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Conte: “Deficit sotto 2%? Non lavoro a questo obiettivo”

Conte: “Deficit sotto 2%? Non lavoro a questo obiettivo”

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“Non sto lavorando a questo obiettivo, rispondo in questi termini”. Così Giuseppe Conte, a margine di una conferenza stampa a Palazzo Chigi, risponde a chi gli chiede se ci sia la possibilità di portare il rapporto deficit/Pil sotto l’asticella del 2%.

“Siamo nel pieno periodo di approvazione della legge di bilancio, quindi stiamo valutando tutti gli emendamenti. Sto lavorando – spiega Conte – a tempo pieno per quanto riguarda l’interlocuzione con le istituzioni europee, ci stiamo lavorando a tempo pieno – questa mattina, stasera, domani -, credo che nel volgere di qualche giorno avremo un ulteriore passaggio con le istituzioni europee”. Conte, aggiunge, confida “di poter pervenire a quello che è il mio massimo auspicio, il mio grande obiettivo”, ovvero una “soluzione condivisa per evitare la procedura di infrazione“.
“Non c’è nessun vertice, ma quale vertice? Qui si lavora sempre, non c’è bisogno mica di fare sempre vertici…”, la risposta del premier a chi gli domanda di eventuali vertici sulla manovra con i due vicepremier Di Maio e Salvini e il ministro Giovanni Tria.

Mattarella promulga decreto sicurezza

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato per la promulgazione il decreto legge sicurezza, convertito definitivamente dalle Camere mercoledì scorso. Il provvedimento è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

“Il presidente della Repubblica ha appena promulgato la nostra Legge Sicurezza e Immigrazione. Dalle parole ai fatti!” ha commentato sui suoi canali social il ministro dell’Interno, Matteo Salvini.

Salvini rassicura: “Quota 100 resta”

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“Smontare la legge Fornero è un mio preciso impegno e lo faremo rispettando tutti i parametri. Però il diritto al lavoro, alla salute, alla pensione vengono prima di tutti i decimali“. Così il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, a margine di un incontro con gli eurodeputati leghisti nel Parlamento Europeo, a Bruxelles. Ma ’Quota 100’ resta? “Assolutamente sì”, risponde.

Mentre è in pieno sviluppo la trattativa con la Commissione sulla manovra (il ministro Giovanni Tria ha incontrato oggi il vicepresidente Valdis Dombrovskis), Salvini è stato più cauto rispetto al recente passato: “La ringrazio per la domanda, che ha in sé la risposta”, ha replicato a chi gli ha chiesto che cosa pensi del fatto che i dipendenti delle istituzioni Ue possono andare in pensione prima dei cittadini di molti Paesi.
“Ritengo giusto – ha aggiunto – restituire diritto alla vita, alla pensione e al lavoro a milioni di italiani. Ritengo altrettanto giusto che l’Europa, in prospettiva, guardi al suo interno e si autoriformi, nel rispetto di quello che accade ai comuni mortali”.
Salvini è inoltre “assolutamente ottimista” sulla possibilità di arrivare ad un accordo con la Commissione Europea sulla manovra. A trovare un punto di caduta, continua, “ci arriveremo: basta che ci lascino restituire il diritto al lavoro agli italiani. Poi non sono i decimali quelli che ci fanno alzare la mattina”, conclude.

Pd, chi sta con chi

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A volerla raccontare come un calciomercato, il vincitore della campagna acquisti del congresso dem è Nicola Zingaretti. Ha strappato big, qualche fedelissimo, intere correnti alla imponente maggioranza renziana che ha retto il Pd negli ultimi anni. Areadem di Dario Franceschini è passata quasi in toto con il governatore del Lazio. Come l’ex premier Paolo Gentiloni. Gli ex ministri Andrea Orlando e Roberta Pinotti, l’ex capogruppo al Senato, Luigi Zanda. Solo per fare qualche nome.

E pure Maurizio Martina ha centrato diversi nuovi innesti in squadra. Dai Giovani Turchi di Matteo Orfini, presidente Pd nell’era renziana, a Matteo Richetti, Graziano Delrio, Debora Serracchiani fino ad arrivare a Tommaso Nannicini, consigliere economico di Renzi a palazzo Chigi. Al netto dei riposizionamenti, però, quello che resta della maggioranza di un tempo, non è poco e punta su Marco Minniti. Se l’ex premier si tiene lontano dalla battaglia congressuale, i suoi stanno lavorando per l’ex ministro dell’Interno. Tanto che viene confermato il ruolo di Luca Lotti, come anticipato dall’AdnKronos, come coordinatore della mozione.

MINNITI – Minniti ha dalla sua il 60% dei gruppi parlamentari, 548 sindaci che hanno sottoscritto la sua candidatura, personalità che hanno avuto un ruolo di primo piano nel Pd in questi anni: non solo Lotti, ma Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, Antonello Giacomelli per citarne alcuni. Un quadro movimentato, dunque, in cui per la prima volta nei dieci anni di vita del Pd, non c’è un vincitore precostituito. E sebbene Zingaretti parta da favorito, l’esito delle primarie non è affatto scontato. E non è scontato neanche che uno dei candidati raggiunga il 51% ai gazebo. In questo caso sarà l’assemblea dei delegati (eletti in modo proporzionale nelle liste a sostegno dei candidati) a decidere.

ZINGARETTI – Zingaretti, dunque, come vincitore della campagna acquisti al congresso. Big e capicorrente, da cui parte una filiera che si ramifica sul territorio, tra dirigenti e amministratori locali: l’appello per il presidente della Regione Lazio è stato sottoscritto da oltre 200 sindaci. Fino ad arrivare a ’pescare’ anche nella cerchia dei renziani della prima ora. E’ il caso di Rosa Maria Di Giorgi, ex vicepresidente del Senato, o Elisabetta Gualmini, vicepresidente dell’Emilia-Romagna, che si sono congedate dal loro passato di ultra-renziane e sono sbarcate sul fronte Zingaretti.

MARTINA – Sul fronte Martina sono invece sbarcati i Giovani Turchi di Orfini. L’ex presidente del Pd, immortalato con Renzi al Nazareno (foto di Filippo Sensi) alla Playstation durante lo spoglio delle regionali 2015, ora gioca un altro match. Come Tommaso Nannicini, pezzo da novanta degli anni del renzismo. C’è poi il ticket con Matteo Richetti che porta a Martina anche l’appoggio dei cosidetti ’renziani non allineati’. Graziano Delrio, capogruppo dem alla Camera, ha lavorato all’operazione. Pure il cuperliano Andrea De Maria è già della partita, in attesa si pronunci lo stesso Cuperlo.

E altri nomi potrebbero arrivare. Ci sono i presidenti di regione, per dire. Per ora si sono schierati solo l’umbra Catiuscia Marini con Minniti e il marchigiano Luca Ceriscioli con Zingaretti. Ambienti renziani danno Vicenzo De Luca e Sergio Chiamparino vicini all’ex ministro dell’Interno. Dal fronte Zingaretti, invece, si confida sull’appoggio del calabrese Mario Oliverio. No news sull’emiliano Stefano Bonaccini. E, al momento, non è arrivato neanche alcun endorsement da Michele Emiliano. Sebbene in corsa ci sia il ’suo’ Francesco Boccia.

Frutto delle liste fatte da Renzi segretario, i parlamentari che fanno capo al senatore di Scandicci sono la stragrande maggioranza. E di conseguenza nei gruppi dem, il candidato più forte è Minniti. Su 111 deputati, una sessantina stanno con l’ex ministro. A palazzo Madama su 52 senatori, 30-32 sono con Minniti.

A Montecitorio schierati con l’ex titolare del Viminale ci sono Alessia Rotta, Emanuele Fiano, Alessia Morani, Anna Ascani, Michele Anzaldi, Francesca Bonomo, Maria Elena Boschi, Enrico Borghi, Laura Cantini, Stefano Ceccanti, Piero De Luca (figlio di Vincenzo), Roger De Menech, Marco Di Maio, Silvia Fregolent, Davide Gariglio, Roberto Giachetti, Antonello Giacomelli, Lorenzo Guerini, Luca Lotti, Pietro Navarra, Luciano Nobili, Raffaella Paita, Stefania Pezzopane, Patrizia Prestipino, Ettore Rosato, Ivan Scalfarotto, Andrea Romano, Andrea Rossi, Filippo Sensi.

Al Senato con Minniti ci sono il capogruppo Andrea Marcucci, Caterina Bini, Caterina Biti, Stefano Collina, Daniele Manca, Giuseppe Cucca, Davide Faraone, Valeria Sudano, Francesco Bonifazi, Nadia Ginetti, Laura Garavini, Simona Malpezzi, Salvatore Margiotta, Eugenio Comincini, Alessandro Alfieri, Luciano D’Alfonso, Alan Ferrari, Valeria Fedeli, Andrea Ferrazzi, Leonardo Grimani, Francesco Giacobbe, Mauro Laus, Ernesto Magorno, Mauri Marino, Dario Parrini, Edoardo Patriarca, Gianni Pittella, Daniela Sbrollini, Dario Stefano, Vito Taricco, Mino Vattuone.

Numeri più contenuti per Zingaretti: alla Camera punto di riferimento della mozione è Paola De Micheli, ex area Martina ed ex commissario per il terremoto, poi c’è l’ex premier Paolo Gentiloni, quindi i deputati di Areadem a partire da Dario Franceschini e Piero Fassino passando per Chiara Braga e Alberto Losacco, Andrea Orlando e i suoi come Michele Bordo, anche Walter Verini e Roberto Morassut (area Veltroni) sono con il governatore del Lazio come Gianluca Beneamati. Al Senato con Zingaretti sono schierati Franco Mirabelli, Bruno Astorre, Monica Cirinnà, Antonio Misiani, Anna Maria Parente, l’ex-ministro Roberta Pinotti, Francesco Verducci, l’ex capogruppo Luigi Zanda.

Maurizio Martina può contare alla Camera sul sostegno del capogruppo Graziano Delrio, Matteo Mauri, Carla Cantone, Luca Rizzo Nervo, Matteo Orfini, Chiara Gribaudo, Debora Serracchiani. Al Senato ci sono Matteo Richetti e Tommaso Nannicini.

Per quanto riguarda i sindaci, la ’gara’ sul numero di firme a sostegno della candidatura l’ha vinta Minniti su Zingaretti. Sia nei numeri che nella ’qualità’, intesa come primi cittadini di città di peso. Sui numeri siamo 500 a 200 circa. E sull’importanza delle città, Zingaretti può contare sul sindaco di Bologna, Virginio Merola. Minniti su quello di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà; di Bari, Antonio Decaro; di Firenze, Dario Nardella; di Pesaro, Matteo Ricci, di Mantova, Mattia Palazzi; di Ancona, Valeria Mancinelli; di Salerno, Vincenzo Napoli; di Bergamo, Giorgio Gori.

Alitalia, il tempo delle decisioni

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Si avvicina il tempo di nuove e imminenti decisioni per Alitalia. Mentre le Fs sono al lavoro sul ’Progetto Az’ è, innanzitutto, atteso “a brevissimo”, come ha assicurato il vicepremier Luigi Di Maio, l’arrivo del nuovo commissario che andrà a completare la terna, dopo l’uscita il 18 novembre scorso di Luigi Gubitosi approdato al vertice di Tim, insieme a Stefano Paleari ed Enrico Laghi. Ma c’è un’altra scadenza che con il passare dei giorni diventa sempre più pressante e che è quella del 15 dicembre, termine entro il quale l’aviolinea in amministrazione straordinaria dovrà restituire il prestito ponte di 900 milioni di euro.

L’ipotesi che circola, secondo fonti vicine al dossier interpellate, è quella di una nuova proroga, che potrebbe essere decisa con un decreto a stretto giro di posta. Sempre secondo i rumors che circolano, il termine potrebbe essere rinviato di un paio di mesi o, comunque, per la fine di gennaio. Insomma, il tempo utile per poter consentire alle Ferrovie di completare la predisposizione del nuovo piano e avere, a quel punto, una più chiara visibilità dell’operazione che dovrà salvare e rilanciare Alitalia.

PRESTITO – Sul prestito ponte, la Ue ha da mesi puntato i propri fari. Giovedì scorso Di Maio ha incontrato a Bruxelles la Commissaria europea alla Concorrenza e ha assicurato che gli interventi che sta portando avanti il Governo saranno “operazioni di mercato”. La situazione di incertezza che caratterizza questa fase alimenta il nervosismo e il pressing sul governo da parte dei sindacati che, in assenza di una convocazione al Mise, sono pronti, come hanno annunciato Cgil e Uil in primis, alla mobilitazione.

Intanto le Fs, alle quali il Mise la settimana scorsa ha dato il formale via libera all’offerta vincolante, stanno procedendo nella confirmatory due diligence per esaminare tutti i dati, che non era stato possibile prendere in visione precedentemente, oltre all’interlocuzione con i potenziali partner. Il cuore industriale del Progetto Az sarà rappresentato, come più volte ha spiegato l’ad Gianfranco Battisti, sullo sviluppo di sinergie aereo-treno, realizzando un’operazione intermodale di sistema tra aeroporti, stazioni e porti.

FS – Ma il progetto industriale delle FS, come hanno messo nero su bianco nell’offerta vincolante, prevede tra le condizioni poste l’ingresso nella newco di un primario operatore internazionale, che poi consenta alla holding di Villa Patrizi di ridurre la propria partecipazione nella compagnia.

“Analizzando i modelli di business, la situazione economica e il mercato di riferimento, la conclusione è che, qualora il settore ferroviario volessero essere integrato a quello aereo, sarebbe meglio creare un sistema inclusivo tra le diverse compagnie e gli operatori ferroviari proprio per sfruttare al meglio la capacità intercontinentale e non un sistema esclusivo come quello Trenitalia-Alitalia”, sostiene in un focus l’economista Andrea Giuricin.

“Peraltro, FSI è un grande gruppo che riceve contributi per la gestione della rete, per alcuni servizi a lunga percorrenza e per quelli regionali. Creare un unico gruppo con Alitalia farebbe confluire le perdite di Alitalia dentro il gruppo FS, che è sussidiato dallo Stato, senza tuttavia vedere particolari benefici per il consumatore”.

BILANCIO – “Le perdite di questo anno di Alitalia, che potrebbero superare i 450 milioni di euro, sono superiori al risultato netto normalizzato di FS del 2017 di 424 milioni di euro” rileva Giuricin. “Senza dubbio una maggiore integrazione tra il servizio ferroviario e quello aereo può essere utile ai passeggeri, sostenere le esigenze di spostamento e stimolare il turismo” ma “la proposta di FS più che venire incontro alle esigenze dei passeggeri sembra venire incontro alla disperata necessità di Alitalia di essere salvata”.

“Il fatto che FS sia una società a totale partecipazione pubblica – conclude l’economista – induce a ritenere che quella che appare, formalmente, come un’offerta di mercato sia in realtà solo una malcelata operazione di salvataggio pubblico. L’ennesima, per Alitalia”.

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4 Dicembre 2018