AD UN BIVIO IL PROTOCOLLO CHE DIVIDE LA FIGC DAL GOVERNO

INTANTO CRESCE L’ATTESA PER IL CONSIGLIO FEDERALE CHE DECIDERÀ IL FUTURO DEL CALCIO

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Dopo due mesi circa di fermo calcistico - causa COVID-19 – non si sa ancora cosa ne sarà in Italia dei campionati professionistici. Sembra paradossale, ma è così. Indubbiamente la gravità di questo virus – sebbene ora sotto controllo - impone grande cautela perché c’è in gioco la salute degli atleti e di tutti coloro che gravitano attorno al mondo del calcio. D’altro canto, però, si può capire l’impazienza di chi, in virtù delle dichiarazioni sembrate talvolta altalenanti da parte del Governo, vorrebbe avere maggiori certezze sul futuro di questa stagione.

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In effetti, se da un lato il Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, aveva mostrato apertura verso il calcio - e gli sport di squadra in genere - concedendo l’autorizzazione agli allenamenti di gruppo, dall’altro aveva eretto una barriera quasi insormontabile con l’inserimento, nel protocollo, di alcune modifiche tra cui quella riguardante la quarantena di squadra nel caso in cui un tesserato risultasse positivo al coronavirus.

Si tratta di una decisione - per quanto rimessa in discussione dallo stesso Ministro Spadafora – pur sempre in controtendenza rispetto alla volontà di far riprendere il campionato.

Per essere più chiari, non si può affermare che c’è la volontà di far riprendere il calcio agonistico e contemporaneamente appesantire il protocollo con una zavorra che, di fatto, potrebbe allungare di parecchio la fine del campionato se non, addirittura, metterne in discussione l’effettiva prosecuzione dello stesso. Isolare per 14 giorni un’intera squadra con lo staff tecnico - compresi gli ultimi avversari incontrati - anche per un solo un caso di contagio, significherebbe far saltare 4-6 turni, minimo, a tutte quelle società che dovessero trovarsi in questa situazione. Insomma, sarebbe un delirio, un caos totale.

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E poi, quando si dovrebbero recuperare tutte queste gare (sempre ammesso che il Governo dia il via libera vista la frenata del Premier, Giuseppe Conte) tenendo conto che ad agosto dovrebbero iniziare le competizioni europee? E come si dovranno comportare le Leghe di Serie B e C che attendono una risposta, una strada da seguire? Che si decida, dunque, in un senso o nell’altro.

Se si vuole andare nella direzione di una ripresa del calcio, allora bisognerebbe fare come la Germania che - oltre ai test, al distanziamento sociale e mascherine per chi è a bordocampo, alla sanificazione di strutture, palloni e campo e al divieto di festeggiamenti in gruppo dopo un gol - impone, da protocollo, la quarantena per i soli tesserati risultati positivi. Questa scelta può essere condivisibile o meno da un punto di vista della sicurezza degli atleti, ma è a dir poco una decisione coerente e tempestiva, proprio per i motivi accennati in precedenza.

D’altronde anche il resto del paese, pur sapendo che ci sono dei rischi, sta ripartendo. Bisognerà imparare a convivere con questo virus almeno fino alla scoperta di un vaccino, perché fino a quel momento non ci sarà mai rischio zero. Perché, dunque, aspettare? E se il coronovirus non dovesse scomparire neppure a settembre,si blocca anche la stagione 2020/21? Insomma, ci vorrebbe maggiore coerenza nelle scelte e nelle dichiarazioni.

In attesa, intanto, di un accordo definitivo sul protocollo – ora al vaglio del Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile per analizzare le modifiche proposte della Figc - e che arrivi il via libera del Governo, diventa a questo punto strategico il Consiglio Federale previsto per domani. Le sorti del calcio professionistico passeranno inevitabilmente anche da li.

(Foto da adnkronos.com Fotogramma e Afp – si ringrazia)

Rino Lorusso

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