Era un attore molto popolare negli Stati Uniti.
Aveva interpretato la celebre serie “Paper moon”, con Jodie Foster e decine di film.
Ma la sua popolarità esplose in mezzo mondo quando interpretò lo sceneggiato (allora si chiamavano così) “Martin Eden”.
Trascorsi 3 giorni con lui a Roma, avendo fatto da tramite per un invito televisivo.
E intendo dalla mattina alla sera insieme.
Mi chiese espressamente di fargli conoscere il più possibile Roma.
So che rischio di ripetermi ma anche con lui, forse con lui in maniera particolare, toccai con mano cosa volesse dire essere una star e comportarsi come una persona comune, come se non avesse coscienza del suo status.
Nei tratti di strada che percorrevamo a piedi, ci dovevamo fermare mille volte perché il suo volto era conosciuto da milioni di persone che avevano visto il lungometraggio appena finita di andare in onda.
E mi sembrava che quasi si meravigliasse che la gente lo fermasse per chiedergli un autografo o semplicemente per salutarlo.
Era fortunato perché io amavo Roma e credo di conoscerla molto bene, perciò, avendo capito questo, mi faceva tante domande e io gli spiegavo anche molti dettagli di ciò che vedevamo.
Di questo tempo passato insieme ci sono due episodi indimenticabili.
Eravamo a via Margutta. Conoscevo la casa di Fellini, oltreché lui, e gliela indicai.
Pochi secondi dopo vedemmo avanzare il regista.
Christopher, come un bambino emozionatissimo, me lo fece notare e mi chiese se lo conoscessi. Gli risposi di si (avevo lavorato con lui nel film “E la nave va” e avevamo viaggiato spesso insieme in metro).
Quando fummo vicini salutai e gli presentai il mio ospite, che Fellini conosceva benissimo.
Sto provando a descrivere quell’incontro ma non riesco a trovare le parole.
Anche allora avevo la sensazione che fossimo 3 bambini, vedendo come loro due parlavano e io che mi trovavo con i personaggi delle mie favole.
Uno di quei momenti che capitano nella vita e che non si ha il coraggio di raccontare perché si teme di esser presi per millantatori.
Per fortuna uno dei miei più cari amici di oggi è testimone del secondo episodio dal quale si evince il grado di simpatia e di confidenza che si era instaurato tra me e Christopher.
Frequentavo alcune persone che erano dirigenti di squadre di minirugby a Ostia.
Sapevano che ero impegnato e con chi.
Avevano già in programma un evento e mi dissero semplicemente queste parole: “Certo se riuscissi a portarlo domenica mattina allo stadio da noi….”
Pensando che avrei potuto far felici loro, i ragazzi e lo stesso Chris, glielo chiesi e accettò con piacere.
In quel periodo avevo una Renault 4, il cui rumore assomigliava molto a quello di un trattore.
Con quella raggiungemmo lo stadio di Ostia, dopo che avevo avvisato gli organizzatori pochi minuti prima, solo dopo di averlo visto seduto nella mia auto per andare.
E fu una esperienza che mi emozionò tantissimo: vedere i miei amici increduli per la visita, i ragazzini che ammiravano incantati quel personaggio di cui avevano appena seguito l’avventura in TV e Christopher che si godeva un fuori programma che non avrebbe potuto immaginare.
Ci salutammo in aeroporto con il suo pressante invito di fargli visita in California e con un calore che mi faceva immaginare esperienze e altri incontri interessanti in America.
Ho continuato ad avere in mente di andarci per molto tempo.
Troppo, perché morì prematuramente, provocandomi un forte dispiacere.
(le foto che mi ritraggono con C. Connelly appartengono al mio archivio professionale)