CLUBHOUSE, È BOOM DEL SOCIAL NETWORK DELLA VOCE

Dubbi su privacy e dati

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Il social più discusso del momento è sicuramente Clubhouse, una piattaforma basata sui messaggi vocali, che sta spopolando tra gli utenti del web. Al contrario dei concorrenti Facebook e Instagram, il social in questione metterebbe al centro dell’attenzione solo e soltanto la propria voce, bandendo foto e storie. Il sistema si baserebbe infatti su messaggi vocali registrati o in diretta in stanze simili a chiamate di gruppo, per parlare e condividere le proprie passioni o informazioni. Nato ormai nell’aprile del 2020 dalla Alpha Exploration e creato da Paul Davison e Rohan Seth, Clubhouse ha acquisito una discreta popolarità nei primi mesi di pandemia arrivando a circa 600.000 utenti; ma è stato solo nel gennaio 2021 che ha fatto il “boom” di utenti dopo che Elon Musk è stato intervistato dal club “Good Time” raggiungendo i 2 milioni. Una delle peculiarità del social è che nonostante sia gratuito ci si può iscrivere solo se invitati e solo su iOS. Trattandosi ancora di una fase Beta è comprensibile che si vogliano limitare gli accessi, generando così un certo alone di mistero e “hype” per il suo rilascio finale. Attualmente infatti esistono solo due modi per provare l’applicazione: essere direttamente invitati tramite Sms oppure scaricare l’app, compilare il modulo d’iscrizione (dichiarando inoltre di aver già compiuto o superato i 18 anni) e attendere che un contatto in comune già iscritto confermi la nostra richiesta.

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Proprio a causa di questa “esclusività” che ha portato sempre più persone ad interessarsi al social, spuntano già i primi utenti che hanno messo su Ebay i propri inviti a prezzi folli. A primo impatto Clubhouse sembrerebbe non essere tanto differente da un Podcast o da altre piattaforme di chat vocale tipo Discord, ma in realtà potremmo dire che è una specie di mix dei due: in quanto spetta all’utente scegliere se semplicemente ascoltare e seguire passivamente le varie discussioni o diventare parte attiva registrando il proprio vocale o la propria diretta. Quest’ultima inoltre non potrà essere recuperata una volta chiusa la stanza ed inoltre tutti i messaggi audio postati non potranno in alcun modo essere condivisi in quanto la piattaforma stessa ne impedisce il download o la registrazione. Una cosa molto insolita se consideriamo che un social, come suggerisce la parola stessa, è fatto per socializzare e condividere il più possibile.

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Le spiegazioni potrebbero essere molteplici: dall’essere una banale inadeguatezza tecnica essendo un’app ancora in Beta, al cercare di tenere il più a lungo possibile gli utenti sulla piattaforma. Un dubbio sorge spontaneo anche su come Clubhouse gestisca i nostri dati, dato che oltre all’accesso al microfono e ad un numero di telefono ci chiede anche l’accesso alla rubrica, effettivamente strano per un social le cui interazioni con “l’esterno” sono molto limitate. Anche in questo caso una papabile soluzione potrebbe essere quella di invitare altri utenti direttamente tramite sms, nonostante sarebbe molto più semplice e trasparente un link da copiare e incollare. Il Garante della Privacy italiano è stato il primo a mobilitarsi chiedendo chiarimenti sul trattamento e sulla privacy fornita da Clubhouse, in quanto un rapporto dello Stanford Internet Observatory avrebbe scoperto che una collaborazione con l’azienda cinese “Agora” non solo consentirebbe la trasmissione in chiaro di metadati di una certa rilevanza ma anche il prelievo di frammenti di registrazioni delle “room”. L’app si è però difesa dicendo di essere “profondamente impegnata nella protezione dei dati e della privacy degli utenti”.

Francesco Maria Tiberio

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