CASO ABDEL FATTAH, GUAI PER LA SORELLA SANAA SEIF

Accusata di “spionaggio” e “diffusione di notizie false”

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Voglio ricordare ai leader mondiali che c’è un uomo che sta morendo laggiù e voi siete tutti complici. E avrete le mani sporche di sangue. Ed è per questo che sono qui”. Queste dichiarazioni di sostegno verso il fratello, critiche nei confronti della politica egiziana, sono costate a Sanaa Seif la denuncia per “spionaggio” e “diffusione di notizie false”. La politica repressiva del governo egiziano miete una nuova vittima, non essendo – a quanto pare – sufficiente l’accanimento giudiziario verso Alaa Abdel Fattah, attivista per i diritti umani, in carcere dal 2019. Alaa si ritiene vittima di un’incarcerazione totalmente arbitraria e priva delle garanzie processuali, mentre oggi la sorella, ad una conferenza a Sharm e-Sheikh (COP27 sul clima), ha semplicemente osato difenderlo. Ora è nei guai anche lei, con un’accusa di cospirazione con agenzie straniere e di istigazione verso lo Stato.

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Alaa Abdel Fattah è un noto attivista britannico-egiziano, esperto informatico che da sempre si è esposto per una giustizia indipendente e per la democrazia, figlio a sua volta di attivisti. L’espressione di queste idee, che lo hanno portato spesso anche a manifestare per le strade, gli è costata diversi processi e incarcerazioni, molte delle quali sono passate alla ribalta internazionale e sono state oggetto di pressioni perché fosse rilasciato. Nel 2020 il suo nome è stato iscritto, da parte delle autorità egiziane, nell’elenco nazionale dei terroristi. Successivamente, in carcere per “diffusione di notizie false” (stessa incriminazione odierna della sorella che, a sua volta, rischia l’arresto), ha iniziato uno sciopero della fame, dapprima parziale, poi totale e, da domenica 6 novembre, in concomitanza con l’inizio dei lavori della conferenza sul clima, ha aggiunto anche quello della sete. Le sue condizioni di salute sono divenute molto precarie, tanto che, anche per il tramite dell’ambasciata inglese, sono state inoltrate richieste affinché il legale di famiglia potesse verificarne le condizioni in carcere. Richieste che, a quanto pare, sono state esaudite: “Il nostro avvocato Khaled Ali Ali è stato appena informato che è stata accolta la sua richiesta di visitare Alaa. Ora sta andando in prigione. Speriamo che gli permettano davvero di visitarlo e che possa vedere Alaa oggi e aggiornarci sul suo stato di salute”, ha scritto su Twitter l’altra sorella, Mona Seif. Sono proprio le sue condizioni di salute a preoccupare la famiglia: si dice persino che sia entrato in regime di alimentazione forzata. La procura del Cairo ha confermato che Alaa Abdel Fattah è “in buona salute” e che “non ha bisogno di essere trasferito in ospedale”; parole che non convincono, tuttavia, i familiari.

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Le stesse Nazioni Unite hanno chiesto, lo scorso martedì, il suo rilascio immediato, così come hanno preso la parola in merito anche il neo primo ministro britannico Rishi Sunak e quello francese Emmanuel Macron, questi ultimi proprio in occasione del COP27. Dichiarazioni che sono totalmente in linea con quelle statunitensi.

Il ministro degli Esteri egiziano, incalzato in proposito, ha risposto con un secco “no comment”, dal momento che, a suo dire, l’attenzione in quella sede deve essere incentrata sul clima e sulle conseguenze del suo cambiamento, non sulle vicende di un attivista egiziano che sta facendo lo sciopero della fame e della sete.

Enrico Picciolo

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