AUSTRALIA: “ROGHI SOTTO CONTROLLO”

Dopo tanto dolore, una buona notizia: l’emergenza è finita (per ora)

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Tutti gli incendi nel Nuovo Galles del Sud in Australia sono stati messi sotto controllo. Lo hanno riferito i vigili del fuoco locali all’AFP, segnalando la fine di una crisi che negli ultimi mesi ha provocato, fra le altre cose, 33 vittime tra le persone in tutta la nazione. Le piogge che stanno accompagnando l’estate Australiana alla propria conclusione hanno contribuito a calmierare una situazione che ha causato danni tuttavia enormi e, probabilmente, irreparabili. Non è inoltre da sottovalutare il fatto che le piogge non sono soltanto amiche: le alluvioni e i venti forti stanno infatti causando ulteriori problemi al territorio. I numeri che quantificano i disastri causati dai roghi sono impietosi: oltre ai 33 morti già citati, sono migliaia le case distrutte e più di 11 milioni gli ettari boschivi andati perduti, un’area paragonabile all’Inghilterra (!). Celebri sono divenute le tristi immagini delle principali città australiane avvolte da nubi di fumo simili a quelle che ci aspetteremmo di vedere in film apocalittici.

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Durante gli Australian Open di tennis, diverse polemiche ci sono state a causa dell’aria irrespirabile che erano costretti a subire i partecipanti, con alcuni atleti che hanno avuto addirittura bisogno delle bombole di ossigeno a causa di crisi respiratorie. Secondo la rivista del Mit di Boston, a metà gennaio i roghi avevano già prodotto 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica, pari a quanta ne emettono in un anno le 116 nazioni tra le meno inquinate del mondo. Il che diviene ancora più inquietante se si pensa che tutta quella CO2 è provenuta da un Paese che dovrebbe rappresentare uno dei polmoni verdi del Pianeta. C’è poi il dato che probabilmente ha ferito più di ogni altro l’opinione pubblica: quello sulle perdite in termini di animali e biodiversità. L’Australia vanta una biodiversità eccezionale tra i mammiferi, con oltre 300 specie autoctone. Essa è l’unica massa terrestre a contenere tre gruppi principali di mammiferi viventi: marsupiali, monotremi e placentali.

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Questi semplici dati possono aiutare a comprendere almeno in parte la portata del dramma che si è consumato nella regione: il 7 gennaio 2020 il Wwf Australia ha pubblicato un comunicato stampa in cui, secondo alcuni calcoli di Chris Dickman, professore di Biologia alla University of Sydney sistima che “oltre 1 miliardo e 250 milioni di animali (compresi gli insetti, ndr) potrebbero essere stati uccisi direttamente o indirettamente dalle fiamme”. Quando il comunicato veniva pubblicato, gli ettari bruciati erano all’incirca 8,5 milioni. Da allora, ne sono bruciati altri 2,5, il che fa presupporre ulteriori perdite. Una vera e propria strage, una cosa raccapricciante avvenuta perché l’essere umano non ha avuto la volontà (si noti: la volontà, non la capacità) di agire in tempo per fermare il cambiamento climatico galoppante, pur di non mettere a rischio il guadagno compulsivo di cui siamo ormai malati. E così, da quest’anno, la nostra aria sarà meno respirabile, la nostra fauna meno ricca, il nostro Pianeta meno bello.

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A questo precipitare degli eventi contribuisce la pessima coincidenza rappresentata dal fatto che nella grande maggioranza degli Stati al cui interno si trovano le principali ricchezze del Pianeta siano al governo dei convinti negazionisti del cambiamento climatico. Se il Presidente brasiliano Bolsonaro gode di maggiore fama, infatti, il premier australiano Scott Morrison non è da meno dal punto di vista del negazionismo. A fine 2019, il Climate Change Performance Index (Ccpi), una delle ricerche più autorevoli che periodicamente valuta le politiche dei singoli Paesi al mondo per contrastare l’emergenza climatica, ha messo l’Australia nelle ultime posizioni in classifica. Peggio fanno solo la Corea del Sud, Iran, Taiwan, Arabia Saudita e Stati Uniti. Senza un’azione globale (seppur, ormai, tardiva) di contrasto al fenomeno del surriscaldamento dell’atmosfera, si può facilmente prevedere che tra un anno in Australia si verificheranno degli incendi forse persino peggiori di quelli di quest’anno. La “fine dell’emergenza”, dunque, non è una vera e propria “fine”: sarebbe più corretto definirla una “breve tregua”.

Giulio Negri

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