“LA SPOSA DI BUDDHA”
CAPITOLO VI - ARJUNA IL GUERRIERO

Non ci sono stelle, né luna, nel cielo di Delhi. Arjuna, il guerriero della morte, mi sorprende alle spalle, puntandomi una spada nella gamba, poi nel braccio. Infine, mi colpisce alla testa, ma con dieci, e cento, e mille spade che trafiggono la mia debole carne. Mi avvicino rapidamente verso la luce bianca della stanza d’ospedale. Più intensa è la luce e più forte è il dolore. Ma mi chiedo: come si fa a predicare la rinuncia, quando la vita stessa, con le sue richieste implacabili, ci getta in braccio al peccato? Non c’è dunque conflitto tra le ingiunzioni della religione e della mistica e i doveri sociali? Sunil direbbe a questo proposito che l’atman che abita in fondo a ciascun uomo, amico o nemico che sia, è uguale in tutti. Infatti, colpendo i corpi, privando della vita i propri nemici, il guerriero non commette peccato, perché egli è un guerriero. Ciascuno deve fare il proprio dovere, stabilito sin dalla nascita. Peccherebbe invece colui che, non già uccidendo i nemici, ma abbandoni il campo, perché questo sarebbe da vigliacchi, e lo coprirebbe di vergogna. L’importante è compiere il proprio dovere. L’azione non si può evitare, visto che la vita stessa è incessante azione, facendo attenzione ad agire senza odio, affinché le passioni non siano il celato movente.
TAMIL NADU 1965
Siamo tutti in un campetto, che giochiamo in una pozzanghera d’acqua, fino a sporcarci i piedi, e i vestiti. Ridiamo, perché il nostro è un bel gioco. Randa, il più grande della banda, mi tira una pietra; per lui è un gioco ma mi prende un piede, ed io mi ferisco perché non ho le scarpe. Piango, poi mi asciugo gli occhi con un lembo del vestito sgualcito e mi siedo. Raccolgo la pietra e scavo con una mano una fossa, cercando qualcosa. Gli altri bambini si siedono accanto a me, perché sanno che gli sto per raccontare una storia. “Sarebbe bene osservare un diverso atteggiamento, verso le cose che non ci sono più. - dico loro - Se puntiamo la nostra attenzione su un terreno incolto, noteremo rami e foglie secchi caduti, altri in putrefazione. Ma cosa c’è dentro e sotto il terreno, secondo te, Randa?”.
Randa fa un sospiro. Egli è intelligente e, come tutti i bambini, è curioso. Mi risponde cercando con la mano tra la terra qualcosa. “C’è dell’altra vita che sta per nascere: muschio, funghi, piccole erbe e germogli, insetti e scarafaggi”. Randa ride, e tutti ridiamo divertiti. Ed io che sono la maestra e Randa che è il maestro, parliamo di quello che sappiamo sugli insetti. A turno ognuno, dicendo la propria opinione, diventa un maestro per l’altro. “…E in ogni cosa che finisce vi è l’inizio di qualcos’altro, in quanto la morte è complementare alla nascita” aggiungo infine.
IL MIRAGGIO DI ASCLEPIO
I fenomeni non hanno esistenza intrinseca, come anche i miraggi. Solo dopo aver distrutto le armi dell’attaccamento, riusciremo a superare le visioni della morte, ed ogni paura sarà sparita. (Buddha)
“Asclepio è un personaggio realmente vissuto, un medico molto rispettato a cui, dopo la sua morte, vennero attribuite proprietà divinatorie, e in tutta la Grecia vennero eletti dei santuari a lui dedicati. Il più famoso tempio si trova a Epidauro, dove i malati venivano messi in incubazione su dei lettini con speciali tecniche, affinché fosse favorito il sogno profetico. In questo tempio venivano indotte visioni oniriche, ed erano in molti quei fedeli che si recavano in pellegrinaggio, per avere l’occasione di incontrare il leggendario medico, ed avere una visione volta a sanarli”. Questa è una delle tante storie che mi raccontava mia madre mentre mi sistemava le coperte e mi teneva compagnia ogni sera, affinché mi addormentassi tranquilla.
Potrei andare ad Atene, alla ricerca di Asclepio e del mio sogno di guarigione. Oppure a Lourdes, laddove non è necessario ricercare un dio in un sogno, e ci si può immergere nell’acqua della grotta, sperando nel miracolo. Oppure, potrei andare a San Giovanni Rotondo per pregare il Santo italiano. Ma io non credo nei miracoli e morirò come è scritto nel mio karma, come tutti. Senza chiedere sconti di giorni perché tanto, prima o poi, tutti dobbiamo lasciare questo posto. “Sai, madre - le dico poi - per ottenere una guarigione da una grave malattia, gli indigeni americani hanno le loro idee in merito alla stregoneria. Fra le tribù Apache, Navajo e Pueblo, circolano molte storie sulle guarigioni e sugli incantesimi, ma soprattutto riguardo a certe malattie e catastrofi, che si ritiene siano provocate per mezzo di sistemi magici. Tu credi alla magia?” le chiedo in ultimo. “Molti indiani del sud-ovest sono convinti che assolutamente chiunque possa essere una strega e guarire o danneggiare gli uomini, a proprio piacimento” aggiungo, guardandola negli occhi.
Nessuna risposta, e fingendo di non aver sentito i miei discorsi sulle streghe, mia madre continua a parlare a bassa voce. Menziona di una certa Ambrosia di Atene, che rise di alcune guarigioni, poiché riteneva inverosimile che lo zoppo e il cieco potessero guarire solo grazie ad un sogno.
“Nel sonno Ambrosia ebbe una visione. Il dio le stava accanto, le diceva che l’avrebbe sanata, ma in cambio lei avrebbe dovuto offrire al tempio un maiale d’argento. E questo a memoria della sua ignoranza e di tutti i suoi dubbi. Dopo aver detto ciò, Asclepio le incise l’occhio malato, e vi versò un farmaco. Al risveglio, Ambrosia fu sanata”.
“Madre, dammi una carezza - pensai, mentre parlava di queste cose - e dormirò bene questa notte”. Ella mi dette un bacio e andò via chiudendo la porta della camera alle sue spalle.
Le immagini seguivano l’ordine cronologico della mia vita, ed erano straordinariamente vivide.
Mia madre si chiama Marsela Nugnes. Una donna dai morbidi capelli neri, minuta e pallida come una bambolina di bisquit. Marsela si era presa cura di me e mi ha cresciuta con tutto l’affetto che una mamma sa dare. Di lei rivedo tante cose. Era una pia donna di origine spagnola, nata in Italia anche lei adottata e mio padre poliziotto italiano, morto troppo presto sul campo. La fede di Marsela era infinita e pregava sempre con il suo rosario nero tra le mani, trovando infiniti spazi durante la giornata per recitare i misteri. Una volta le chiesi se avesse timore della morte. Mia madre mi rispose che ognuno di noi muore come ha vissuto e chi ha vissuto bene la propria vita non ha timore di morire. Marsela si preparava all’ultimo viaggio, sperando di incontrare il viso di Gesù. Mi raccontava che in Spagna si prega la morte, e vi si affidano i criminali e i delinquenti. La Santa Morte è anche la protettrice dall’omofobia, e dalle intolleranze razziali. “La morte in quei posti è vista in grande considerazione, ed è percepita come una presenza benevola, a cui si attribuiscono grandi poteri e si ricerca la sua protezione. Se la si offende, potrebbe prendere la vita di una persona a noi cara, poiché è gelosa e bisogna votarsi solo a lei”. E mentre mia madre mi diceva queste cose, si faceva rapidamente il segno della croce, aggiungendo altri particolari al suo racconto minuzioso. Marsela mi parlava di questi fatti stringendo tra le mani il suo rosario, e ritornava presto a recitare i misteri. Ma ognuno crede in ciò che vuole e a seconda che sia nato in occidente o da altre parti del mondo, cambiano le regole del vivere o del morire. Io sono nata da una donna indiana e gli insegnamenti religiosi mi hanno fatto comprendere che arrivare alla consapevolezza della verità ci libera dalla sofferenza. Capire che tutte le cose sono impermanenti è la vittoria del bene sul male, che scaturisce dal desiderio di possesso. Il nostro vero nemico è l’attaccamento all’io. Neutralizzare questo attaccamento è un’impresa ben superiore per tutti i miracoli soprannaturali, reali o immaginari. So bene che ogni essere umano è costituito da una natura pura. Grazie a questa conoscenza, tutti gli uomini hanno il potere di liberarsi. Buddha indicò un sentiero proponendo dei metodi semplici, come offrire incenso, stare seduti con la schiena dritta o concentrarsi sulla respirazione; oppure con metodi facili come realizzare la visualizzazione e le meditazioni complesse. Questo fu il suo potere. Cristo, il figlio di Dio, invece, morì sulla croce, e ci insegna che bisogna amare il prossimo come se fosse un fratello. Buddha ci insegna ad essere compassionevoli. Ritengo che tutte le religioni contengano delle verità, e che nessuno di noi conosca tutte le risposte.
“Madre dimmi: secondo te, dove vanno a finire i defunti?”
“Il mondo astrale è il luogo dove risiedono i defunti, ed è anche il luogo dove le nostre anime sostano quando dormiamo. In un altro piano di esistenza del mondo astrale, i vivi captano i pensieri dei defunti dove essi vivono, e li fanno propri”.
Mia madre mi rispondeva e puliva le verdure, e sapeva tante cose, e conosceva tante verità.
“Il nostro corpo fisico è temporaneo. Vive per un periodo di tempo e poi si dissolve nell’universo, ma lo spirito è eterno e non si dissolve mai. La morte è un passaggio da questo mondo al mondo astrale”. E, mentre ascoltavo le sue parole, aspettavo che mi facesse una carezza, quasi a consolarmi. Questa era la sua maniera di dirmi che mi amava, e sebbene io fossi molto malata, mia madre non mi ha mai fatto sentire diversa da mia sorella Benedetta, che era invece una ragazza sana e forte. “Madre, promettimi un cosa: non mi dimenticare mai”. Marsela fingeva di non capire, e mentre mi raccontava una storia di due fratelli, mi accarezzava i capelli per esorcizzare le mie paure.
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