Azione civile nel giudizio penale

La Cassazione e il diritto bello e impossibile

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cms_17212/apertura.jpgAvviso ai naviganti: chi volesse avventurarsi nella lettura della sentenza che alleghiamo farà bene a munirsi prima di potenti analgesici per scorrere le decine di pagine che la compongono. Spiegheremo a breve perché l’abbiamo scelta, tuttavia. Il preambolo necessario è che, in Italia, quando una questione penale giunge dinanzi alla Corte di Cassazione ed è presente la parte civile, le questioni di natura civilistica che residuano dopo la sentenza non possono essere decise in sede di Cassazione ma vanno riassunte davanti alla Corte di Appello civile territorialmente competente. Questo a prescindere che la Cassazione decida in senso favorevole o meno all’imputato. Il problema che si affronta riguarda quali debbano essere le regole che la Corte di Appello civile dovrà adottare per decidere la questione, quelle civili o quelle calibrate per la materia penale, fermo restando che il materiale probatorio deve essere quello formatosi nel giudizio penale. Le differenze sono assai importanti, sol che si pensi che l’imputato prosciolto in sede penale potrebbe essere riconosciuto responsabile a livello civile. Ora, ad un orientamento più tradizionale secondo cui sarebbero le regole del diritto penale a dover orientare la decisione della Corte di Appello, se ne contrappone un’altra che ritiene l’opposto, e cioè che i Giudici che compongono il Collegio civile non debbano essere vincolati ad altro che alle regole consuete che indirizzando il loro operato. La sentenza in commento, e cioè la 15859/2019, aderisce a questo “nuovo” orientamento e spiega il perché in modo assai articolato, ripercorrendo con raffinatezza il tema del rapporto tra l’azione civile e il giudizio penale in cui è inserita. Dobbiamo dirlo: è bellissima, per chi fa attenzione. Dobbiamo dirlo: è la conferma di come il diritto sia sempre più connotato da sfumature incerte, filosofiche, comprensibili agli addetti ai lavori ma su piattaforme sempre instabili anche per loro. Soprattutto, però, per quanto bello, questo diritto rischia di allontanarsi dallo scopo principale per cui esiste, e cioè offrire ai cittadini indirizzi più certi di condotta, oltre che in tempi ragionevoli.

Nicola D’Agostino

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