(Adnkronos) – “Dico solo che forse, se invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e ‘per bene’, si ascoltasse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro Paese ogni anno”. Lo scrive su Instagram Elena Cecchettin, sorella di Giulia. Parole pronunciate nel giorno della presentazione della fondazione che porta il nome della studentessa ventiduenne di Vigonovo (Venezia) uccisa a coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta e che suonano come una risposta a distanza alle affermazioni del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che oggi in un videomessaggio inviato all’inaugurazione della Fondazione ha fatto riferimento all’aumento di violenze sessuali legate all’immigrazione. “Mio padre ha raccolto i pezzi di due anni di dolore e ha messo insieme una cosa enorme. Per aiutare le famiglie, le donne a prevenire la violenza di genere e ad aiutare chi è già in situazioni di abuso. Oltre al depliant proposto (che già qua non commentiamo) cos’ha fatto in quest’anno il governo? Perché devono essere sempre le famiglie delle vittime a raccogliere le forze e a creare qualcosa di buono per il futuro?” sono le domande che si pone Elena. “Un anno fa ho ricevuto la conferma che Giulia non sarebbe tornata a casa. E’ stato un anno difficile, di dolore, di ricordi, di lacrime. Ma soprattutto di lotta. Lotta per lei, che non c’è più”, scrive Elena Cecchettin. “Oggi questa lotta prende anche la forma di un impegno. Un impegno sociale per poter iniziare un processo di cambiamento. E per tentare di impedire che nessun’altra debba ricevere quella chiamata. Che le nostre sorelle rimangano vive”, spiega la giovane che ricorda la telefonata con cui le è stata comunicata la morte di Giulia. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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