APPUNTI DI VIAGGIO

Eremo di Soffiano (Macerata)

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L’eremo di Soffiano dista poco meno di tre chilometri dal conto di San Liberato. Continuare la strada che sale dal Convento di San Liberato, dopo circa 700 metri, una deviazione a sinistra con freccia indicatrice, ci immette nella imbrecciata che dopo 2,3 Km. arriva al piazzale dopo posteggiare l’auto.

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Prima di arrivare al piazzale, si incontra una piccola deviazione a destra segnalata da una freccia con su scritto, “Fonte Murello”, unico, una bellissima fonte di acqua purissima con due panche, anche solo per una piccola sosta.

Siamo sotto il Monte Ragnolo, nella vallata del Rio Terro. L’incavo naturale della grotta, che si addentra per pochi metri nella roccia del monte Ragnolo, si staglia ad un quinto, circa, della misura metrica tra il fondo della valle dalla quale sovrasta per più di trecento metri con una verticalità variante tra il quinto e sesto grado e la vetta del Pizzo Meta, che le si eleva immediatamente di fronte e al di sopra di oltre i mille metri; misura, infatti, 1576 sul livello del mare.

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Sul fondo della valle, costituita da pareti rocciose, burroni e anfratti da fantasia dantesca, scorre il rio Terrò: è un fiumiciattolo stagionale che dalla grotta non si vede, ma si fa sentire per lo sciabordìo delle acque provenienti da una stretta gola ugualmente invisibile. Le acque, cadendo, creano, nella parte più alta e nascosta oltre la quale non si può andare una bianca e spumeggiante cascata che va ad alimentare il piccolo specchio d’acqua sottostante, e da qui parte il fiumiciattolo sopraddetto, ora visibile, nascosto tra i massi, ora completamente sotterraneo, per riapparire poi a qualche centinaio di metri a costituire il Tennàcola affluente del Tenna.

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L’eremo fu certamente abitato da Francescani, e forse dallo stesso San Francesco stesso agli inizi del 1200. E’ qui che viene ambientato un celebre episodio dei Fioretti, allorquando Frate Pacifico vede l’anima di Frate Umile alzarsi in volo durante la sua dipartita mortale.

Ma la fondazione dell’eremo di Soffiano è più antica dei tempi di Francesco: questo luogo è noto fin dal 1101, allorquando i figli del Conte Ismidione donarono la terra in cui sorge l’eremo al parroco Alberto, che ne fece un luogo di meditazione e di preghiera, erigendovi una cappella.

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Molti furono gli uomini che qui trovarono rifugio dal mondo. Scavi recenti hanno riportato in auge l’antica leggenda che voleva che un eremita avesse passato qui l’intero corso della sua esistenza in compagnia soltanto di una capra: ossa umane in una tomba, accanto a quelle di un animale, avrebbero confermato la tradizione. Il nome del luogo si perde nei meandri del tempo e in quelli etimologici.

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Forse Soffiano rimanda a “Sub Jano”, cioè “in onore di Giano”, antica divinità italica precristiana. Oppure, in questa denominazione collegata evidentemente con la Valle Jana in cui l’eremo è stato eretto, c’è celato il nome di “Diana”, Dea romana ctonia e lunare, identificabile con Artemide, patrona della caccia, della danza e delle fiere selvagge. Con l’espandersi del Cristianesimo, le Streghe saranno chiamate “Janae”, per il loro rapporto “panico con il mondo naturale. E, in effetti, Artemide è molto collegata al Dio Pan – proprio quel Dio la cui caratteristica dello zoccolo di capra ricompare nelle Fate caprine dei Monti Sibillini. L’eremo fu costruito nel 1101 per opera di alcuni signori locali che volevano soddisfare le richieste di alcuni religiosi desiderosi di condurre vita eremitica “ad imitazione dei santi padri” e cioè, secondo le consuetudini dei monaci orientali.

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Dopo questo gruppo di solitari, il luogo fu abitato dagli eremiti francescani. L’eremo dovette essere composto da alcune stanzette e da una minuscola chiesa.? Si pensi alle Carceri del Subasio, allo Speco di Narni, all’Eremo di Cortona, a Greccio, a Monteluco presso Spoleto; ma l’eremo di Soffiano era ancor più solitario e rupestre. La roccia costituiva la parete naturale e, appoggiati ad essa, vari muri creavano le piccole abitazioni. Il tetto, costituito dalla stessa roccia superiore che sporgeva in avanti, veniva completato da lastre di pietra. Il resto era legname di bosco rozzamente utilizzato. In alcuni punti della roccia e nel muro rimasto, sono ancora visibili i fori quadrati ove appoggiavano le travi delle pavimentazioni.

Alcuni scavi effettuati di recente hanno rivelato la presenza di tombe con alcune ossa: si tratta del luogo di riposo dei beati Umile e Liberato e, forse, anche di frate Simone d’Assisi. Un piccolo altare e una pietra con una croce evocano al visitatore la sacralità dei ricordi, mentre la ricostruzione parziale di alcune mura riportano la mente a quello che poteva essere il primitivo spazio abitativo. In questo ambiente, sospesi tra cielo e terra, vissero i primi eremiti francescani, e questo dà la misura dell’ importanza storica e spirituale di questo luogo.

Diana Filippi

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