“STORIA DI STORIE DIVERSE” - XXXI

Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione

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cms_20039/Foto_1.jpg“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana.

Si affronteranno anche problematiche più generali del sistema scolastico da una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.

È accaduto ciò che si temeva: insegnanti e alunni della mia scuola sono risultati positivi. I loro nomi non si conoscono e su questo si rumoreggia, c’è polemica relativamente ad una ipotesi di tracciamento: ciascuno di noi, infatti, si è chiesto se sia entrato fortuitamente in contatto con questi colleghi anche in corridoio, ad esempio.

Conosco solo un nome ma la scoperta è stata del tutto casuale: mentre passeggio per la città, con l’intento di godermi uno dei rari momenti di vita al di fuori del mio appartamento, saluto una mia collega di scuola materna che vedo affacciata al balcone. Sento che è preoccupata e, pur essendo lontana, si apre e mi confessa, con voce rotta, che è positiva. Appresa la notizia avverto sconcerto e mi chiedo cosa possa fare per lei. Mi racconta di questo piccolo e ormai diffuso dramma, dell’essere isolata dalla famiglia, nella sua stessa casa. Mi comunica che anche sua figlia si è ammalata, che non può abbracciare il figlio piccolo e che deve indossare sempre mascherina e guanti. Mi congedo da lei sentendomi abbastanza inutile e impotente ma certa di essere entrata in contatto con una realtà drammatica, ormai vissuta da un gran numero di persone.

Data la scarsità dei rapporti sociali in questo periodo, mentre ero per strada, scorgendola ho scelto intenzionalmente di fermarmi per salutarla, felice di poter scambiare qualche parola con lei dato che, da alcuni giorni, sono letteralmente barricata in casa a studiare e preparare le lezioni per la didattica a distanza.

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Nessuno riconosce, in alcun modo, quanto stanno lavorando gli insegnanti da marzo e quanto fossero impreparati a gestire una didattica digitalizzata su piattaforme educative.

Lavoro a ritmi impossibili e fino a tarda sera: è molto più facile preparare materiali per una lezione in presenza, che comunque offre tanti diversivi, che farlo per una lezione a distanza con una alunna, Virginia (nome di fantasia), la quale è iperattiva e soffre di un disturbo molto grave nell’attenzione. Due condizioni che, unite, rendono estremamente difficoltoso il lavoro in presenza, immaginiamo attraverso uno schermo dove le possibilità di riuscire a interessare l’alunna, senza un’interazione diretta, sono molto più ridotte.

Mi stupisco di come, in qualche modo, riesca ad esserle vicina come insegnante mantenendo il contatto con lei da un punto di vista affettivo e guidandola a procedere nel percorso di apprendimento. Ieri abbiamo esultato insieme - io, l’alunna ed il genitore che le è accanto - per avere completato tre schede dopo la lunga e spontanea conversazione che normalmente precede l’inizio della lezione e che è necessaria allo sviluppo del linguaggio orale e all’estensione del lessico.

Mentre cerco di parlarle attraverso uno schermo, Virginia si muove in continuazione, tocca gli oggetti più diversi, si alza e va a prenderli. Sembra non riuscire a stare ferma: il suo è un moto perpetuo e tende all’evitamento del compito. È una fatica riuscire a farla stare seduta e creare un’interazione proficua. Le minacce non ottengono alcun effetto se non quello di renderla ancora più oppositiva e meno motivata.

Non riesce ad ascoltarmi se devo leggere una storia e non riesce a raccontarla lei stessa. Leggere e scrivere, anche frasi semplici e brevi, è una grande fatica e sembrano quasi attività di livello complesso mentre io con cura seleziono le schede che raffigurano ciò che le frasi esprimono, affinché sia la lettura che la comprensione siano agevolate. A volte mi rendo conto che lei lavora con grande motivazione solo se il formato grafico della scheda e i suoi contenuti sono perfettamente adatti al suo livello di difficoltà. Un livello di difficoltà anche di poco superiore determina un rifiuto in lei se, ad esempio, c’è una maggiore confusione grafica nella scheda o se essa contiene più parole di quante è in grado di leggere.

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Insegnare è un continuo apprendimento, anche dopo tanti anni di esperienza alle spalle. Ogni alunno disabile - parola che non amo - è un universo a sé, ha la sua patologia, le sue problematiche a livello cognitivo, le sue difficoltà nel linguaggio. Proprio come Virginia, il cui modo di esprimersi non è comprensibile ed è addirittura fermo alla parola frase: omette articoli e verbi, non usa aggettivi e le sue proposizioni sembrano aver perso parti di significato lasciando l’interlocutore nello sgomento di non comprendere.

Il lavoro che viene svolto sul linguaggio è molto impegnativo, non risulta, non è scritto ma io lo svolgo costantemente con Virginia. Estendiamo la frase partendo dalla parola che lei pronuncia, correggiamo la pronuncia ripetendo le parole in cui lei, sistematicamente, omette delle lettere, correggiamo quelle espressioni che hanno un’origine più dialettale e soprattutto lavoriamo affinché il suo modo di esprimersi sia comprensibile agli altri, altrimenti la relazione sarà ostacolata.

È un lavoro che io svolgo con intenzionalità e di cui lei non se ne accorge perché, per fortuna, ama conversare, è molto comunicativa e ha sempre tante cose da dirmi con spontaneità ed entusiasmo.

È un lavoro di cui sono orgogliosa e che dà risultati non troppo vistosi. Ne conosco i retroscena e sono consapevole dell’impegno profuso.

Vincenza Amato

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