BRITANNIA, 1992

Porto di Civitavecchia, vicino Roma, anno 1992. Il lussuoso yacht Britannia, di proprietà della regina inglese Elizabeth, era ancorato nelle acque del porto. A bordo si stava tenendo una riunione tra rappresentanti del mondo finanziario anglosassone ed esponenti politici ed economici italiani. Tra loro, gli italiani, c’erano rappresentanti dell’Eni, dell’IRI, Mario Draghi che all’epoca era Direttore Generale del Tesoro, e poi ancora funzionari e dirigenti dell’Ambroveneto, del Crediop (che poi confluirà in Intesa San Paolo così come l’Ambroveneto), delle Generali, della Società Autostrade. E poi ancora l’allora Presidente del Consiglio, Giuliano Amato, ed altri nomi di cui si sussurra e mormora, perché l’incontro, pur non essendo segreto, era stato comunque deliberatamente sottaciuto.
Vennero date altre notizie in pasto agli italiani, alla fine di maggio poi c’era stata la strage di Capaci, in cui avevano perso la vita il Giudice Giovanni Falcone assieme a sua moglie e alla scorta. Insomma, c’era altro su cui bisognava indagare, altro di cui parlare. E per gli anglosassoni invece chi c’era? Poca roba, d’altra parte ad organizzare l’incontro fu una società inglese, la “British Invisibles”, non un grosso gruppo finanziario. Certo, in lingua inglese con il termine “invisibles” si designano le transazioni immateriali, ossia di servizi economici finanziari, ma noi crediamo alle coincidenze e non ci soffermiamo su questo punto. Quindi appunto poca roba, qualche nome di spicco delle banche di affari inglesi più note, ma nessun nome eccellente, rappresentanti della Barclay’s, della Baring e della S.G. Warburg. Lo stesso Mario Draghi scese prima che la nave salpasse per un tour di due giorni vicino l’Argentario, il tempo di introdurre una relazione. Secondo alcuni periodici la riunione non fu affatto segreta, anzi, semplicemente limitata a 100 personalità italiane di spicco, allo scopo di partecipare ad un seminario sulle liquidazioni di beni statali. Niente male, una élite riunita per chiacchierare amabilmente di come cedere parte del patrimonio industriale e bancario nazionale, ma niente di coercitivo, solo illustrare le modalità operative e censire i gioielli migliori della corona di ferro. D’altro canto in Italia c’era la crisi, lo dicevano tutti, Tangentopoli aveva mandato a casa i ladri: ora il paese era sano, anzi, andava risanato. Lo stesso presidente del Consiglio, Amato (è sempre il cognome), guarda caso nel luglio di quel 1992, in cui successe di tutto, approvò un decreto legge da 30.000 miliardi di lire, in cui veniva deliberato un prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari di tutti gli italiani, per un interesse di straordinario rilievo, in relazione ad una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica. Insomma, italiani, ve lo stava dicendo: si era in cattive acque, che non erano quelle di Civitavecchia. E poi, sempre in quel 1992 in cui successe di tutto, dopo l’estate, sempre lo stesso Amato varò una manovra, la famosa “lacrime e sangue” da 93.000 miliardi di lire, per frenare l’ascesa del deficit pubblico. Ed ancora, in quel 1992, a settembre, Amato decise di far uscire la moneta nazionale, la lira, dallo SME, il Sistema Monetario Europeo. Casualmente il giorno prima era uscito dallo SME anche il Regno Unito.
Ad ogni modo a bordo del panfilo britannico venne detto, sintetizzando, che l’Italia offriva un panorama di tutto rispetto, ma che non era in grado di competere con i giganti esteri, e quindi meglio sarebbe stato se si fosse liquidato il tutto, a prezzi convenienti per entrambi, in modo da far gestire la situazione da chi era competente, le banche inglesi. D’altra parte il Paese era in crisi si o no? Ce lo avevano detto fin dall’inizio. E chi si era sempre opposto alle privatizzazioni non era Craxi “il ladro”? Si, quindi se lui si opponeva ed era un ladro, chi era favorevole era dalla parte giusta. E poi, non è che si poteva invitare chiunque a partecipare, non era una crociera per single ma un simposio, un convegno: pochi ma buoni. E non ci interessa ora sapere che una delle banche inglesi era partner della banca americana a cui l’ex Presidente del Consiglio Mario Monti ha pagato una multa stratosferica per uscire dalla sua sfera, facendo perdere allo Stato italiano non si sa ancora quanto ma tanto. Che poi Mario Monti nel 1992 fosse Commissario Europeo per il mercato ed i servizi - ossia colui che ha il compito di promuovere il libero movimento di beni, servizi e capitali - e che poi divenne anche lui Presidente del Consiglio non conta, non vale la pena citarlo, si tratta di normale evoluzione politica. Insomma, nel 1992 lo yacht Britannia navigava attraccò in un porto italiano, e nei porti si sa, si alza la nebbia, impedendo di vedere cosa accade.
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