‘Allelujah’, Donald Trump
Gli eredi di Leonard Cohen, pronti a denunciare il presidente degli Stati Uniti

Si allunga la lista dei musicisti che non gradiscono vedere i loro brani sfruttati a scopo politico, soprattutto se a farlo, è un personaggio che porta il nome di Donald Trump. Ancora una volta, il Presidente degli Stati Uniti d’America e il Repubblican Party, sono finiti al centro delle polemiche per l’utilizzo di una canzone senza alcuna autorizzazione da parte della casa discografica, autore o erede dell’artista. Così come già era capitato ai Rolling Sone, agli eredi di Tom Petty e a Neil Young (per citarne solo alcuni), anche la voce di Leonard Cohen, ad insaputa degli aventi diritto di autore, si è ritrovata venir fuori dall’impianto audio della struttura in cui è stata ospita la convention repubblicana di venerdì sorso in vista delle presidenziali del prossimo 3 novembre.
Il brano finito sul tavolo della discussione, è Hallelujah. “Siamo sorpresi e sconcertati dal fatto che la convention abbia trasmesso il brano nonostante avessimo specificamente rifiutato la loro richiesta, così come dal tentativo sfacciato di sfruttare e politicizzare Hallelujah, una delle canzoni più importanti del catalogo di Cohen”, ha detto Michelle L. Rice, rappresentante legale della Cohen Estate. Stiamo parlando di una pietra miliare della musica internazionale. È un’icona per tanti musicisti che, appropriandosene per incidere versioni con arrangiamenti abbastanza distanti musicalmente dall’originale pubblicata nel 1984, ne hanno dato lustro, facendola entrare nella lista delle 500 canzoni migliori di sempre.
Dopo l’uscita del singolo, infatti, lo stesso Cohen, non essendo contento del lavoro fatto, ha lavorato molto per dare la giusta dimensione a una canzone che in prima battuta può sembrare una celebrazione di Dio, ma le diverse reinterpretazioni ne danno un significato diverso; come la versione del 1991 del compianto Jeff Buckley (cover della cover di John Cale), in cui affermava che “chiunque ascolti chiaramente Hallelujah scoprirà che è una canzone che parla di sesso, di amore, della vita sulla terra. L’alleluia non è un omaggio a una persona adorata, a un idolo o a Dio, ma è l’alleluia dell’orgasmo. È un’ode alla vita e all’amore”.
Pertanto, considerati i pilastri trumpiani, «Dio, patria e denaro», al di sopra del popolo, non vedo alcun nesso tra il significato del capolavoro del cantautore canadese, morto nel 2016, e gli ideali del Tycoon residente alla casa bianca. “Se avessero chiesto un’altra canzone, You Want It Darker, per cui Leonard ha vinto un Grammy postumo nel 2017, forse avremmo accettato”, ha aggiunto Michelle Rice che annuncia nel comunicato stampa di valutare “le opzioni legali” per una denuncia. Insomma, la campagna elettorale si chiude tra un paio di mesi e fino a quel momento, ne son sicuro, ne sentiremo ancora delle belle su chi ha deciso di “rendere di nuovo grande l’America” alzando barriere sociali e aumentando i dazi doganali.
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