CASE VUOTE - INTERVISTA A BRENDA NAVARRO

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cms_18994/brendanavarro2019.jpgBrenda Navarro è un’autrice messicana che da un anno vive a Madrid dove ha fondato una Scuola di scrittura.
E’ un libro molto doloroso, con un tema difficile.Ogni capitolo si apre con una epigrafe di Wislawa Szymborska, poetessa e saggista polacca, premiata con il Nobel nel 1996.

Nel leggerlo a volte manca il respiro ma la voglia di andare avanti è sempre molto forte.
Parla di tutte noi. Protagoniste sono due donne una rifiuta la maternità ma poi fa un bambino che un giorno mentre gioca nel parco, scompare.

“Daniel è scomparso tre mesi, due giorni e otto ore dopo il suo compleanno. Aveva tre anni. Era mio figlio. L’ultima volta che l’ho visto era fermo tra l’altalena e lo scivolo, nel parco in cui stavamo trascorrendo il pomeriggio. Non mi ricordo altro…
Un imbroglio di madre. La madre che non aveva visto”.

cms_18994/1.jpgUn libro che spinge contro un muro “ sradicare la paura che i genitori possano sopravvivere ai propri figli”.
L’altra per avere un figlio è disposta a fare tutto. Sono entrambe molto sole, infelici, quasi due fantasmi in un Paese non facile, dove il narcotraffico, l’illegalità del lavoro, la violenza domestica e il femminicidio la fanno da padrone.

Era meglio se Leonel non arrivava proprio nella nostra vita. Era meglio se scoppiava a piangere quando doveva farlo e non dopo… Certo che l’ho abbracciato quando si è messo a piangere… qualche settimana dopo ci hanno detto che è autistico… In quel momento mi sono pentita di aver voluto essere madre”.

Non tutti i libri chiedono tanto! “Case vuote” non vuole consolare ma scuote le coscienze.
La Navarro ha uno stile asciutto, misurato. Quando la storia si dipana è il momento in cui il lettore può espirare.

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Case Vuote a cosa è dovuto il titolo?

E’ una metafora per dire che per me il Messico sta diventando una casa vuota perché le donne spariscono e anche per dire che quando una donna diventa madre diventa una casa per gli altri e si spoglia di ogni individualità e di ogni personalità ed è come se fosse vuota.

Tema centrale del libro è la maternità o meglio la scelta tra diventare madre oppure no…

Sia che si appartenga ad un ceto sociale alto o basso, la maternità viene vissuta allo stesso modo.
La maternità in qualche modo è una forma di solitudine perché in una madre c’è il senso di colpa per aver perso un bambino e anche per non essersi mai sentita madre.
L’altra invece ha sempre voluto essere madre e fa di tutto per esserlo. Il dolore non viene da quello ma piuttosto dal fatto di sentirsi incompleta e dal non sentirsi parte del luogo in cui abita. Ha un forte senso di non appartenenza.

All’altra rapiscono Daniel il suo bambino di tre anni. Possiamo collegare questa storia ai rapimenti che ci sono in Messico, i c.d. desaparecidos?

Chiaramente è legato alla storia dei Desaparecidos. Ho iniziato a scrivere questo romanzo nel 2013, quando in Messico stavamo cambiando il Presidente. Si cercava di cancellare tutte le cose negative quindi oltre al narcotraffico anche questa questione dei desaparecidos. Le madri in qualche modo venivano nascoste dallo Stato come se fossero un problema. Ho sentito la necessità di parlarne e l’unico modo per farlo era scrivere un libro su questo tema. L’ho scritto di getto ma poi ci ho lavorato sopra per dare una voce diversa alle due donne. M’interessava far capire che c’è una madre buona e una cattiva. A volte non si è in grado di gestire il dolore. Le madri continuano ad essere nascoste e cancellate dalla Storia ma questo è un modo per farle conoscere.

C’è anche la storia di una donna che viene uccisa. Possiamo collegarla al Femminicidio che è un fenomeno che esiste dappertutto?

E’ molto interessante che tu parli di un fenomeno che interessa tutto il Mondo. Ho parlato volontariamente di una donna assassinata in Spagna e non in Messico per far capire che è un problema universale. Ci sono degli Stati in cui avviene più frequentemente ed è riconosciuto come un problema. In altri invece viene sottovalutato.

Elisabetta Ruffolo

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