"INSIEME MA SOLI", ABUSO DI SOCIAL E GIOVANI DEPRESSI

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cms_28181/1.jpgC’è una stretta relazione tra il tempo trascorso sui social e l’alto rischio di sviluppare atteggiamenti depressivi. A stabilirlo ancora una volta sono un gruppo di scienziati che con le nuove patologie derivanti dal trascorrere troppo tempo con gli artefatti digitali e forme depressive, si rapportano orami da qualche anno. Una nuova revisione della letteratura scientifica condotta dalla Società Italiana di Pediatria (Sip) e pubblicata sull’International Journal of Environmental Research of Pubblic Health, basata sull’analisi di 68 ricerche condotte sul tema dal 2004 al 2022, ha riscontrato in 19 di esse, ovvero il 27% del totale, quella che gli specialisti hanno definito come un’«associazione significativa» tra depressione under 18 e uso di piattaforme come Facebook, Instagram e TikTok, solo per citare le maggiori tra di esse. Bambini e adolescenti più tempo passano sui dispositivi digitali, più potrebbero segnalare pericolosi livelli di depressione.

cms_28181/2_1667697173.jpgCiò che fa innalzare livelli di depressione su adolescenti e preadolescenti, collegati in egual modo ed egual misura a strumenti che incoraggiano una comunicazione digitale e dunque lontana dall’interlocutore, sarebbe la mancanza in particolare di interazioni sociali nel mondo reale; si aggiunga che anche quando si sviluppa un contatto faccia a faccia, lo smartphone rimane al centro della loro attenzione, rendendo di fatto l’incontro una comunicazione tra sordi. A complicare il quadro si aggiunga che l’influenza dei social crea disturbi sull’alimentazione a causa, per esempio, di un’esposizione incontrollata e senza filtro dei ragazzi alla commercializzazione su molte piattaforme del cosiddetto junk food e di stili alimentari non proprio ortodossi. Cyberbullismo e circolazione di materiale sessualmente esplicito sono inoltre altre due forme di devianza che, aggiunte alle precedenti, delineano un quadro non proprio esaltante dell’overdose da social media.

cms_28181/3.jpgDisintossicarsi è possibile attivando un clima di ascolto reciproco in cui non dover cercare rifugio nel proprio smartphone allorquando si presentano problemi o circostanze di poca comprensione reciproca. Il confronto tra generazioni inoltre potrebbe essere un buon antidoto contro la dipendenza digitale dei ragazzi.

Al di là delle potenziali soluzioni che possono mitigare il problema ma non risolverlo definitivamente, rimane la consapevolezza, come detto da Byung-Chul Han, di una “mancanza d’essere” tipico dell’io tardo-moderno, completamente isolato e sfruttato senza una parvenza di un dominio. Dirsi di sentirsi depressi spesso nasconde l’incapacità di sperimentare altre facoltà, come quella contemplativa, perché la società ci ha insegnato a essere altamente competitivi. Alla lunga però ciò genera stanchezza: «La stanchezza della società della prestazione è una stanchezza solitaria, che agisce separando e isolando» e il lavoro oggi genera soprattutto aspettative di gratificazione per se stessi, aspettative che non arrivano mai perché le aspettative sono sempre più alte. La depressione allora sarebbe il frutto di un continuo logorio su e di se stesso, su di un soggetto incapace di affidarsi agli altri perché nel mondo digitale l’altro è assente, in quanto «gli amici nelle reti sociali informatiche hanno soprattutto la funzione di incrementare l’autostima narcisistica. Costituiscono una massa plaudente, che dona attenzione all’Ego, esposto come una merce».

Andrea Alessandrino

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