AFGHANISTAN: STORIA DI UN PREVEDIBILE FALLIMENTO

E intanto con i talebani sta per tornare l’oscurantismo

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L’Occidente, e in primis gli Stati Uniti, si stanno preparando a vivere un altro momento epocale per quanto riguarda l’esportazione dei principi della democrazia e del capitalismo. Non accadeva dai tempi della Guerra in Vietnam di vedere delle forze soverchianti sul campo di battaglia, almeno in termini di arsenale bellico e intelligence, ritirarsi da un lungo conflitto che ha giovato solamente all’industria degli armamenti; ma tanto si sa che le guerre servono a movimentare ingenti somme di denaro insieme alle truppe. Sin dai tempi di Alessandro Magno, in tanti ci hanno provato a domare una terra aspra e brulla come l’Afghanistan. Nessun condottiero o esercito, fino a oggi, è riuscito a imporre il proprio dominio in un territorio basato su di una società tribale ben radicata a un substrato culturale monade, patriarcale, maschilista e, soprattutto, fondamentalista dal punto di vista religioso.

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In era moderna l’Impero britannico ha tentato inutilmente di “pacificare” gli afghani, subendo nel corso di tre conflitti, quasi sicuramente, la più pesante sconfitta bellica della sua storia militare. In era contemporanea, invece, prima della missione fallimentare dei Paesi Nato, l’Unione Sovietica ha patito le pene dell’inferno durante il decennio di guerra ai mujaheddin, lasciando il Paese, alla soglia degli anni ‘90, senza riuscire ad affermarsi dal punto di vista politico-militare in quello che possiamo definire un conflitto nato in seno alla “guerra fredda” con gli Stati Uniti. E allora, perché reiterare nell’errore di scatenare guerre laddove qualsiasi esercito regolare e istituzione democratica esterna al Paese ha già fallito?

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Semplicemente per imporre geo-politicamente il controllo di una zona importante per le risorse naturali, l’oppio e per le vie di accesso commerciali con i paesi dell’est Europa (principalmente gli ex stati satelliti dell’URSS) da una parte e dell’area indo-cinese dall’altra. Non a caso, all’indomani del ritiro delle truppe NATO, il governo cinese ha intavolato un dialogo con i talebani, assicurandosi, così, la sicurezza di non subire ingerenze nella questione degli uiguri dello Xinjìang e garantirsi, anche, una via altrettanto sicura per la “Silk and Belt Road”, la nuova “Via della Seta”. Con la Russia e la Cina ferme a guardare, gli USA abbandonare (definitivamente?) a sé stessi quella parte di popolo che realmente credeva in un cambiamento quasi democratico della società civile e i paesi dell’area Atlantica scappare con la coda tra le gambe (il personale di tutte le ambasciate, tranne quella russa, hanno smobilitato nelle scorse ore), l’Afghanistan tornerà a vivere quella realtà oscurantista dominata da maschi armati di mitra e corano.

Umberto De Giosa

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