“La dote per le nozze è bassa”

Violentata dal fidanzato e dai suoi amici, poi bruciata viva

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Si erano conosciuti sui social media. Lui, Ajoy Rudrapal, si era presentato a casa di Fatima, nome di fantasia, per chiedere la sua mano ai genitori.

Durante quell’incontro era stata pattuita la somma di denaro riguardante la dote di Fatima e stabilita la data delle nozze.

Tutto sembrava seguire il proprio corso ma i ragazzi, ventitré anni lui e diciassette lei, non hanno atteso il giorno del matrimonio. Sono fuggiti dalle rispettive case d’origine ed hanno cominciato a vivere insieme.

Quella che sembrava una fuga d’amore si è però ben presto rivelata per Fatima una trappola mortale. Da quel momento in poi è cominciato per lei un lungo e doloroso calvario fatto di sofferenze psico-fisiche culminate con una morte atroce.

Ajoy Rudrapal, “promesso sposo” voleva punirla poiché i genitori della ragazza non potevano dargli la somma pattuita per la dote. Erano impreparati ad affrontare quella spesa, tuttavia, lui non voleva sentire ragioni. Voleva più soldi. Se quel matrimonio si doveva fare, la famiglia avrebbe dovuto corrispondergli il doppio della somma offerta come dote.

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La madre della ragazza ha detto al Times of India: "Venerdì sera abbiamo pagato sua madre (del signor Rudrapal) Rs 17.000 all’ISBT di Chandrapur, ma non era felice e ci ha avvertito di pagare l’intero importo se volevamo rivederla. Il giorno dopo ci hanno informato che era stata data alle fiamme e trasferita in ospedale”.

In realtà sin dal primo giorno della convivenza, Ajoy Rudrapal ha dato libero sfogo alla sua malvagità. Ha cominciato a violentare Fatima, poi ha invitato i suoi amici a fare lo stesso e alla fine, quando ha esaurito ogni voglia sessuale, ha cercato un’emozione più forte: le ha dato fuoco, l’ha bruciata viva.

I vicini di casa, attratti dalle urla strazianti della ragazza, hanno chiamato i soccorsi. Un’ambulanza l’ha trasportata all’ospedale Govind Ballabh Pant di New Delhi ma per lei, che aveva il 90% di ustioni sul corpo, non c’è stato nulla da fare.

Subito dopo averle dato fuoco, l’assassino, Ajoy Rudrapal, ha chiamato la madre di Fatima sostenendo che sua figlia aveva tentato il suicidio dandosi fuoco - riferisce Telegraph India.

In ospedale, dove al momento del ricovero della ragazza si trovavano anche l’aguzzino e sua madre, molte persone si sono radunate seguendo con trepidazione le sorti della giovane e, alla notizia della sua morte, hanno tentato di aggredire entrambi. Solo il tempestivo intervento della polizia ha evitato il loro linciaggio.

Ora si viene a sapere che già da tempo, la famiglia della ragazza, aveva denunciato agli organi competenti il sequestro della figlia, senza tuttavia ottenere alcun tipo di assistenza.

Alla fine di tutto, ciò che resta è che Fatima è morta tra atroci sofferenze.

Non è andata molto meglio a una donna di venticinque anni che viveva nel villaggio di Unrao, nello Stato centrale dell’ Uttar Pradesh.

Lo scorso marzo 2019 era stata violentata da due uomini del suo stesso villaggio che avevano anche ripreso in un filmato le scene della violenza.

La donna aveva coraggiosamente denunciato i suoi aggressori ma mentre andava al processo, il 5 dicembre, i suoi due aguzzini, accompagnati da altri tre uomini, l’hanno cosparsa di benzina e le hanno dato fuoco.

Oggi è ricoverata in un ospedale specializzato di Lucknow in prognosi riservata per le gravi ustioni riportate sul 70% del corpo.

Per tentare di arginare il dilagante e pericoloso fenomeno degli stupri, il commissario Bhaskar Rao, responsabile della Polizia di Bengaluru, ha lanciato un appello a tutte le donne affinché scarichino sui loro smartphone l’app Suraksha, elaborata e lanciata appunto dalla Polizia nel 2017.

Si tratta di una piattaforma che, grazie alla geolocalizzazione, una volta ricevuta la segnalazione di una situazione di pericolo, permette agli agenti dei team noti come Pink Hoysala, di intervenire in nove minuti sul luogo, ma di certo si tratta di una misura inadeguata a fermare i criminali e la popolazione è veramente stanca di restare soggiogata da questi scellerati assassini.

La condizione delle donne in India, delle bambine indiane è davvero agghiacciante. Ogni limite è stato superato al punto da far accettare anche una giustizia sommaria come quella fatta qualche giorno fa a Hyderabad.

Facciamo qualche passo indietro. È mercoledì, 27 novembre, 2019.

Quattro criminali, due camionisti e due addetti alle pulizie tutti tra i venti e i ventiquattro anni, sgonfiano le gomme del motorino della ventisettenne veterinaria Priyanka Reddy, si allontanano. Quando la ragazza arriva si fanno vedere, si offrono di aiutarla.

Da quel momento la donna è trascinata in un’area abbandonata. È violentata, strangolata a morte e subito dopo il suo corpo viene dato alle fiamme e scaricato a circa trenta chilometri di distanza.

Le video camere di sorveglianza riprendono ogni cosa.

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Giorni fa i quattro indagati, sono stati riportati sul luogo del delitto per prendere parte a una ricostruzione della scena del crimine ma tutti e quattro sono stati colpiti a morte dagli agenti di polizia.

Prakash Reddy, un vice commissario di polizia a Shamshabad, ha dichiarato: “Al mattino, verso le 6-6.30, i poliziotti che si occupano del caso sono tornati sul luogo del delitto per ricostruire la scena del crimine assieme agli accusati che improvvisamente hanno cercato di strappare le armi facendo scoppiare uno scontro a fuoco. Nella sparatoria tutti e quattro gli accusati sono morti. Due poliziotti sono stati feriti”.

Questa rilasciata dal vice commissario, è la versione ufficiale ma, sin da subito, in molti hanno pensato ad un omicidio extragiudiziale da parte della polizia, cosa abbastanza frequente in India. La polizia indiana è, infatti, stata spesso accusata di omicidi extragiudiziali, chiamati “encounters” , in particolare nelle guerre di gang a Mumbai e insurrezioni nello stato del Punjab e nel contestato Kashmir. Gli agenti di polizia coinvolti in tali omicidi sono stati chiamati “specialisti degli encounters” e sono stati anche oggetto di numerosi film.

Qualunque sia la verità, la famiglia della vittima dello stupro ha accolto favorevolmente la notizia: “Sono passati dieci giorni dal momento in cui è morta mia figlia. Esprimo la mia gratitudine nei confronti della polizia e del governo per come è andata a finire. L’anima di mia figlia finalmente riposa in pace ora ”, ha detto il padre della donna all’agenzia di stampa indiana ANI.

Amnesty International India è prontamente intervenuta, attraverso il suo referente Avinash Kumar, dicendo che “ le uccisioni extragiudiziali non sono una soluzione per prevenire lo stupro. In una società moderna e rispettosa dei diritti, usare esecuzioni extragiudiziali per offrire giustizia alle vittime di stupro non è solo incostituzionale, ma aggira il sistema legale indiano e stabilisce un precedente gravemente sbagliato. Un’indagine indipendente è essenziale”.

“Ai sensi del diritto internazionale, le esecuzioni extragiudiziali, arbitrarie o sommarie e le sparizioni forzate sono severamente vietate. Il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui l’India è parte, vieta la privazione arbitraria della vita e garantisce il diritto a un giusto processo”, ribadisce nella nota Amnesty International.

Di fatto però, la popolazione indiana è da tempo agguerrita per una serie di efferati omicidi a sfondo sessuale che sconvolgono tutto il Paese. La morte di Priyanka Reddy ha semplicemente avuto una risonanza maggiore rispetto alle tante altre che spesso, pur rasentando gli stessi livelli di atrocità, passano addirittura inosservate.

Ed è per lei, ma anche per dare giustizia alle tante altre vittime, che una folla rabbiosa era scesa in piazza, nei giorni successivi alla morte di Reddy, chiedendo – assieme a parte dei politici indiani – l’impiccagione immediata o quantomeno la castrazione per quei quattro accusati: Mohammad Areef, Jollu Shiva, Jollu Naveen e Chintakunta Chennakeshavulu.

Jaya Bachchan, una deputata ed ex attrice di Bollywood, sostenitrice dei diritti delle donne, è stata tra coloro che hanno parlato: “So che può sembrare una scelta difficile, ma persone come queste dovrebbero essere lasciate in mezzo al pubblico e linciate”, ha detto in Parlamento, chiedendo di sapere come il governo indiano ha intenzione di migliorare la sicurezza delle donne e proteggerle dalle violenze sessuali.

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Di certo in India gli atti di violenza contro le donne aumentano in maniera significativa col passare del tempo.

Si pensi chela polizia nel paese ha registrato 33.658 casi di violenza sessuale nel 2017, secondo i dati ufficiali più recenti disponibili – una media di 92 al giorno -, ma si ritiene che la cifra reale sia molto più elevata in quanto molte donne in India non vanno alla polizia per paura di ritorsioni. Dei crimini commessi solo una bassa percentuale, intorno al 30% sono condannati, nonostante le manifestazioni che chiedano sicurezza e certezza della pena per i colpevoli.

Di recente sono state intraprese azioni legislative che raddoppiano le pene detentive per gli stupratori fino a venti anni e che rafforzano anche il contrasto contro il voyeurismo, lo stalking e il traffico di donne. I parlamentari indiani hanno anche votato per abbassare a sedici dai diciotto anni l’età in cui una persona può essere processata da adulto per crimini atroci.

Dopo l’uccisione dei quattro stupratori Asha Devi, la madre della donna conosciuta come Nirbhaya, morta nel noto stupro di gruppo del 2012 su un autobus a Delhi, ha dichiarato ai media indiani di essere “estremamente soddisfatta di questa punizione. La polizia ha fatto un ottimo lavoro e chiedo che non si debba intraprendere alcuna azione contro il personale di polizia”.

Allo stesso modo sui social media, molti indiani hanno espresso soddisfazione per le azioni della polizia e nella zona di Hyderabad hanno lanciato petali di rosa sugli agenti che hanno sparato ai sospettati.

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La verità è che Amnesty International non riesce a parlare al cuore straziato di quei genitori che hanno visto morire le proprie figlie in modo così atroce.

Non ci sono spiegazioni. Non ci sono parole che consolano. La morte di quei criminali ripristina forse un equilibrio di giustizia, anche se non placa il dolore.

Di sicuro, resta che il governo indiano ha ancora tanto da fare per garantire la sicurezza delle donne e per prevenire il fenomeno.

Gianmatteo Ercolino

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