ADORAZIONE DEI PASTORI - LUCA CAMBIASO

Arte e spiritualità

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Con gioia vi presento l’«Adorazione dei pastori» di Luca Cambiaso, dipinto del 1550 e conservato oggi alla Pinacoteca di Brera a Milano.

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Gesù è luce degli uomini: così l’evangelista Matteo presenta il Nazareno che inaugura la sua vita pubblica.

La luce che pervade il mondo intero è il simbolo che riassume in sé due aspetti fondamentali di Dio: la trascendenza, ovvero l’essere altro rispetto al mondo, e l’immanenza, cioè la sua presenza nella storia dell’uomo e nella creazione.

L’evangelista riprende l’immagine dal profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una gran luce».

Altrove lo stesso Isaia invita alla gioia e alla novità di vita: «Alzati, rivestiti di Luce, perché viene la tua luce».

Si tratta della luce delle nazioni che prefigura il Messia, e quella luce è proprio Gesù! Spesso infatti gli artisti hanno raffigurato Gesù come sorgente di luce, soprattutto nel soggetto della Natività: tra questi artisti si può annoverare anche il Cambiaso.

Maria e Giuseppe adorano il Figlio di Dio accompagnati da due pastori: il primo, in ginocchio, reca un agnello, mentre il secondo, in piedi, fa pensare più ad un angelo.

L’agnello, oltre ad essere dono per le necessità della Sacra Famiglia, prefigura la missione di quel bambino, ovvero dare la vita per la salvezza dell’uomo. «I pastori si stupirono»: bellissime parole, «stupore» e «meraviglia», tipiche dei bambini e indizio del sapere leggere i segni di Dio in tutti gli avvenimenti per poter affrontare la vita ogni giorno carichi di meraviglia.

È un atteggiamento che emerge anche dall’espressione assorta e dal gesto delle mani di Maria, che «Da parte sua, serbava tutto queste cose meditandole nel cuore».

Il brano del Vangelo ricorda che Maria e Giuseppe sono costretti a viaggiare a causa di un Cesare Augusto qualsiasi che ha ordinato un censimento da Roma.

Sta nascendo un re: Erode ha paura e cerca di ucciderlo mentre Augusto neanche viene raggiunto dalla notizia; in fondo, secondo la logica umana, un re povero non può essere un re.

Si può ben vedere il giaciglio alla buona che i genitori hanno preparato con della paglia per il bambino e per riscaldarlo possono permettersi solo un asino e un bue che appena si intravedono.

Immagina questa donna incinta che cammina con fatica nell’ultimo mese della gravidanza: il testo del Vangelo dice che per loro non c’è un posto onorevole, un posto adatto. Sono loro a doversi adattare.

Non è facile accogliere gli imprevisti della vita come delle opportunità, ma la sapienza sta nel trasformare il “purtroppo” in “nonostante”.

Da parte loro, Maria e Giuseppe non si sono lamentati, nonostante la loro vita – così come la nostra – ne offrisse motivo.

Ma se queste difficoltà diventassero una scala per salire, anziché per scendere?

Un’opportunità per volare, anziché per piangere su sé stessi?

Per danzare, anziché lamentarsi? Pensa a ciò che ti pesa di più: è proprio là, nel luogo della tua povertà e dove tu ti senti mancante che Dio vuole nascere e offrirti opportunità a cui non pensavi.

Povertà è anche notte.

La notte fa paura perché è scura, vorremmo che passasse presto e mentre ancora indugia cerchiamo delle luci. «Questa notte passerà o la faremo passare» dice De Gregori in «Bellamore».

La notte è il luogo dei ladri, è il tempo in cui ci sorprendono gli incubi.

Al centro il Verbo incarnato è raffigurato come una sorgente di luce che illumina tutto e tutti ed emerge sullo sfondo buio, illumina la notte.

Gesù bambino è la luce divina diventata storia umana per diradare le tenebre.

L’uomo può scegliere di vivere nelle tenebre, ma queste non gli permetteranno mai di vedere il cammino da percorrere e la meta da scegliere.

Incontrare Gesù significa farsi illuminare da Lui e poter scorgere il percorso del pellegrinaggio della vita e le possibili strade da percorrere, nonostante attorno rimanga il buio.

Grazie per l’attenzione e buona preparazione al Natale.

Alessio Fucile

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