ALIMENTAZIONE, PAESAGGIO E ARTE NELL’ANALISI DEL FILOLOGO PIERO CAMPORESI

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Siamo abituati a trattare come a sé stanti tematiche relative ad alimentazione, paesaggio e arte. Eppure, un indubbio filo conduttore li unisce: a metterlo in evidenza, ricercandolo contestualmente alla correlazione fra alta e bassa letteratura, ci aveva pensato l’indimenticato prof. Piero Camporesi, insigne filologo che, pur essendo un appassionato studioso di figure classiche come Vittorio Alfieri e Francesco Petrarca, non disdegnava la ricerca di una saggistica legata al folclore nei cantastorie come Giulio Cesare Croce. In base a queste inclinazioni, che precorrevano quella che sarebbe stata l’impostazione letteraria di Umberto Eco, ancora prima di approdare alla cattedra di professore ordinario di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Bologna il prof. Camporesi aveva portato una visuale classica e popolare già nel corso dell’insegnamento di lingua Italiana impartito presso l’istituto tecnico della nativa Forlì. Qui, infatti, aveva guidato gli allievi a porre l’attenzione anche su temi inediti, come la simbologia dell’alimentazione e l’analisi della condizione sociale di povertà, da cogliersi nell’indagine sulla scarsità del cibo e sulla relativa produzione strettamente correlata alle caratteristiche territoriali paesaggistiche, a loro volta rinvenibili nelle trasposizioni dell’arte poetica e pittorica.

cms_8293/2p.jpgInnanzitutto, la sua apertura alla visione di una vera e propria Storia della Letteratura dell’alimentazione era scaturita dalla ricerca filologica portata avanti nel contesto della edizione critica del manuale di cucina scritto da Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”, di cui aveva inteso sottolineare il ruolo centrale nella presa di coscienza, in ogni strato popolare, della valenza della lingua italiana come fondamento dell’identità collettiva, risultando altrettanto unitaria quanto la stessa tradizione gastronomica nazionale.

La successiva elaborazione antropologica ha caratterizzato in modo esaustivo i temi sviluppati dal prof. Camporesi nelle sue opere: “Il paese della fame” “Il pane selvaggio” La carne possibile” La miniera del mondo” “Le vie del latte”; saggi nei quali le abitudini alimentari, del consumo di cibi con scarso apporto nutritivo, sono state poste in relazione: non solo ai periodi storici contrassegnati persino dalla carestia; ma anche alla criticità del territorio dove, ad esempio in montagna, l’alimentazione contadina era caratterizzata dal rimpinguare la scarsità di farine mescolandovi le erbe che costituivano la base delle minestre brodose con cui si colmava la fame in un contesto di povertà.

cms_8293/3p.jpgIl fattore alimentazione, dipendente dalla produzione legata al territorio, ha portato il prof. Camporesi ad analizzare, nel saggio “La terra e la luna”, una prima visione del paesaggio sotto il profilo della tutela della natura mediata dall’uomo con la lavorazione in funzione della vita dei campi; seguì comunque la rappresentazione di una natura ingentilita così come riportata in tutti i grandi classici, nonostante la visione pessimistica di Leopardi.

Pertanto, il paesaggio è stato guardato anche in funzione della gratificazione derivata all’uomo dall’avere “addomesticato” la natura in modo da trarne stimoli postivi con il coinvolgimento di tutti i sensi. Tanto è stato possibile sperimentare grazie alla messa in opera, ad esempio, dei giardini all’italiana recanti ripartizioni degli spazi: sia con aiuole di piante e fiori, magari da sfiorare per il piacere della presa di contatto e goderne con la vista e l’olfatto, sia con fontane dal cui zampillio dell’acqua, unito al cinguettio degli uccelli, risulti allietato l’udito.

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Proprio la ricerca dell’appagamento dei sensi, oltre che del gusto estetico, è stata l’aspettativa dell’era moderna riposta in tutti i luoghi che fanno parte del paesaggio di cui l’uomo resta assoluto protagonista; tanto che anche nell’arte pittorica, in ultima analisi, come evidenziato dall’insigne filologo prof. Piero Camporesi, il ritratto della figura umana non risulta mai marginale, bensì in posizione principale, se non addirittura sovrastante rispetto al paesaggio che le fa da cornice o serve a fornire elementi di identificazione del luogo di provenienza del soggetto ritratto.

In definitiva, tutto ruota intorno all’uomo, compreso l’habitat naturale che gli fornisce sostentamento e può essere forgiato in funzione di un benessere in senso lato.

Rosa Cavallo

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