Agli Eagles il LII Super Bowl

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Sono serviti oltre cinque mesi, 256 partite di regular season e 13 di playoff, ma alla fine l’NFL ha eletto la propria regina. Nell’ultimo atto della stagione, i Philadelphia Eagles hanno battuto i super favoriti New England Patriots, conquistando così il proprio primo Super Bowl dopo due tentativi falliti nel 1981 e nel 2005 (nell’ultimo caso proprio contro NE). La franchigia della Pennsylvania ottiene così il proprio quarto titolo dopo i trionfi del 1948, ‘49 e ‘60, quando il Super Bowl ancora non esisteva e la vittoria del campionato veniva assegnata con una formula diversa da quella attuale.

La partita è terminata con il punteggio di 41-33 per gli Eagles, facendo registrare il secondo record per punti realizzati in un Super Bowl: 74, appena uno in meno rispetto alla gara del ‘95 tra Chargers e 49ers (all’epoca l’incontro terminò 26-49). Le yards combinate tra le due squadre sono arrivate a superare le 1.150 (record per qualunque partita NFL), 874 invece le yards lanciate (record in qualunque gara di postseason). Numeri incredibili, che ci danno l’idea di quanto la gara della scorsa notte sia stata entusiasmante e, soprattutto, dominata da attacchi che hanno puntato fin da subito a individuare e a sfruttare le debolezze delle difese avversarie.

Nulla di più lontano da quelle che erano le premesse della partita; alla vigilia, infatti, tutti parlavano della difesa degli Eagles come una delle più solide della lega e di quella dei Patriots come una difesa che, malgrado le difficoltà di inizio stagione, sembrava in netta ripresa da ormai qualche mese.

Protagonisti della gara si sono invece rivelati fin dall’inizio i due quarterback: Tom Brady dei Patriots e Nick Foles degli Eagles. Se nel caso di Brady, fresco del terzo titolo di Mvp, nessuno si stupisce più delle sue prodezze o della disinvoltura con cui arriva a passare più di 500 Yards, al contrario, la prova del suo pari ruolo di Philadelphia ha sorpreso un po’ tutti. Già, perché se da un lato le qualità di Foles non erano mai state messe in discussione, in molti sembravano dubitare della sua capacità di riprendersi dopo un periodo difficile in cui era giunto perfino a meditare il ritiro. Fino a neppure due mesi fa, Nick Foles non era che una riserva come tante nella sua squadra; è stato solo l’improvviso infortunio del quarterback titolare Carson Wentz a permettergli di riguadagnare un posto nell’undici di partenza. Le prime gare non sono state semplici, sempre ammesso che possa essere semplice sostituire il leader indiscusso della propria squadra. Eppure, col tempo Foles ha dimostrato non solo una notevole capacità tecnica, ma anche una freddezza e una forza mentale da vero campione. Una forza mentale, che lo ha portato la scorsa notte a completare 28 lanci su 43 per un totale di 373 yards, venendo infine premiato come miglior giocatore della partita. Coerentemente con la tradizione epico-sportiva americana, non ha vinto il fuoriclasse, ma l’underdog: ha vinto il ragazzo sottovalutato, in cui nessuno ormai sembrava più aver fiducia. Un po’ come in quei film dove il protagonista deve affrontare mille difficoltà e sofferenze prima di arrivare all’obiettivo, ma alla fine, se riesce a resistere, vince.

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Ma facciamo un passo indietro. La serata del Super Bowl si è aperta con l’esecuzione dell’inno americano da parte della cantautrice Pink, la quale è riuscita a far emozionare i quasi 70.000 spettatori presenti all’U.S. Bank Stadium di Minneapolis, malgrado l’influenza che l’aveva colpita appena qualche giorno prima. Il clima era vicino allo zero, con un vento gelido e una neve che riempiva tutt’intorno le strade della città. Ad ogni modo, il fatto che lo stadio godesse di un tetto chiuso ha permesso alla partita di non risentire eccessivamente dei fattori ambientali.

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Fin dalle prime azioni della gara, la maggioranza del pubblico ha dato l’impressione di simpatizzare per la squadra della città dell’amore fraterno, sebbene quest’ultimi avessero appena due settimane prima eliminato proprio i Vikings, i beniamini locali.

La difesa dei Patriots è sembrata concentrarsi soprattutto sulla necessità di togliere spazio alle temibili corse avversarie, concedendo però in questo modo molto spazio ai ricevitori di Philadelphia, i quali hanno così dato vita a un primo drive conclusosi con il field goal del Rookie Jake Elliot. La risposta dei Patriots non si è fatta attendere, e a poco più di tre minuti dalla fine del primo quarto il Kicker Gostkowki ha pareggiato i conti con un calcio dalle 25 yards. Gli Eagles, tuttavia, non hanno subito alcun contraccolpo psicologico, riuscendo anzi a concludere la prima big play della partita: una ricezione di Jeffery in end zone.

Malgrado l’attacco di New England sia sembrato altrettanto fluido, non è riuscito a concretizzare le numerose occasioni, in parte anche per alcuni errori banali dello special team, che sono costati numerosi punti nel corso del primo tempo. Philadelphia ha avuto così l’occasione di allungare con un touchdown su corsa di Blount (ex della partita). Da notare che, in questa fase della gara, l’attacco degli Eagles è riuscito a tenere a lungo la palla in mano, facendo in questo modo perdere molte energie alla difesa avversaria, un fattore che si sarebbe poi rivelato decisivo nei minuti finali.

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Ad ogni modo, un grande giocatore come Tom Brady non poteva certo restare a guardare. Malgrado giocasse con dodici punti nella mano a causa di un infortunio rimediato in stagione, il 40enne di origini californiane ha guidato la sua squadra alla realizzazione di nove punti consecutivi, grazie a un altro field goal di Gostkowski e a un touchdown su corsa del running back James White. A loro volta, gli Eagles hanno chiuso il primo tempo con una giocata a sorpresa del proprio quarterback, il quale dopo aver finto di disinteressarsi all’azione, è andato indisturbato a ricevere un passaggio da touchdown del compagno di squadra Trey Burton.

22 – 12 all’intervallo. Un margine possibile da recuperare, certo; eppure, fin da subito, è sembrato chiaro che qualcosa non stava andando secondo i piani per franchigia del Massachusetts.

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Ad ogni modo, durante l’intervallo a sciogliere la tensione ci ha pensato lo show di Justin Timberlake, il quale oltre ad esibirsi nei propri brani più famosi ha eseguito un commuovente omaggio a Prince, nativo proprio di Minneapolis.

Neppure il tempo di riprendersi dal concerto, che la gara ricomincia. Subito Gronkowski accorcia le distanze per i suoi, dopo un’azione in cui è riuscito ad esplorare il mismatch con il diretto marcatore, Ronald Darby. Clement con un non semplice touchdown su ricezione riporta la gara sul 29-19, ma due guizzi di Hogan e di Gronkowki (unico giocatore in serata ad aver realizzato più di un touchdown) portano i Patriots avanti di uno.

A quel punto, tutti si aspettano un tracollo degli Eagles, specialmente quando, dopo non aver concretizzato un primo down per tre volte consecutive, Foles si trova in mano una palla che, se non gestita bene, può di fatto condannare la sua squadra alla sconfitta. Eppure, ecco che sul quarto down gli Eagles trovano la giocata giusta per mantenere il possesso. Continuano ad avanzare, ma soprattutto continuano a mangiare i minuti rimanenti sul cronometro… forse proprio per provare a non lasciare l’ultimo possesso della partita a Brady.

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Ad ogni modo, a 2:21 dalla fine Zach Ertz, il Tight End di Philadelphia selezionato a gennaio per il Pro Bowl di Orlando, realizza il touchdown del controsorpasso. 38 -33.

Ma le sorprese non sono finite qui. Se infatti i Patriots sono la squadra che negli ultimi 15 anni ha vinto più gare nell’NFL nei minuti finali, questa volta sono gli Eagles a migliorare il proprio rendimento nel momento decisivo. Approfittando infatti di un’omissione dell’offensive guard di New England Shaq Mason, il difensive end di Philadelphia Brandon Graham procura un fumble in una zona di campo nevralgica.

Gli Eagles non riescono a terminare la partita con la palla in mano, ma costringono il coach di New England Bill Belichick a esaurire i time out a disposizione per evitare che il tempo finisca. Così, quando il possesso torna a Brady, mancano solo un minuto e dieci secondi alla fine della partita e la sua squadra non può più fermare il cronometro. I Patriots tentano il tutto per tutto, il proprio quarterback riesce a resistere alla pressione della linea difensiva avversaria e a lasciar andare dei lanci intelligenti per i suoi compagni, ma questo non basta. Quando anche l’ultimo “Hail Mary pass” di Brady viene neutralizzato dalla difesa, Philadelphia può finalmente festeggiare.

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Troppo difficile sintetizzare la stagione di una franchigia NFL che, dopo aver chiuso l’anno scorso con un record negativo, si ritrova oggi sul tetto degli Stati Uniti. Troppo facile esaltare chi vince e criticare chi perde. La verità è che quello cui abbiamo assistito nella notte tra domenica e lunedì è stato uno spettacolo unico e indimenticabile, per il quale possiamo solo ringraziare questi fantastici atleti. Come al solito, prima di rendere omaggio ai vincitori e al loro allenatore Doug Pederson (che aveva già vinto il Super Bowl da giocatore con Green Bay) bisogna fare i complimenti ai Patriots, la cui sconfitta non può e non deve in alcun modo offuscare quanto di buono dimostrato negli ultimi anni. Per il resto, tutto ciò che possiamo dire è che la stagione appena conclusa è stata ricca di emozioni e di grandi giocate; speriamo che la prossima possa esserlo ancora di più… gli appassionati di football americano in tutto il mondo non potrebbero chiedere di meglio.

Gianmatteo Ercolino

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