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CATALOGNA: L’INCURSIONE DI PUIGDEMONT A BARCELLONA RIAPRE I DIBATTITI

Carles Puigdemont, leader di Junts, ex presidente della Generalitat catalana e colpito da un mandato di arresto, è riuscito a entrare a Barcellona. Lo scorso venerdì ha persino tenuto un comizio davanti a circa 3500 sostenitori sotto l’Arc de Triomf, al termine del quale è nuovamente espatriato. Le polemiche su come tutto questo sia potuto accadere tengono ancora banco in Spagna ed il magistrato Pablo Llarena della Corte Suprema, che ha in mano il suo caso giudiziario, ha chiesto spiegazioni sia al ministro degli Interni che, soprattutto, alla polizia catalana che ora è nei guai.

“Carles Puigdemont è in un luogo sicuro, fuori da Barcellona, dalla Catalogna e dallo Stato”, ha dichiarato il suo avvocato pubblicamente in un intervento alla radio dopo la fuga del politico, che aveva ricevuto una forte acclamazione nel discorso in piazza, nel corso del quale aveva rivendicato il diritto all’autodeterminazione della Catalogna e ribadito che l’organizzazione di un referendum non costituisce un crimine. Il mandato di arresto di Puigdemont si fonda (anche) su accuse di appropriazione indebita di fondi pubblici, legati al referendum incriminato del 2017 e, per evitare il carcere, è noto che lo stesso sia fuggito all’estero rifugiandosi in Belgio, ove vive da 7 anni.

Il Mossos d’Esquadra, la polizia regionale della Catalogna, non aveva informazioni concrete su un reale (e azzardato) ritorno in patria di Puigdemont, ha riferito Eduard Sallent, alto funzionario e già capo della polizia catalana che ancora oggi riveste posizioni di rilievo nel corpo. La sua presenza sul palco avrebbe pertanto sorpreso gli stessi agenti che, per ragioni di ordine pubblico, non sono immediatamente intervenuti, decidendo di aspettare la fine del suo discorso. Ma Puigdemont, protetto da uno scudo umano di persone, ha seguito un piano di fuga organizzato nei minimi dettagli, riuscendo a scappare a bordo di un’auto e seminando la polizia inseguitrice anche grazie ad un semaforo rosso. La pioggia di critiche, e probabilmente di responsabilità, continua a tenere banco in tutta la Spagna. Alberto Nunez Feijoo, leader del PP (Partito Popolare, appartenente alla destra), ha chiesto le “dimissioni immediate” dei ministri dell’Interno e della Difesa: “quello che è successo è indicibile e non può rimanere impunito”, ha affermato, e “di fronte a una simile farsa il Governo non può andare in vacanza ridendo di tutti gli spagnoli”. Ha poi chiesto che lo stesso Pedro Sanchez, capo del governo, risponda in Parlamento.

La questione catalana è ancora una volta al centro del dibattito politico spagnolo e il supporto degli indipendentisti sul governo di Sanchez, in minoranza e necessitante del loro supporto, resta determinante. Questo, oggi, Puigdemont lo ha voluto ribadire.  

La questione inoltre della legge di amnistia, per i condannati nel processo susseguente al referendum del 2017 quando la regione si autoproclamò indipendente in violazione della Costituzione, accende ancora il paese.

Il segretario attuale del partito Junts aveva riferito come il proprio leader fosse subito fuggito a Waterloo, in Belgio; ed è proprio da qui che Puigdemont, dalla sua residenza, si è mostrato al pubblico domenica con delle dichiarazioni, sostenendo l’applicazione di tale legge che il parlamento spagnolo, nonostante l’accesa opposizione della destra, è riuscita ad approvare lo scorso maggio, dando la clemenza a circa 370 persone coinvolte nel processo di secessione di 7 anni fa. Solo che il Tribunale Supremo ha subito dopo stabilito che tale amnistia non può essere applicata ai reati di appropriazione indebita, ovvero uno dei capi di accusa di Puigdemont, mantenendo così il mandato di arresto nei suoi confronti. Le parole del secessionista di domenica: “Se si vuole fare politica in condizioni normali, e io voglio farlo, bisogna applicare la legge”, spiegando che la propria apparizione lampo della scorsa settimana voleva sfidare “uno stato repressivo” e dimostrare una personale capacità “di entrare e di uscire”.

La presenza di Puigdemont a Barcellona doveva essere una mossa per impedire la presidenza della Generalitat di Salvator Illa. Ma, nonostante l’incursione, il socialista è comunque stato eletto presidente dell’istituzione catalana allontanando i sogni di indipendenza, dal momento che Illa è meno preso dalla questione. Junts ora necessita di un congresso e in tempi rapidi, per studiare una linea politica e possibilmente ricompattare tutti gli indipendentisti, visto che proprio ERC (altro partito indipendentista, ma di sinistra) gli ha voltato le spalle sostenendo Illa. Junts dovrà decidere se puntare nuovamente su Puigdemont e, a quanto pare, convincerlo persino a restare in politica.

Data:

13 Agosto 2024

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