“CUORI SELVAGGI”, GRANDE ATTESA PER LA 34^ EDIZIONE DEL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO

Intervista al vicedirettore del Salone e all’autore del manifesto

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Grande attesa per il Salone Internazionale del Libro di Torino, che, dopo l’esperienza dello scorso ottobre – allestita eccezionalmente in autunno a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19 – torna in presenza, dal 19 al 23 maggio. Nei padiglioni del Lingotto Fiere torneranno a incontrarsi l’editoria italiana, i protagonisti della letteratura nazionale e internazionale e la comunità di lettori e lettrici. “Cuori selvaggi”: questo è il titolo della 34^ edizione (e il manifesto).

"Il Salone Internazionale del Libro di Torino torna a maggio, dopo il successo dell’edizione autunnale, ritrovando la sua consueta ciclicità e riunendo editori, librai, bibliotecari, autori e lettori: una comunità coesa e appassionata, felice di ritrovarsi nei padiglioni del Lingotto” ha sottolineato Silvio Viale, Presidente dell’Associazione Torino, la Città del Libro.

“Trentaquattro anni e non sentirli. Il Salone Internazionale del Libro di Torino è giunto infatti alla XXXIV edizione con l’entusiasmo di un giovane adolescente: le sfide affrontate negli anni lo hanno reso più energico e vitale che mai. “Wild at heart”, Cuore Selvaggio, si intitolava un celeberrimo film di David Lynch e “Cuori Selvaggi” si intitola questa edizione del Salone del Libro. Non un cuore soltanto, ma tanti cuori quanti sono quelli che, ogni anno, lo aspettano e lo amano senza riserve, e poi selvaggi perché liberi e senza confini, proprio come senza confini saranno i temi e gli ospiti che animeranno il Lingotto e tutta Torino nei magici giorni del Salone” ha aggiunto Giulio Biino, Presidente della Fondazione Circolo dei lettori di Torino.

“Confidiamo nei cuori selvaggi perché sconfiggano il selvaggio nei cuori. Crediamo, cioè, ci sia bisogno di pensieri audaci, di slanci in avanti, nel nome della pace e dell’amicizia tra i popoli, del confronto costruttivo tra culture e generazioni, perché un mondo messo in difficoltà da due anni di pandemia, e minacciato adesso da odi e tensioni internazionali, possa risollevarsi e affrontare le sfide del futuro. Mai come quest’anno il Salone del Libro sarà il luogo dell’amicizia, della festa, del confronto pacifico tra idee e culture, e mai come quest’anno la città di Torino (tenendo conto degli autori e delle autrici straordinari che da tutto il mondo arriveranno in città a maggio) sarà il simbolo di come la cultura e l’espressione artistica possano insieme provare a immaginare, per il mondo, grandi idee e buone pratiche” ha dichiarato a sua volta Nicola Lagioia, direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino.

Abbiamo intervistato il vicedirettore del Salone, Marco Pautasso, e l’autore del manifesto, Emiliano Ponzi.

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Dopo la difficile realtà dell’emergenza sanitaria, il Salone Internazionale del Libro di Torino torna in presenza. Qual è l’elemento di novità che, rispetto agli anni precedenti, contraddistingue in particolare questa edizione?

cms_25951/Nuova-Foto_3.jpgGià nell’edizione “autunnale” si erano viste novità importanti che saranno confermate e ampliate.

Corridoi più spaziosi nello spazio fieristico, potenziamento dell’area esterna, caratterizzata da attività che accompagneranno il passaggio di collegamento tra i padiglioni storici e l’Oval e che occuperà quasi 17.000 mq.

Sarà di oltre 110.000 mq. la superficie complessiva del Salone, tra interno ed esterno; un record. Tornerà inoltre il Right Center, lo spazio per la vendita dei diritti editoriali.

“Cuori selvaggi”: come mai questo titolo?

Dopo due anni di forzata resilienza dovuta all’emergenza sanitaria si intendeva, pur in un momento di grande inquietudine, lanciare comunque un messaggio di speranza, e rimarcare la necessità di slanci coraggiosi verso il futuro, di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di proiettarsi senza paura verso l’altrove, nella consapevolezza che conoscerlo vuol dire aprire sentieri non ancora battuti.

Questi due anni di isolamento ci hanno portato a riscoprire la lettura; può esserci, secondo lei, un ritorno al libro cartaceo?

I dati di vendita nelle librerie e di prestito nelle biblioteche sembrerebbero dimostrare questo. Il libro non solo ha resistito ma ha acquisito forse un nuovo ruolo nella dieta culturale degli italiani. Ha rappresentato per molti una forma di evasione ma anche la sola possibilità per far emergere le domande più profonde e trovare le risposte che un’esperienza collettiva così traumatica può suscitare.

Se dovesse scegliere tre nomi, quali sono i tre autori che consiglierebbe di leggere ad un adolescente che muove i primi passi verso la letteratura?

Robert Westall (“La grande avventura”), Jerry Spinelli (“Stargirl”), Marie-Aude Murail (“Oh, boy”).

Quest’anno il Salone compie trentaquattro anni: c’è qualche edizione che ricorda con particolare nostalgia o tenerezza, e perché?

Sono tante, se non tutte. Ma il mio pensiero va al 2004, all’emozione provata alla mia prima edizione, che coincise anche con il debutto del Salone Off, un unicum tra le bookfair, un progetto di apertura consapevole e responsabile verso il territorio, per promuovere partecipazione e fare del libro anche uno strumento di coesione e inclusione sociale.

A sostegno del popolo ucraino verrà allestita al Lingotto, la Casa della Pace, in cui oltre a essere ospitate e supportate le tante iniziative umanitarie attivate pro Ucraina. Può darci qualche anticipazione sul programma e sugli ospiti illustri, invitati a dare il loro contributo?

cms_25951/Foto_4.jpgIl programma è ancora giocoforza un work in progress, anche perché la Casa della Pace è uno spazio pensato da poco tempo, dopo lo shock causato dall’esplosione della guerra in Europa. Sarà un luogo in cui ospiteremo le tante iniziative umanitarie attivate in queste settimane pro-Ucraina, dove organizzeremo incontri pubblici incentrati sulla pace e sul dialogo tra culture e dove troverà posto una libreria tematica, curata dal Consorzio Librai Indipendenti di Torino, con testi dedicati a questi temi e con una selezione della migliore letteratura ucraina. Sarà anche uno spazio dove i tanti visitatori del Salone potranno lasciare un proprio pensiero o messaggio di pace.

Da semplice lettore, come sceglie i libri da approfondire e qual è stato l’ultimo testo che ha letto?

Cerco di tenermi informato leggendo i supplementi letterari dei maggiori quotidiani nazionali, le riviste specializzate, anche internazionali. Sto leggendo “La Russia di Putin” di Anna Politkovskaja, ripubblicato recentemente da Adelphi dopo quasi vent’anni. Un libro che, ahimé, riletto a distanza di anni, appare profetico.

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Cosa ha provato dopo aver saputo di essere stato scelto per illustrare un evento così importante e com’è nata la scelta del manifesto che accompagna il Salone del Libro?

cms_25951/Emiliano_Ponzi.jpgSicuramente un grande onore accompagnato da un senso di responsabilità. Realizzare l’immagine leader per una manifestazione così importante e sentita richiede dei ragionamenti perché necessita di essere un oggetto inclusivo che deve raccontare tante cose. Il mio obiettivo è sempre quello di lavorare su forme e contenuti che siano coerenti con i temi trattati ma che possano vivere in maniera indipendente. Cerco un rapporto con l’osservatore, un dialogo dove io delineo una parte della storia che viene poi continuata da chiunque veda l’illustrazione. In questo senso l’immagine tende ad essere più universale possibile senza però perdere di forza o significato.

Quanto tempo ha impiegato per realizzarlo?

La parte di progettazione è stata la più lunga, cercare tante angolazioni attraverso cui guardare il tema per declinarlo in maniera diversa. Non c’è mai solo un modo per decodificare un concetto e trasformarlo in un’immagine ma ce n’è uno, nelle opzioni possibili, che funziona meglio degli altri. Tra le diverse proposte presentate questa è sicuramente quella che mi convinceva di più ma in fase di scelta ho atteso che la decisione fosse presa da chi doveva sentirsi rappresentato. Sono contento che ci siamo incontrati e che gli intenti siano arrivati a destinazione. La fase di colorazione è stata più veloce perché avevo già in mente l’effetto finale e non succede sempre.

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Di solito, un illustratore vede subito la ‘lampadina’ accesa oppure non è affatto semplice realizzare un’idea attraverso un disegno?

Dipende, possiamo vedere la lampadina accesa e poi renderci conto che non era una lampadina ma un fiammifero. E si esaurisce in fretta. Ogni intuizione va testata per capire se ha la forza e le caratteristiche per diventare un progetto. Capita che anche l’idea migliore, una volta messa a terra, semplicemente non funziona.

Di base non è cosa facile trasformare le parole (perché partiamo sempre da quelle) in un’immagine perché nel passaggio di forma (come passare da solido a liquido) tutti gli elementi più importanti devono esserci. È un atto di sintesi e mai di semplificazione; la semplificazione si applica successivamente, alle forme o alle sfumature, ma non ai concetti. Sono proprio i concetti, infatti, le fondamenta su cui si costruisce l’illustrazione.

Teresa Lanna

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