialmente al -5%. Lo shock da virus che investe oggi l’economia “come un meteorite” è invece pari al-6% ma solo se almeno il 90% delle attività potesse riprendere a fine maggio”.
“Nei primi due trimestri del 2020 la caduta del Pil è stata pari al 10% rispetto allo stesso periodo del 2019. La peggiore caduta nella storia del Paese”, ha spiegato il capo economista del Centro Studi di Confindustria, Stefano Manzocchi, nel corso del collegamento video con il Sole24ore. “Una caduta vertiginosa dei primi due trimestri dell’anno seguita poi da una ripresa nel terzo e quarto trimestre”, stima ancora. Ma a dirlo “saranno solo i prossimi mesi”.
Una risalita sarà possibile a partire dal terzo trimestre del 2020. Una risalita “graduale”, per l’allentamento delle misure restrittive, e “lenta”: “la ripartenza è attesa procedere in maniera limitata rispetto alla caduta”, prosegue Confindustria che riconosce l’importanza di misure anticicliche, a partire da quelle varate dal primo dl Cura Italia, circa 25 miliardi di risorse, a sostegno delle imprese e delle famiglie, che contribuiranno a contenere il calo del Pil.
Nel 2021, dunque, il Pil è atteso in parziale recupero dalla caduta, la stima è del +3,5%, nell’ipotesi che si abbia un completo ripristino delle condizioni di normalità, dal punto di vista economico, dentro e fuori dell’Italia, anche grazie agli interventi combinati di politica economica messi in atto nei paesi interessati dall’emergenza Covid-19. “La ripartenza del commercio globale farebbe da traino alle esportazioni italiane, mentre la ripresa della fiducia di famiglie e imprese e migliori attese sulle prospettive dell’economia italiana determinerebbero un importante stimolo per la domanda privata”. Ma Confindustria non si illude:”il rimbalzo del Pil nel 2021 compenserà solo parzialmente la forte diminuzione di quest’anno. Al quarto trimestre del prossimo anno i livelli di PIL saranno ancora inferiori rispetto a fine 2019″.
Pil 2020 -6% se stop fase acuta emergenza a fine maggio – Il Covid-19 affonda il Pil Italiano che a fine 2020 registrerà un -6%. E questo solo nel caso che entro fine maggio riprenda almeno il 90% delle attività economiche. Altrimenti, le previsioni “andranno riviste al ribasso” e i calcoli dicono che ogni settimana in più di blocco normativo della produzione ’brucerà’ almeno lo 0,75% di Pil aggiuntivo, quasi 14 miliardi. Secondo gli economisti di viale dell’Astronomia il Pil italiano è cresciuto a ritmi bassissimi per gran parte del 2019, calando nell’ultimo trimestre. Nel complesso del 2019 è risultato in aumento di un modesto +0,3%. “Il trascinamento statistico al 2020 era già negativo (-0,2%)”, spiegano ancora. Così ad un arretramento del Pil del 4% nel primo trimestre, prevalentemente da ascriversi alla diminuzione del valore aggiunto nei servizi, seguirebbe una caduta del 6% nel secondo, quando anche il valore aggiunto dell’industria diminuirà in misura significativa.
Nel 2020 deficit-Pil al 5%, al 3,2% in 2021 – L’indebitamento delle Amministrazioni Pubbliche salirà nel 2020 al 5% del Pil, per poi scendere al 3,2% nel 2021. A stimare l’impatto degli interventi del governo a salvaguardia dei lavoratori e delle imprese è il Centro studi di Confindustria nel Rapporto di primavera. “Si sconta anche la disattivazione completa, in deficit, della clausola di salvaguardia per un valore di 20,1 miliardi di euro , pari all’1,1% del Pil.
Crollo consumi -6,8% e investimenti -10,6% in 2020 – Per consumi e investimenti lo stop produttivo imposto dal’emergenza coronavirus si tradurrà nel 2020 in un vero e proprio crollo. Il Rapporto di primavera del Centro studi di Confindustria che stima per fine anno un -6,8% della domanda interna e un -10,6% negli investimenti fissi lordi. Gli imprenditori si attendono comunque un effetto rimbalzo nel 2021 che potrebbe riportare i dati in terreno abbondantemente positivo, dal 3,5% dei consumi che seguiranno l’andamento del reddito disponibile reale (-3,1% quest’anno e +2,7% nel prossimo) al +5,1% degli investimenti. Il crollo più pesante nella domanda interna si avrà nei primi due trimestri del 2020 per i quali la previsione Csc stima un arretramento cumulato di circa l’8% con una sostanziale ricomposizione del paniere dei beni di consumo a sfavore di abbigliamento, trasporti, servizi ricreativi e servizi ricettivi e di ristorazione. Sul fronte degli investimenti a farne le spese particolarmente quelli in macchinari e mezzi di trasporto (-7,4%). Giù anche le costruzioni che nella media del 2020 risultano in calo del 4,5% nel settore delle abitazioni e del 3,1% nel settore dei fabbricati non residenziali.
Con stop a 50% industrie -25% produzione mese – L’interruzione di 4 settimane imposta alle imprese del manifatturiero che ha coinvolto oltre il 50% del settore industriale in senso stretto genera, da solo, una diminuzione della produzione industriale di circa il 25% su base mensile: tenuto conto del contesto già recessivo che obbliga le imprese a lavorare a regime ridotto rispetto a condizioni normali, è possibile assistere tra marzo e aprile a una caduta della produzione industriale superiore a un terzo. “Un calo così profondo e concentrato nel tempo non si è registrato nemmeno nella recessione del 2008-2009 quando la diminuzione dell’attività è stata di circa il 25%, ma in un anno”, annotano ancora gli economisti di viale dell’Astronomia che lamentano come “il recupero da una caduta così forte non è facile né scontato” sia per la gradualità necessaria al ritorno alla normalità sia per il basso contributo delle esportazioni. “Saranno dunque condizionate le prospettive di crescita del medio periodo e “le imprese italiane più orientate all’export infatti sono candidate a essere tra le vittime più illustri di tale emergenza”.
Secondo stime del CSC, comunque,i settori “essenziali”, per i quali è stato invece consentito il proseguo dell’attività, generano circa il 60% del valore aggiunto e della produzione nazionali; danno lavoro a circa il 70% degli occupati (17,3 milioni) e coinvolgono il 44% delle imprese (circa 1,9 milioni). Ma , proseguono gli economisti di viale dell’Astronomia, se si osserva la quota rispetto all’industria in senso stretto (estrattivo, manifatturiero ed energetico), i settori industriali coinvolti attivano quasi il 50% della produzione italiana, occupano il 43% degli occupati (1,8 milioni), rappresentano il 44% delle imprese (178mila) e il 47% del fatturato industriale. Inoltre, le imprese che sono autorizzate a lavorare generano una quota di fatturato domestico pari al 49% e di quello estero pari al 43% e si osserva la quota rispetto all’industria in senso stretto (estrattivo, manifatturiero ed energetico), i settori industriali coinvolti attivano quasi il 50% della produzione italiana, occupano il 43% degli occupati (1,8 milioni), rap presentano il 44% delle imprese (178mila) e il 47% del fatturato industriale. Inoltre, le imprese che sono autorizzate a lavorare generano una quota di fatturato domestico pari al 49% e di quello estero pari al 43%
Nel 2020 occupazione -2,5%, vola disoccupazione 11,2% – Sarà “drammatico” il calo dell’occupazione che la lotta al Coronavirus imporrà al Paese: – 2,5% in termini di Ula, -1,5% in termini di lavoratori impiegati e -3,1% in termini di monte ore lavorate. Vola la disoccupazione ai livelli della grande crisi del 2009, +11, 2%. Un aumento anche contenuto dalla doppia frenata dovuta ad un effetto ’scoraggiamento’ e alla ’tesaurizzazione’ dei lavoratori, grazie alla Cig, da parte delle aziende. Già nella seconda metà del 2020, l’input di lavoro utilizzato tornerà a crescere di pari passo al rialzo dei livelli di attività, annota ancora il Csc per il quale in media d’anno, nel 2021, le Ula aumenteranno del 2,1%, ovvero a un ritmo inferiore rispetto al Pil, dato il progressivo allungamento degli orari. Ma sono due i fattori che potrebbero, secondo Confindustria, “aumentare il rischio di più ampie perdite di posti di lavoro”: lo stato di debolezza dell’economia prima dell’insorgere della crisi e la composizione settoriale del calo di attività, con molti servizi, specie alcuni ad alta intensità di lavoro e con elevata incidenza di contratti temporanei, quali ristorazione, alberghi e commercio, colpiti duramente dall’attuale crisi.