BIELORUSSIA: RAPITA KOLESNIKOVA, LEADER OPPOSIZIONE

Uomini incappucciati avrebbero caricato di forza la n°2 di Tikhanovskaya su un minibus

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Continua l’escalation di violenza del regime di Lukashenko. Soltanto ieri, 633 manifestanti sono stati arrestati, di cui 363 trattenuti in carcere, come reso noto dallo stesso Ministero degli Interni bielorusso. Sui social network sono apparse immagini in cui persone non identificate in abiti borghesi e armate di manganelli effettuano arresti di manifestanti. In totale, le azioni di protesta in Bielorussia sono state 42 nella giornata di ieri. La manifestazione più importante si è svolta nella capitale Minsk, dopo sono scesi in strada in 100mila contro il regime di Lukashenko, ma anche, come si poteva capire ascoltando gli slogan, contro l’influenza di Putin, che è sempre stata molto forte, e si sta facendo più stringente in questo momento di difficoltà per “l’ultimo dittatore d’Europa”. L’episodio più grave, per le conseguenze che avrà sul movimento di protesta, è stato il rapimento di Maria Kolesnikova, leader dell’opposizione che aveva percorso con Tikhanovskaya la strada della coinvolgente campagna elettorale anti-regime, ed era l’unica rimasta in patria dopo le elezioni.

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Da quanto ha raccontato un testimone, Kolesnikova è stata caricata a bordo di un minibus con la scritta “comunicazione” da persone col volto coperto, che l’hanno portata in un luogo sconosciuto. Il fatto sarebbe avvenuto nei pressi del Museo d’Arte Nazionale di Minsk. È difficile avere notizie più chiare di così da un Paese dove è stata disattivata la rete Internet e revocato l’accredito ai giornalisti stranieri. Le autorità bielorusse si sono limitate a commentare con una comunicazione di routine: “La polizia di Minsk non ha arrestato Maria Kolesnikova”.

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Sempre oggi altri due leader dell’opposizione sono stati costretti a lasciare il Paese. Il primo è Pavel Latushko, membro del Consiglio di coordinamento dell’Opposizione ed ex ministro della Cultura: ha annunciato di essere andato all’estero a causa delle pressioni ricevute dai servizi segreti. “Mi è stato dato un ultimatum: o rimanevo nel Paese e veniva aperto un procedimento penale contro di me o lasciavo la Bielorussia”, ha dichiarato Latushko. La seconda, invece, è Olga Kovalova, stretta collaboratrice e legale di Svetlana Tikhanovskaya. Kovalova è fuggita in Polonia, anch’ella sotto minacce pesanti dal regime bielorusso. Più che un articolo, per elencare tutte le proteste del regime di Lukashenko dopo le elezioni-farsa avvenute a inizio agosto servirebbe un editoriale. È evidente però, purtroppo, che col passare del tempo, l’appoggio ricevuto di Putin e l’insistenza delle proteste, la dittatura si stia inferocendo ancora di più e non abbia scrupoli nel violare i più basilari diritti umani, compreso quello alla vita, per autoconservarsi.

Giulio Negri

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