COMUNICARE È DONARSI

Mai, nella storia, nell’evoluzione dell’umanità, abbiamo avuto così tanti mezzi di comunicazione – cellulari, servizi di messaggistica, e-mail, social media on line – ma siamo più distanti che mai l’uno dall’altro. Sono notevolmente scarse le autentiche comunicazioni fra membri di una famiglia, fra membri di una società, fra nazioni.
Mi piace distinguere il parlare dal comunicare, distinzione utile a mostrare che si può parlare tanto e comunicare poco.
Parlare è relativamente facile ma non è scontato che quel parlare sia una vera comunicazione: tra uomo e donna, tra collega e collega sul posto di lavoro, tra genitori e figli, nei contesti più disparati.
Guardo poco “i piccoli schermi”, di qualsiasi genere, ma, occasionalmente, mi è capitato di assistere a una di quelle trasmissioni televisive che qualcuno ha denominato “monologhi collettivi” nel senso che ognuno dice la sua e viene applaudito esattamente come succede al suo interlocutore che pure viene applaudito, pur avendo detto esattamente il contrario.
Piccole orge della parola che durano ore senza che nasca mai una vera comunicazione. Possiamo dire che comunicare non è solo parlare o esprimersi. C’è comunicazione laddove c’è ascolto dell’altro, disponibilità a rivedere il proprio pensiero, confronto reciproco, ricerca di convergenze. E anche qualora non si giungesse a un percorso comune, quel confronto vero e profondo ci ha modificati perché abbiamo colto anche un’altra prospettiva. Se le cose stanno così dobbiamo forse chiederci se nella nostra società e anche dentro le nostre case ci sia vera comunicazione.
Per comunicare in maniera profonda è necessario riconoscere l’altro come mistero, sorpresa, dono. Non avere la pretesa di aver già capito tutto. E’ necessario poi mettersi in ascolto, silenzioso, disponibile, affettuoso; ascoltare senza fretta, non solo nelle parole, ma anche nel linguaggio non verbale fatto di emozioni, paure, ansie, preoccupazioni. Possibilmente con tutti, ma soprattutto con i nostri figli. Nei momenti di tensione si tratta di passare dalla logica del cercare chi deve ad ogni costo “avere l’ultima parola” alla condivisione delle diversità. In ogni caso, va espresso il proprio disappunto se le cose non vanno bene perché i musi lunghi servono a poco e i silenzi, spesso, fanno più male magari di un rimprovero, di una “scenata”: trasmettono l’idea di una mancanza d’amore.
Ecco, possiamo immaginare la comunicazione tra le mura domestiche come una bella e buona torta, fatta di tante fette che sono i diversi tipi di comunicazione. Quella funzionale legata alle mille cose pratiche da fare; quella intellettuale che riguarda le nostre diverse opinioni; quella emozionale fatta di parole, ma anche di silenzi e di contatto corporeo; quella profonda dove riusciamo a donarci ciò che viviamo, sentiamo e soffriamo.
Non importa quanto grandi siano le fette ma è importante che ci siano tutte, anche se l’ultima forma di comunicazione è un tesoro prezioso e inevitabilmente raro.
È bello coltivare il piacere di raccontarsi le cose che succedono durante la quotidianità e soprattutto le emozioni che si provano. Dare spazio al desiderio profondo di non lasciare nulla indietro, di chiarire ciò che è stato mal-compreso, di verificare che l’altro stia bene, si senta ascoltato e accolto.
La realtà è che ciò che fluisce tra un uomo e una donna, tra genitori e figli, che si amano, anche in termini di comunicazione, appartiene al divino: possiamo provare a raccontarlo, a categorizzarlo, a insegnarlo. Ma è solo il viverlo che ne fa intuire l’essenza divina.
Essere consapevoli di quanta forza per se stessi, per la famiglia, per la società si può attingere dal dialogo profondo, di quale varietà di universi abitino dentro le persone che amiamo, rende persone migliori. Dona fiducia nella vita, speranza che ogni cosa sia fatta per il bene, accresce l’amore per l’altro innescando un circolo virtuoso.
Comunicare è cercare insieme una strada comune.
E, soprattutto nella famiglia, non c’è nessuno che deve vincere o perdere, perché quando uno perde è la famiglia che perde.
C’è una comunione da trovare in ogni diversità.
Lascia un commento
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.