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“Che regalo a Salvini”

“Che regalo a Salvini”, valanga social su Renzi

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Tanti “era ora”. Tantissimi “che harakiri”. Matteo Renzi nel cuore della notte, sui social, formalizza la decisione di lasciare il Pd. Lo fa citando i versi di Robert Frost, con i quali spiega la scelta di percorrere la strada “meno battuta”. La svolta, ovviamente, diventa l’assist per migliaia di commenti da parte di utenti e elettori, che si dividono tra approvazione e critiche.
“Era ora”, scrivono molti, aggiungendo che la decisione andava presa addirittura “nel 2014”. “Speriamo bene”, sottolinea qualcuno davanti a quello che viene considerato un salto del buio. Ma spiccano, anche per la durezza, i commenti e le risposte di chi non condivide la decisione. “Va bene avere il pelo sullo stomaco in politica, ma qui non siamo distanti dall’altro Matteo quanto a disprezzo del bene comune. Che vergogna, davvero, scrive un utente. La strada scelta, secondo un’altra persona che replica al tweet “è la più opportunista. Che pagliaccio”.
“Scelta sbagliata nel momento sbagliato. Dividere il #Pd è una follia politica e un regalo alla destra!”, afferma un altro follower. “Hai impiccato zingaretti all’accordo col movimento meno affidabile della storia della Repubblica ed ora scappi, lasciandolo col cerino acceso in mano? Ti ritengo la più lucida mente politica attuale ma, da oggi, anche il più bieco degli opportunisti. Io, io, io… lo devi curare”, è l’affondo di un altro utente. Più di una persona parla di “regalo alla destra”. “Non è giusto, è l’ennesima scissione dell’atomo, col risultato che si favoriscono gli avversari e ci si svilisce. Non si può citare Frost per giustificare l’esser rimasti fuori dal Cencelli”, è l’osservazione di un altro deluso. Fino ad arrivare al verdetto: “Sei il nuovo D’Alema”.

Meloni: “Renzi gran furbone, rimane al governo lasciando i dem”

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“Renzi rimarrà al governo lasciando il Pd, fa win-win. Renzi è un gran furbone, il punto è che questi giochi possono durare quanto vogliono, poi si vota. A un certo punto arriva la democrazia”. Così Giorgia Meloni, leader di Fdi, ospite stasera a ’Quarte Repubblica’ su Rete4.

“Io considero una buona notizia quella di un eventuale accordo tra Pd e 5 Stelle. Io penso che il M5S non sia molto diverso dal Pd e dalla sinistra”, quindi questo “semplifica il quadro, si torna al bipolarismo: o stai di qua o stai di là. Io dico che noi vinciamo quando ci consentiranno prima o poi di votare quindi non ho paura. Mentre il M5S ha preso i voti a destra per portali a sinistra”, aggiunge.

Giachetti: “Mi dimetto da Direzione Pd, ero frontman anti M5S”

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Roberto Giachetti si dimette dalla Direzione del Partito Democratico. “Dopo il giuramento del Governo – dichiara in un lungo video pubblicato sulla sua pagina Facebook – anche per la parte dei viceministri e sottosegretari, è venuto il momento che io parli e dica la mia dopo un periodo di silenzio durato un mese e mezzo”.

“Capisco perfettamente le ragioni per cui abbiamo deciso di fare questo accordo e in cuor mio io, davvero, mi auguro che possa funzionare. Non posso, però, rinnegare le mie convinzioni sul Movimento Cinque Stelle e su tutto quello che è successo in questi anni perché sono cose che a me pesano. Io sono stato il frontman della campagna che negava qualsiasi possibilità di fare un accordo con loro. Mi sono candidato alla segreteria del partito contro quest’ipotesi. Vista questa situazione è inevitabile che ne debba trarre le conseguenze”, argomenta.

“Per come intendo la politica, ci sono delle regole non scritte per cui quando si commettono errori di valutazione del genere non può rimanere tutto uguale. Per questa ragione ho deciso di dimettermi dalla Direzione nazionale del Partito democratico. Non potrei continuare a stare in una cabina di regia politica che deve sostenere questo progetto, non essendone convinto fino in fondo. Dentro di me non possono nascondere i dubbi che ho. Per questo non posso più continuare a svolgere il mio incarico di dirigente politico all’interno di quell’organismo di direzione politica così importante”.

“Mi sono reso conto che dentro il partito – continua Giachetti – c’era una così larga adesione alla proposta di fare un accordo di governo col M5S dal ritenere, per la prima volta, che le mie convinzioni personali venissero in secondo piano. Anzi proprio perché ho visto una così larga partecipazione a questa ipotesi politica mi sono impegnato – silenziandomi – nel cercare di evitare che i miei interventi avrebbero potuto mettere in crisi questo percorso. Io non ho voluto mettere in difficoltà questo progetto”.

“Anzi – aggiunge – ho provato ad agevolarlo votando a favore nella Direzione nazionale quando s’è deciso di dare mandato al segretario di percorrere questa strada, così come ho votato la fiducia a questo Governo. È stata la mia forma di rispetto profondo per una comunità politica che si accingeva ad una scelta molto difficile”.

“Non sto sconfessando tutta l’iniziativa politica che abbiamo portato avanti con ’Sempre Avanti’ in questi anni. Anzi voglio rilanciare quell’impegno e sarò in prima linea, senza incarichi. Ringrazio tutta quella comunità e faccio i miei auguri ad Anna Ascani, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto per i loro incarichi di Governo. Sono certo che faranno bene e che sapranno distinguersi per le loro capacità”, conclude Giachetti.

Paragone: “M5S alleato con Pd rischia ’effetto fighetta’”

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“A quanto pare il M5S sembra condannato a cantare in coro con il Pd, l’Umbria può essere una specie di laboratorio. Rischia di essere un effetto fighetta”. E’ un passaggio dell’intervento che Gianluigi Paragone, senatore del M5S, affida ad un video pubblicato su Facebook.

“Quando vai a chiamare il re del cashmere”, dice riferendosi alle voci relative a Brunello Cucinelli in Umbria, “ti stai mettendo sullo stesso piano del Pd. Per un movimento di popolo, nato dal ’vaffa day’, proporre al re del cashmere di guidare la regione Umbria mi sembra fuori sincrono…”.

“Non vorrei che a furia di frequentare il Pd, il Movimenti si dimentichi di essere una forza che arriva dal basso. Il Movimento non è nato con la ’erre moscia’. L’alleanza non mi piace, preferisco stare su un’identità forte”, aggiunge. “Mi verrebbe da proporre alcuni interventi normativi importanti, come la reintroduzione dell’articolo 18. Dopo il decreto dignità, sfidiamo il Pd sull’articolo 18. Le chiusure domenicali? Bene, ora non ci sono più alibi. Possiamo intervenire sulle chiusure o sul controllo delle buste paga di chi lavora la domenica nei centri commerciali. Andiamo a intervenire sugli oneri di sistema delle bollette… Andiamo a sfidarli lì, vediamo se sono diventati un po’ più umani…”, afferma ancora facendo riferimento alla posizione del Pd.

Terremoto a Favara, sette grillini sfiduciano il loro sindaco

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Una bocciatura senza appello. Terremoto politico a Favara, in provincia di Agrigento, dove undici consiglieri comunali, sette dei quali del Movimento Cinque Stelle, hanno firmato una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco, la pentastellata Anna Alba, eletta a giugno del 2016. Un successo che portò nell’Aula consiliare 14 consiglieri grillini su un totale di 24. Adesso, però, sette dissidenti del M5s chiedono un passo indietro del primo cittadino perché nei tre anni di mandato “i risultati sono sempre stati politicamente deludenti ed affidati spesso a forzature, quali ad esempio il disastroso approdo al dissesto finanziario che, per mancanza di un adeguato intervento dell’Amministrazione attiva, sta dissanguando i cittadini, già stremati da una crisi economica sempre più grave ed inarrestabile”.

La mozione di sfiducia, depositata oggi, dovrà essere discussa in Consiglio comunale entro trenta giorni. Ma nel testo lungo 14 pagine i consiglieri ripercorrono un ’rapporto’ difficile con “una palese frammentazione” del quadro politico e “la disgregazione dei rapporti” tra il primo cittadino e la sua maggioranza che ha finito con il bloccare “numerosi atti amministrativi, imposti, tra l’altro, da precise disposizioni normative”. Un “totale disorientamento politico e amministrativo”, che secondo i firmatari del documento, è dimostrato anche dalla raffica di dimissioni registrate nel tempo: quelle del vice sindaco, del capogruppo consiliare di maggioranza, del vice presidente del Consiglio. E ancora il passo indietro di tre assessori su cinque e il passaggio all’opposizione di alcuni consiglieri di maggioranza.

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17 Settembre 2019