Conte: “Martedì da Juncker con nostra proposta”
“Vedrò Juncker martedì prossimo a Strasburgo. Sto lavorando alla nostra proposta, sono ottimista”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos il premier Giuseppe Conte, spiegando di aver sentito il presidente della commissione Ue al telefono questo pomeriggio e anticipando che andrà all’appuntamento con la proposta del governo sulla manovra economica.
“A Juncker ho detto che stiamo facendo di conto – spiega il premier con un sorriso – dovremmo vederci la settimana prossima, martedì a Strasburgo. Non posso calcolare le percentuali di riuscita, sarebbe improprio”, risponde a chi gli chiede una stima. “Se non fossi ottimista – prosegue – non mi sarei seduto nemmeno al tavolo, non sarei andato perché è chiaro che già erano stati compiuti i primi passi per avviare la procedura d’infrazione e tutto lasciava presagire il peggio. L’ottimismo è quello della determinazione, della passione di difendere le ragioni dell’Italia. Se fondato, lo vedremo alla fine. Io confido che sia fondato”. “Sicuramente martedì ci confronteremo con Juncker con la proposta in mano, ora vedremo se anticiparla. Stiamo lavorando sugli ultimi dettagli” precisa Conte, aggiungendo che per evitare la procedura di infrazione “cercheremo di adottare qualche accorgimento per rafforzare il piano degli investimenti“.
PIL – Quanto a Fitch, ha abbassato le stime di crescita del Pil italiano “perché non ha ancora visto la nostra proposta all’Europa, Fitch si ricrederà” dice il presidente del Consiglio nell’intervista all’Adnkronos. “E’ chiaro – rileva – che la manovra che stiamo facendo deve tener conto del trend strutturale, quindi le misure che adottiamo dovranno proiettarsi anche nel 2020 e nel 2021. Anche perché per tenere i conti in ordine è necessario guardare al dato strutturale”. Quindi l’asticella del rapporto deficit/Pil scenderà anche nel 2020 e 2021? “Certo, dobbiamo contenere il debito e anche il rapporto deficit/Pil 2020 e 2021“.
ASSET – Riguardo invece all’ipotesi di cessione di asset fondamentali in mano al Tesoro per evitare la procedura d’infrazione della Ue, il premier assicura: “I gioielli di famiglia noi ce li teniamo stretti“.
TRIA – Un passo indietro del ministro dell’Economia, Giovanni Tria? “Assolutamente no – replica il premier – non credo assolutamente che voglia dimettersi, non ce n’è motivo”. A chi gli chiede se il fatto di non aver menzionato il responsabile di via XX Settembre nella nota di fiducia siglata da Di Maio e Salvini domenica scorsa sia stato letto come uno ’sgarbo istituzionale’, “d’accordo anche con Tria – risponde Conte – il negoziato lo conduco io. Questo non significa che chi prepara e lavora ai conti, il ministro dell’Economia, sia stato esautorato. Tria non è stato né deve sentirsi esautorato. Io sono il presidente del Consiglio, ho la responsabilità di esprimere l’indirizzo politico ed economico del governo. Quindi è ovvio che con Juncker l’interlocutore sono io“.
CONFINDUSTRIA – Sul botta e risposta tra il vicepremier Matteo Salvini e il mondo delle imprese, “tutto il governo sta lavorando a realizzare le riforme – sottolinea – Per il resto ci possono essere delle battute, battute che non ci distraggono dal lavoro che stiamo facendo: noi andiamo avanti… anche nell’interesse delle imprese del Paese”. Quanto alle parole che il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha riservato allo stesso Conte, “con tutto il rispetto, sono io che conduco il negoziato – ribadisce – Ringrazio Boccia per i suggerimenti, ma credo di avere le idee chiare“.
TAV – Poi la Tav. Il progetto “non è assolutamente” congelato, dice Conte, “è un progetto che va avanti da 20 anni, se ci concediamo qualche mese per compiere un’analisi costi-benefici e verificare, anche alla luce del tempo trascorso, tutti quelli che sono gli interessi in gioco, dunque valutare la sostenibilità, l’utilità dell’opera e quindi le ragioni che spingono o, al contrario, se ci sono ragioni ostative a realizzarla”, su questo, “non ci possono muovere accuse”. Sui tempi necessari, “lo abbiamo già comunicato – ricorda – entro fine dicembre avremo l’esito dei lavori della commissione istituita presso il ministero delle Infrastrutture, stiamo procedendo molto rapidamente anche in questo ambito. Poi ci sarà una condivisione dei risultati emersi con la Francia e tireremo le somme”. Alla domanda se il responso sull’Alta velocità arriverà entro l’inizio del 2019, “dovremmo farcela”, risponde secco Conte. Quanto all’ipotesi di un referendum per sondare la popolazione interessata dall’opera, “al momento non ci abbiamo pensato”.
LEGITTIMA DIFESA – Riguardo al provvedimento sulla legittima difesa “tutelerà tutti perché comunque si tiene sempre conto, anche nella formulazione che sta venendo fuori dal percorso parlamentare, dell’esigenza di contemperare tutte le esigenze in gioco: le esigenze di difesa e le esigenza di tutela della vita umana” afferma il premier. Alla domanda se la difesa in casa propria sia sempre legittima, “è legittima a certe condizioni – replica – quelle che sono precisate e verranno precisate nelle norme che modificheranno la vecchia disciplina”.
SALVINI-SPATARO – Conte torna anche sullo scontro di ieri tra il ministro dell’Interno e il procuratore capo a Torino, Armando Spataro, per un tweet su un blitz relativo all’inchiesta torinese sulla mafia nigeriana. Il premier dice che “ci sarà occasione di un chiarimento tra il ministro Salvini e il procuratore Spataro, hanno anche dei ruoli istituzionali”.
PADRE DI LUIGI DI MAIO – Conte si dice “toccato” dalla videolettera del padre di Luigi Di Maio, pubblicata ieri su Facebook riguardo alla vicenda dell’azienda di proprietà tirata fuori dalle Iene: “Mi sono sentito molto solidale anche con il papà, non solo con Luigi, con cui chiaramente, lavorandoci accanto, ho una maggiore facilità a condividere un sentimento di solidarietà e a stargli vicino. Ho sentito molta vicinanza anche al papà, che si è sentito in dovere di commettere pubblicamente degli errori. Credo non sia stato facile per lui…”.
LIBIA – “Domani vedrò Haftar, dopo la conferenza sulla Libia a Palermo è importante anche il seguito, è importante seguire la vicenda libica e tutti i passaggi successivi” all’appuntamento di Palermo. Sul processo di pace “io non demordo” afferma Conte. “L’Italia ha compiuto questo sforzo, anche organizzativo, di certo non perché fosse fine a se stesso – rimarca il premier ricordando la conferenza di Palermo – lo ha fatto perché fortemente motivata a dare un contributo al processo di stabilizzazione della Libia. Non avrebbe alcun senso interrompere il percorso intrapreso”.
CASO REGENI – “In tutti gli incontri avuti con il Presidente Al Sisi, ho sempre perorato – costantemente – la causa della verità sull’omicidio Regeni e continuerò a perorarla, con tutti i mezzi a mia disposizione: su questo obiettivo il governo è assolutamente compatto” dice Conte, a poche ore dalla dichiarazione del presidente della Camera, Roberto Fico, che, dopo aver incontrato la famiglia del ricercatore friulano, ha chiesto all’Egitto di passare dalle parole ai fatti. “Sin dal primo momento che mi sono insediato, da subito – ricorda Conte – ho voluto incontrare la famiglia Regeni per esprimere la mia personale testimonianza di solidarietà, mia personale e del governo”.
“MAI PENSATO A PASSO INDIETRO” – “Mai pensato a un passo indietro, mai. Ci sono stati sicuramente dei passaggi impegnativi – sottolinea – Diciamo che quando si ha una responsabilità di sintetizzare ed esprimere delle funzioni di indirizzo generale politico-economico di un governo ci sono tanti momenti, passaggi, in cui bisogna confrontarsi anche con momenti ardui. Ma non ho mai pensato di dimettermi, assolutamente no”. “Momenti impegnativi ci sono stati – ribadisce – ma difficoltà insuperabili non ho mai dovuto affrontarle”.
Con i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini “ho rapporti molto buoni: abbiamo un dialogo assolutamente schietto”. E dalla torre “non butterei giù né l’uno né l’altro, altrimenti questo governo non durerebbe”.
“Le mie passioni? Leggere e scrivere – confida – Di sport purtroppo ne faccio poco”, prima di diventare presidente del Consiglio “giocavo a tennis, a calcio…” ma ora non c’è più tempo.
Migranti, Salvini: “Nuove regole o stop missione Sophia”
“Stop alla missione Sophia in mancanza di nuove regole“. Lo ha sottolineato il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, nel corso dell’audizione al Comitato Schengen. “Noi – ha detto il vicepremier – manteniamo ferma l’indisponibilità a procedure di sbarco che prevedono l’approdo solo in porti italiani. Al momento non ci sono progressi significativi nel negoziato nonostante le nostre richieste di cambiare le regole d’ingaggio. Senza una convergenza sulle nostre posizioni non riteniamo opportuno continuare la missione”.
La missione EuNavFor Med, detta anche Operazione Sophia dal nome di una bambina data alla luce da una donna somala su una delle sue navi, è nata nel 2015, dopo il naufragio, avvenuto il 18 aprile di quell’anno al largo delle coste libiche, di un peschereccio, in cui morirono oltre 800 persone. Obiettivo della missione, voluta dall’alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, Federica Mogherini, era “adottare misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai trafficanti di esseri umani”, tutto questo “nel pieno rispetto del diritto internazionale”.
La missione dall’ottobre 2015 opera in acque internazionali abbordando, perquisendo e sequestrando natanti sospettati di essere utilizzati per il traffico di esseri umani. Un rapporto della Camera dei Lord, riportato dal Daily Mail, nel 2017 accusò l’operazione Sophia di essere una “calamita per migranti”. Tuttavia, anche se ha salvato migliaia di vite, Sophia non è una missione nata al fine di effettuare salvataggi in mare; quella di ricerca e soccorso è semplicemente un’attività che, “pur non rientrando nel mandato assegnato alla missione, è un obbligo ineludibile per il diritto internazionale, in adempimento al quale la missione EuNavFor Med si è prestata attivamente, prevedendo il soccorso anche nelle procedure operative”, spiega il ministero della Difesa. Il mandato della missione scadrà a fine anno.
Caos nel Pd
“Come sapete non mi occupo del congresso del Pd“. Così il senatore del Pd ed ex presidente del Consiglio Matteo Renzi risponde, a margine di un incontro con gli europarlamentari a Bruxelles, in merito a Marco Minniti, candidato alle primarie per la segreteria del partito, che sarebbe irritato per le ultime mosse dell’ex premier, come il ventilato progetto di dar vita a dei comitati, se non a un nuovo partito.
Secondo indiscrezioni l’ex ministro dell’Interno potrebbe addirittura ritirarsi dalla corsa per la segreteria. Si tratta solo di ipotesi al momento ma diverse fonti che stanno seguendo da vicino la costruzione della candidatura dell’ex ministro hanno confermato all’AdnKronos che c’è una fase di stallo. Persino la raccolta di firme nel territorio, necessaria per presentare la candidatura, non procede. La voce era già nell’aria da alcuni giorni ma nelle ultime ore qualcosa è cambiato, tanto che alla Camera si è tenuta una riunione dei ’colonnelli’ dell’area renziana: “Si cerca di ricomporre la situazione”, hanno fatto sapere fonti dem.
Il motivo? Le perplessità del deputato originario di Reggio Calabria avrebbero origine appunto in una non adeguata mobilitazione delle truppe da parte di chi lo avrebbe dovuto sostenere. Insomma diciamo che non avrebbe riscontrato le condizioni auspicate nel sostegno alla sua candidatura, in particolare da parte dell’area renziana del Pd. Si riferisce anche di un contatto tra Renzi e Minniti, nel quale quest’ultimo avrebbe sondato le reali intenzioni dell’ex premier. “Al momento, l’esito non è negativo ma certo siamo in una fase di stallo. Confidiamo – ha detto una fonte renziana che sta seguendo il dossier – che Marco si candidi”. Il termine per la presentazione delle candidature al congresso è il 12 dicembre.
“Sul Pd sono, oltre che preoccupato, anche un po’ allarmato, spero che qualcuno non abbia deciso di distruggere il Pd. Distruggerlo o puntare a dividerlo, credo sia un enorme regalo ai 5 Stelle o a Salvini. Non si può sputare in faccia alle passioni, alle speranze di milioni di persone”, è il commento di Nicola Zingaretti a Radio Radio.
Sull’affaire Minniti interviene anche Antonello Giacomelli, vicino a Luca Lotti e tra i sostenitori della candidatura dell’ex ministro dell’Interno: “Se nella giornata di oggi non ci sono fatti espliciti e conclusivi, da domani, nel rispetto di tutti ma soprattutto nell’interesse stesso del Pd, servirà ragionare su un nuovo assetto del Congresso“.
Un ultimatum? “Ho molta stima per Marco Minniti e so bene che il congresso che si apre è molto difficile. Per cui credo si debba avere il massimo rispetto per le riflessioni che lui come chiunque altro ritiene di fare”, sottolinea Giacomelli. “Ribadisco ancora una volta che siamo pronti a sostenere Marco Minniti con convinzione, partendo da una comune scommessa sul Pd, sul suo ruolo e sulle sue prospettive”. “Quello che però non possiamo fare – argomenta l’esponente dem – è trascinare una situazione indefinita fino alle ore a ridosso della scadenza per la presentazione delle candidature. Quindi credo che se nella giornata di oggi non ci sono fatti espliciti e conclusivi, da domani, nel rispetto di tutti ma soprattutto nell’interesse stesso del Pd, servirà ragionare su un nuovo assetto del Congresso”.
Alitalia, arriva proroga prestito
Arriva la proroga per la restituzione del prestito ponte mentre, intanto, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, fa l’attesa convocazione dei sindacati per il 12 dicembre. Un appuntamento chiesto a gran voce, da settimane, dalle organizzazioni sindacali che vogliono ora vedere le carte in tavola e capire come procede l’iter per il salvataggio e rilancio dell’ex compagnia di bandiera. All’appuntamento di mercoledì si arriverà con un punto fermo e cioè la proroga, la terza, del prestito ponte da 900 milioni, in scadenza il 15 dicembre.
Sul tavolo del prossimo Consiglio dei ministri, previsto per oggi, il provvedimento arriverà infatti nel decreto in materia di semplificazione e sostegno allo sviluppo. Secondo le bozze circolate, la nuova data di restituzione è fissata “entro 30 giorni dall’intervenuta efficacia della cessione dei complessi aziendali” e comunque “non oltre il termine del 30 giugno 2019“. Il differimento dei termini rappresenta una nuova boccata d’ossigeno per i prossimi mesi che saranno stringenti e decisivi per la conclusione del’operazione.
FS – Tutta l’attenzione si sposta sul progetto che vede schierate in prima linea le Ferrovie dello Stato, la cui offerta vincolante ha ottenuto il via libera del Mise due settimane fa. Il gruppo guidato da Gianfranco Battisti sta procedendo nella confirmatory due diligence per esaminare tutti i dati, che non era stato possibile prendere in visione precedentemente. C’è poi il nodo dell’ingresso di un primario partner internazionale, che le stesse Fs hanno posto come condizioni per realizzare il Progetto Az.
Un progetto che per i sindacati è ancora avvolto nelle nebbie e che presenta troppe incognite. E’ per questo che le sigle di categoria hanno intensificato il pressing sul Governo, chiamando anche in causa le Ferrovie, per tornare al Mise dopo il primo incontro, il 12 ottobre scorso, durante il quale il ministro Di Maio aveva annunciato l’apertura di un tavolo permanente su Alitalia.
NERVOSISMO – Ma i tempi lunghi per la nuova convocazione hanno alimentato il nervosismo dei sindacati. E, alla fine, tre sigle di categoria Filt-Cgil, Uiltrasporti e Ugl hanno rotto gi indugi per indire un’azione di mobilitazione per l’11 dicembre prossimo, con un presidio al Mise, proprio per chiedere l’immediata riapertura del tavolo. Al contrario, le altre organizzazioni, dalla Fit-Cisl alle associazione professionali di categoria Anpac, Anpav e Anp, sono rimaste su una posizione più attendista, decidendo di non scendere in campo.
L’iniziativa, comunque, è stata però ’bruciata’ sul tempo dalla convocazione di Di Maio per il 12 dicembre. Mobilitazione, avvertono Filt, Uiltrasporti e Ugl, solo ’congelata’ in attesa dell’esito dell’incontro di mercoledì. “E’ stato necessario minacciare la mobilitazione per farci convocare” e, dicono le tre sigle, “ci auguriamo – aggiungono che ciò non debba più ripetersi e che il pieno coinvolgimento della rappresentanza sindacale dei lavoratori sia vero e non effimero, diversamente, la prossima volta non faremo sconti sulla mobilitazione”.
Ma ora l’attenzione si sposta sulle questioni di merito. E lungo è l’elenco delle questioni che mercoledì i sindacati metteranno sul tavolo: proroga del prestito ponte, “al momento sostegno fondamentale per la nostra compagnia di bandiera, stato di avanzamento dei lavori di individuazione del partner straniero, contenuti delle offerte, vincolanti e non, ricevute dai commissari straordinari, piano industriale elaborato da FS e prospettive reali di investimenti e di sviluppo in termini occupazionali, regole di sistema del settore, tra le quali la conferma anche per il 2019 del finanziamento del Fondo di solidarietà del trasporto aereo e della legislazione di sostegno per il contrasto al dumping contrattuale.
INVESTITORI – “Ci aspettiamo di sapere se sono stati trovati investitori, se è stato individuato il partner industriale, se l’Antitrust si è espressa sul progetto di rilancio, quale sarà l’effettivo ruolo di Fs e attendiamo rassicurazioni rispetto alla salvaguardia dei livelli occupazionali e di reddito delle lavoratrici e dei lavoratori” dice il segretario generale della Fit Cisl, Salvatore Pellecchia. E ammonisce: “Ribadiamo che in questa vicenda le fughe in avanti non servono a nessuno e di sicuro non giovano alle lavoratrici e ai lavoratori, i quali in questo periodo di commissariamento ce la stanno mettendo tutta per portare l’azienda in acque sicure”.
Anche l’Anp, l’Associazione Nazionale Piloti, “accoglie favorevolmente l’incontro di mercoledì 12 presieduto dal ministro Di Maio” e lo giudica, dice il presidente Marco Veneziani, “determinante per la compagnia e per il futuro progetto industriale”.