CHI EDUCA CHI ?

Negligenza emotiva e rischio di devianza…Investire sull’educazione?

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La parola adolescenza da una attenta ricerca riconduce ad una critica ossessiva nei confronti dell’universo giovanile. Cosa capita in questa fase? Come comportarsi con i figli ? I figli reclusi dicono no alla vita! Figli che non parlano, come si conquista la fiducia ? Sintomi dell’adolescenza?

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Adolescente che si autolesiona? E infine, Come sopravvivere agli adolescenti?

La cultura non è assoluta e il linguaggio degli adolescenti ci interroga da sempre, perché “la parola” non è uno strumento ma un incontro che “crea” il mondo e apre all’Altro, il legame. La parola nei bambini trova il suo esordio prima nel grido: la vita viene alla vita attraverso il grido. Il grido è una invocazione rivolta all’Altro affinché l’Altro risponda. È questa la prima responsabilità che l’esistenza di un bambino attribuisce alla vita di coloro che si occupano di lui.

Liberamente fluttuanti, lifestyle, marketers e Generazione Z, linguaggi, e attitudini. Storie di teenager, gli intoccabili. Storie di genitori e figli connessi con l’altrove, “pseudo-isolamenti”. Hikikomori. Storie di emozioni forti, a volte difficili da raccontare, altre volte che non si incontrano e non mertiano di essere raccontate e ancora di più, scomode e mascherate nell’indifferenza. “Incomunicabilità” e “adolescenza” sono sempre stati sinonimi, ed è altrettanto vero che nel tempo il confronto, le potenzialità delle generazioni sono profondamente cambiate, si sono moltiplicate.

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I rapporti normati di coppia continuano a raccontare la vulnerabilità, la frustrazione, la violenza. Le multi fragilità, l’appartenenenza discutibibile come costruzione identitaria. Per la comunità dei Teenager i quali respirano la liquidità postmoderna, è sempre più difficile convivere con norme identitarie solidificate, vincoli culturali di genere, corpi sempre in guerra tra loro, relazioni romatiche e lutto dell’amore. La sofferenza psichica degli adolescenti oggi è più che mai attraversata da una ricerca sospesa nel vuoto. Generi multipli e corpi fortemente “personalizzati” che si fanno chiamare, per usare un’espressione di Judith Butler, “liberamente fluttuanti”, identità, genere e corpo, realtà sempre più soggettive e soggettivizzate. Individuare una figura all’altezza delle nostre necessità e dei nostri studi è davvero complicato. Essere all’altezza del compito e delle necessità degli assetti di questo tempo secondo una prospettiva e vita sicura, ancor di più.

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La visione, oggi, dell’adolescenza o della giovinezza appare essere prevalentemente negativa e critica. Prevale una preoccupazione diffusa riguardo al destino delle nuove generazioni disperse, la loro capacità di affrontare la vita.

Gli articoli scinetifici raccontano del mondo giovanile un mondo completamente svuotato, connesso a fenomenologie devianti, il cyberbullismo, la criminalità minorile, la depressione e l’autolesionismo, l’alcolismo e le tossicodipendenze.

C’è un gradiente di rischio e c’è un gradiente di funzione.

E’ il tempo di difendere le passioni, non avere una visione di presbiope e privare dell’identità la dimensione dei teenager, che non può e non deve necessariamente assomigliare ad uno “stereotipo”. Commetterremmo il grave rischio di irrigidire l’infanzia e l’adolescenza.

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Raccontare gli adolescenti spesso ci fa cadere nella trappola SOS ADOLESCENTI, che tratta solo la dimensione del problema e meno quello delle risposte/risorse. Pandemia e pensieri suicidari, provocazioni, solitudini. Ma carenti risultano essere gli strumenti di lavoro e la trattazione su un risultato che potrebbe invece concentrarsi maggiormente sul legame con la negligenza emotiva. L’atteggiamento rivoluzionario sarà quello di ribaltare lo sguardo; vero è che, per i genitori resta una missione impossibile ma bisogna partire dal ruolo educativo, dallo sviluppo di nuove competenze per dominare non solo maggior controllo, anche nella vetta del mercato digitale, ma un culto del controllo genitoriale.

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I nostri giovani sono molto di più. In campo educativo è importante alimentare la dimensione del “possibile”, cogliere le potenzialità, le risorse ancora inespresse e nascoste aiutando in modo maieutico il senso dell’esistenza. La Generazione Z non si può più sottovalutare, hanno un grandissimo potere d’acquisto nell’era della digitalizazzione, hanno sempre lo smartphone in mano e switchano con facilità da WhatsApp a Instagram, passando per Snapchat, Musically, This Crush e molto altro. Si fidano degli influencer. Le opinioni dei grandi influencer sono significative. Non possiamo comprendere i teenager in modo adeguato se non attraverso il cambiamento delle generazioni adulte che le hanno generate ed i cambiamenti storici, economici e sociali del mondo occidentale negli ultimi decenni. Non si tratta solo di parlare di crisi dei giovani, ma di una crisi più vasta e generalizzata che coinvolge anche gli adulti, non si tratta di gestire crisi individuali, bensì una crisi della società e della cultura. L’adolescenza o la giovinezza, allora, non è il tempo dell’incertezza a cui segue il tempo della stabilità. È piuttosto il tempo in cui si impara a stare nell’incertezza e in quella condizione di ricerca che accompagna tutta la vita. Il disagio giovanile non è soltanto la manifestazione di una criticità, ma anche il presentimento di una possibilità, una volontà di autenticità, di futuro e di senso. Il disagio giovanile è soprattutto un fatto culturale, e non psicologico, cioè la conseguenza di una società nichilista, che li priva di ciò di cui hanno maggiormente bisogno: cioè, che a questo mondo c’è ancora un orizzonte di senso.

cms_24437/6.jpgNello stesso tempo vi è un interdipendenza tra le insicurezze educative dei genitori e le incertezze esistenziali dei ragazzi, per cui è opportuno ritornare a un’attenzione formativa per gli adulti che hanno la responsabilità di educare, a partire dalle famiglie.Riconoscere le proprie responsabilità educative significa avere ben chiari i diritti e i doveri che regolano le dinamiche comportamentali ed essere quindi nella condizione di saperli esercitare, nell’interesse dei singoli componenti e dell’unità stessa del nucleo familiare. La famiglia deve riappropriarsi del suo patrimonio culturale, il suo essere erede di informazioni, storie, racconti, episodi, usi, costumi e tradizioni, la sua vocazione a comunicare.

Valentina Farina

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