Brasile: scoperta una nuova tribù indigena

Quando nel XVI secolo alcuni esploratori spagnoli si recarono alla conquista delle foreste pluviali sudamericane, non si sarebbero mai aspettati d’incontrare la fiera e irriducibile resistenza di uno scarno ma compatto gruppo di guerriere amerindie. Quasi subito, il loro orgoglio, al pari del loro modo di combattere, rievocò nella mente dei miliziani spagnoli le peculiarità e lo stile militare delle mitologiche amazzoni. In breve tempo, non solo le combattenti amerindie, ma anche la foresta che le ospitava, presero il nome del leggendario popolo greco al punto che tutt’ora, riferendoci a quella misteriosa e affascinante area geografica, siamo stati abituati a definirla “foresta amazzonica”.
Con gli anni, inutile dirlo, molti dei popoli indigeni sono andati incontro a un crudele destino: il disboscamento, così come lo sfruttamento inopinato delle risorse naturali e una più generale crudeltà dell’essere umano, hanno portato varie di queste tribù all’estinzione o, nei casi più fortunati, alla decimazione. Nel 1988, in un tentativo forse tardivo di provare almeno in parte a tutelare queste comunità o ciò che ne rimaneva, il governo brasiliano ha approvato una modifica alla propria costituzione per riconoscere a ciascuno di questi popoli il diritto di vivere secondo i propri costumi e di godere appieno della propria terra natia.
Oggigiorno, la maggior parte delle popolazioni amazzoni vive grazie alle copiose piantagioni di manioca e di arance. Eppure, sembrerebbe che perfino loro stiano iniziando a sperimentare le tentazioni del mercato globalizzato e degli scambi commerciali internazionali: negli ultimi anni, infatti, numerosi prodotti di largo consumo sono stati esportati in Venezuela o in altri stati vicini.
Al contempo, occorre tuttavia sottolineare che molte di queste tribù non sono tutt’ora state localizzate. Esse vivono pacificamente all’interno dell’Amazzonia, ignorando completamente il mondo esterno e da esso ignorate, in attesa che qualcosa o qualcuno comprometta dall’esterno il loro fragile e quasi favolistico stile di vita. È quanto sta accadendo negli ultimi giorni ad una tribù indigena di circa 16 unità, stanziata nella regione settentrionale dell’Amazonas, fra le rive del fiume Juruazinho e il confine peruviano. Nel 2017, in effetti, alcuni cacciatori avevano denunciato alle autorità competenti taluni spostamenti anomali sul posto, al che la Funai (Fondazione nazionale degli indios) aveva dato il via ad una serie di approfondite ricerche. Quanto scoperto sarebbe stato a dir poco sorprendente: nella regione vi erano tracce di canoe, case, piantagioni e perfino di rudimentali strumenti agricoli, oltre che, ovviamente, di uomini e donne indigene. Non conosciamo il nome di questa tribù o la loro origine etnica, anche se al momento sembra assai probabile che si tratti di un gruppo completamente autoctono ed isolato. Eppure, la notizia ha generato subito un forte entusiasmo all’interno della comunità brasiliana, lasciandoci comprendere ancora una volta che perfino in una società evoluta come le nostra esistono ancora frammenti del nostro mondo rimasti inesplorati.
Occorre subito specificare che tale incredibile scoperta non sarebbe stata possibile senza l’ausilio delle moderne tecnologie. In modo particolare, per sorvegliare l’area sono risultati particolarmente preziosi alcuni droni, grazie ai quali è stato possibile scattare sorprendenti fotografie e realizzare dei brevi video riguardanti la vita della tribù. “Abbiamo filmato queste scene per confermare l’esistenza degli indigeni in modo tale da poterli proteggere” ha dichiarato il responsabile delle operazioni.
Proprio quest’ultima dichiarazione sembra sintetizzare il tema più discusso e controverso dell’intera faccenda. Se da un lato, infatti, la versione ufficiale del governo è che tutelare l’indipendenza di queste tribù rappresenta ad oggi una priorità, occorre al contempo sottolineare che sono in molti ad essere preoccupati per la tutela dell’equilibrio socio-culturale del gruppo etnico. Se ad oggi questi popoli hanno gelosamente conservato il proprio isolamento, forse, è anche perché terrorizzati dal fatto che il mondo esterno potesse danneggiarli esattamente come accaduto con gli altri gruppi indigeni. È dunque possibile che la loro volontà venga disattesa?
A farsi portavoce di questo timore, in particolare, sembra essere Davi Kopenawa Yanomani, l’eccentrico ma rispettato sciamano noto in tutto il mondo per le sue battaglie in difesa dei diritti degli indigeni: “(gli occidentali) Porteranno molti problemi, molte malattie e tanta gente cattiva che uccide gli Indiani” ha dichiarato, ribadendo quella che è sempre stata la sua posizione negli ultimi anni.
Come sempre, coniugare le esigenze espansionistiche del mondo occidentale con quelle primordiali del mondo amazzone risulta essere un compito arduo e complesso. Ciò che è certo, è che la possibilità di vivere in pace e in tranquillità dev’essere un diritto garantito a qualunque tribù e popolazione, per quanto folkloristica possa apparire. Del resto proprio la genuinità di questa gente, e per certi versi la loro mancata conoscenza delle astuzie e del cinismo della civiltà moderna, la rende per certi versi ancor più vulnerabile agli inganni e agli abusi del nostro tempo; e questo, in fondo, è solo un motivo in più per tutelarla.
Lascia un commento
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.