Bambini nella Rete, quando postare foto dei minori diventa un pericolo

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Rendere la Rete un luogo più sicuro, evitare le degenerazioni verbali e psicologiche, proteggere i dati personali dall’assalto di sconosciuti. Unione Europea, politici, aziende, soggetti privati sono altamente consapevoli che con l’avvento delle nuove tecnologie di comunicazione, anche dette new media, sono aumentati i potenziali pericoli legati al loro uso e soprattutto abuso. Dopo l’hate speech, il sexting, il trolling, il grooming, il cyberstalking, il cyberbullismo, fomo e il revenge porn, ecco arrivare come una mannaia tra capo e collo degli utenti una nuova forma di pericolo digitale, lo sharenting, ovvero le immagini dei bambini poco opportunatamente “postate” sui social di mezzo mondo da improvvidi genitori.

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Gli effetti collaterali scaturiti da questa pratica poco attenta ai piccoli attori inconsapevoli delle loro foto divenute social, possono non solo avere delle ricadute negative sulla vita dei diretti interessati, ma sono in grado anche di produrre rischiosi risvolti penali a carico di chi ha provveduto alla pubblicazione delle immagini. Specifico subito che la pratica dello sharenting è molto diffuso tra i vip, cosa che l’ha resa un’abitudine che si ripercuote sulle vite dei piccoli dal loro primo vagito sino all’età preadolescenziale.

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L’abuso, perché di questo si parla, dei post, delle foto e dei video che ritraggono bambini very important, è finalizzata a certificare l’esistenza dei propri figli con finalità puramente esibizionistica, ossia un esercizio bulimico non solo poco rispettoso della privacy di tutti, genitori e figli, ma anche con potenziali risvolti penali da definire in futuro in un’aula di tribunale. L’anno scorso, infatti, una giovane austriaca appena maggiorenne ha pensato bene di sporgere denuncia nei confronti dei suoi genitori colpevoli a suo dire, di avere pubblicato su Facebook centinaia di foto che la ritraevano ancora bambina senza che nessuno le avesse mai chiesto il consenso. Rivoltasi ai genitori per chiederne la rimozione dalle bacheche virtuali del web, e non avendo ricevuto risposta affermativa, si è allora rivolta a un legale, intentando causa ai suoi familiari: la ragazza appena compiuti i 18 anni aveva avuto una matura consapevolezza delle immagini pubblicate sul social allorquando anche lei ha effettuato l’accesso a Facebook, rendendosi conto della presenza non autorizzata di immagini che la ritraevano minorenne.

cms_7799/4.jpegNel nostro Paese la situazione è simile a quella austriaca, nel senso che il Testo Unico sulla privacy (196/2003) prevede il trattamento dei dati personali col solo consenso dell’interessato e sanziona la violazione della norma con la reclusione fino a due anni. Si calcola che almeno un migliaio di foto per ogni minore finiscono in rete prima che questi compia 5 anni, tenendo conto che i genitori ne pubblicano circa 200 ogni anno i numeri assumono fattezze preoccupanti. Il pericolo nascosto nella smodata e insensata mania di pubblicare a ogni costo immagini di minori riguarda la crescita direttamente esponenziale di fenomeni di pedopornografia in rete, senza tra l’altro che il soggetto interessato possa fare nulla per opporsi se non quando questi ne assume la consapevolezza, cosa che potrebbe avvenire troppo tardi, ovvero quando ormai le foto e i video sono entrati in un circolo vizioso incontrollato e incontrollabile.

cms_7799/5.jpegSarebbe allora sufficiente avanzare una semplice e banale raccomandazione: pubblicare meno immagini possibili, avendo cura di nascondere sempre il volto del bambino al fine di evitare rischi e trappole pedopornografiche. Per quanto invece riguarda il fatidico ingresso dei ragazzi ai social, sarebbe preferibile che lo facessero non prima del compimento dei 13 anni, un limite nato per tutelare minori che altrimenti sotto i 10 anni, rischierebbero di condividere informazioni sensibili o parlare con sconosciuti senza la necessaria consapevolezza e una valutazione critica delle conseguenze delle loro azioni svolte sul web. È chiaro che i 13 anni non sono una soluzione per dotare, genitori e figli, di una certa tranquillità di navigazione, ma rappresenta una base di partenza in cui l’identità assume connotati più delineati. Il controllo dei genitori rimane comunque imprescindibile per impedire ai minori di accedere a contenuti pericolosi e prima di una certa età a social network, ormai sempre più somiglianti a territori di conquista da parte di utenti senza scrupoli e senza morale.

Andrea Alessandrino

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