Ancora troppi i “caduti” nel tunnel della dipendenza: in netto aumento le morti per overdose

Come prevenire il fenomeno proteggendo i più giovani

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In queste ultime settimane, l’eroina è tornata a mietere vittime nel nostro Paese. Il tunnel della tossicodipendenza ha posto fine alle vite di decine di giovani in soli tre mesi, evento che non si verificava dai lontani anni ’70. Una lunga catena di decessi, aperta a novembre dello scorso anno dalla scomparsa di Jenni, 25enne barese stroncata da un’overdose, al quarto mese di gravidanza. Nel corso del 2016, il bilancio si era fermato alle 266 vittime: un dato che, seppur preoccupante, testimoniava un calo del 13,6% rispetto all’anno precedente. Il 2017, invece, ha sancito una vera e propria impennata delle statistiche, segno che il mercato delle sostanze stupefacenti – in particolare dell’eroina, la più letale – sta progressivamente crescendo, tornando agli standard di 30-40 anni fa. All’elenco dei decessi c’è da aggiungere anche quello dei più fortunati che sono stati sottratti alla morte da una tempestiva assistenza sanitaria, in seguito a overdose o al manifestarsi degli acuti sintomi dell’astinenza. Il salvavita, in questi casi, è il naloxone, antagonista degli oppioidi venduto in farmacia senza ricetta a soli 7 euro e fornito gratuitamente dal Sert ai tossicodipendenti di tutta Italia. Commercializzato come “Narcan”, il farmaco scongiura il pericolo di arresto respiratorio causato dal sovradosaggio di eroina o morfina, annullandone (almeno momentaneamente) gli effetti sull’organismo.

"L’eroina non è tornata, perché non se ne è mai andata. Non esiste alcuna eroina killer, esiste l’eroina. Chiamarla killer significa creare un’emergenza che non ci riguarda, invece tutto ciò ci riguarda eccome” ha commentato Luisa Garofani, direttore del Sert (Servizi per le Tossicodipendenze) di Ferrara. Probabilmente, dobbiamo l’aumento delle vittime a una maggiore purezza dell’eroina in circolazione: è la concentrazione del principio attivo a determinare il grado di distruttività sull’organismo, portando spesso a conseguenze irreparabili. Come constatato dalla Polizia di Mestre – una delle zone più colpite dall’emergenza, dove dieci tossicodipendenti sono morti nel giro di soli tre mesi – la sostanza più diffusa negli ultimi tempi, spacciata da pusher nigeriani, sarebbe proprio la cosiddetta “eroina gialla”, fino a cento volte più pura rispetto al normale. I suoi effetti sono amplificati dal legame con altri oppioidi, in particolare il crack e la cocaina. Ha inoltre fatto la sua comparsa sul mercato il carfentanil, analgesico più potente della morfina che ha già causato vittime in America, e potrebbe farlo anche in Italia. Il motivo di questa improvvisa variazione di purezza degli stupefacenti? Semplice: più la sostanza è potente, più produrrà assuefazione, quindi dipendenza. La prima colpevolezza è da ricercare negli spacciatori e nelle loro becere strategie di marketing. Oltre al fattore dipendenza, la maggiore potenza delle sostanze commercializzate consente anche di allargare il mercato, promettendo al cliente effetti sempre più piacevoli. “Sono spesso consumatori occasionali, ai quali nessuno spiega il grado di pericolosità delle sostanze e i metodi di prevenzione degli effetti più devastanti - ha rivelato la Garofani in un’intervista - Sono nelle mani dei soli spacciatori, che non sono più neppure consumatori. La diminuita percezione dei rischi, la massiccia diffusione di moltissime sostanze, la normalizzazione del policonsumo, lo sfaldarsi di un tessuto di protezione sociale e sanitario sono tutti fattori da considerare nell’aumento delle morti da overdose”. Ad acuire il problema è l’età media dei consumatori, in calo rispetto agli anni passati: secondo le statistiche raccolte a marzo del 2017 dal Dipartimento Politiche Antidroga, i teenager di età compresa tra i 15 e i 19 anni che hanno fatto uso di sostanze stupefacenti sarebbero più di 32mila. A dispetto di qualsiasi credenza popolare, ciò non costituisce una tappa “obbligatoria” dello sviluppo, bensì un enorme rischio per la salute che può innescare un’ancor più pericolosa abitudine. Chi resta intrappolato nell’oscuro labirinto della dipendenza non sta solo attraversando la classica crisi adolescenziale: dietro l’apparenza di una vita folle e sregolata si celano inquietudini, preoccupazioni, traumi e molto altro. L’intento di chi sceglie di consumare droga non è tanto quello di trascorrere qualche ora di divertimento o relax. Nella stragrande maggioranza dei casi, si ricorre agli oppioidi per “occultare” i propri mostri, vivendo in un ideale mondo parallelo. Spesso, soprattutto nei più giovani, la tossicodipendenza viaggia di pari passo con una scarsa autostima e con problemi di natura depressiva, che costituiscono allo stesso tempo la causa e la conseguenza di un’auto-somministrazione sregolata. Si innesca così un circolo vizioso a dir poco distruttivo, che porta il soggetto a una progressiva decadenza delle sue funzioni cognitive e fisiologiche, oltre che a un naturale peggioramento della vita di relazione: piuttosto che una rapida soluzione ai problemi, gli oppioidi vanno a costituire un vero e proprio “cancro esistenziale” per chi ne è dipendente. E’ su questa consapevolezza che si dovrebbe lavorare, comunicandola ai giovani con un’informazione limpida e incisiva. La ricerca del piacere e dello svago ricreativo è del tutto normale, prodotto da esigenze specifiche del nostro sistema nervoso: il cervello umano richiede giornalmente una certa dose di eccitazione, a cui generalmente si riesce a sopperire con le attività quotidiane. Se la soglia di attivazione sale notevolmente – dunque l’organismo arriva a richiedere sempre più stimoli, sempre più rischiosi – è per compensare e neutralizzare la massiccia presenza di sostanze tipiche degli stati ansiosi e depressivi, come il cortisolo o il neurotrasmettitore inibitorio Gaba.

Come si suol dire, anche per il problema della tossicodipendenza “prevenire è meglio che curare”. Percepire e sanare gli stati di malessere dei ragazzi, fin dalle prime fasi della pubertà, può di certo rivelarsi un ottimo alleato. Tanta empatia e un pizzico di volontà da parte degli adulti (genitori, insegnanti, figure di riferimento) sono gli unici “ingredienti” necessari allo sviluppo di un terreno poco fertile alle dipendenze e ad altri disturbi psicologici, che possono presentarsi con maggiore frequenza e intensità nel corso dell’adolescenza. Tutti i comportamenti disfunzionali sono frutto di sbilanci molecolari delle strutture nervose, in risposta agli eventi più o meno traumatici che colmano le nostre giornate: prenderne consapevolezza è il primo passo verso un corretto e sano sviluppo mentale.

Federica Marocchino

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