CONTE DÀ L’OK. SERIE A E B IN CAMPO IL 18. E LA LEGA PRO?

GHIRELLI: “IL PROTOCOLLO? COME FACCIAMO CON I COSTI? ABBIAMO DIVERSI PROBLEMI”

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Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha dato il via libera per la Fase 2 anche al calcio e pertanto, il 18 maggio, le squadre potranno tornare ad allenarsi. È sicuramente un buon segnale anche se, per tornare a giocare, il Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, ha fatto sapere che bisognerà ancora aspettare per vedere l’evoluzione dell’emergenza COVID-19. E comunque andrebbe perfezionato il protocollo di garanzia sanitaria studiato dal Comitato Tecnico Scientifico della Figc presieduta dal Prof. Paolo Zeppilli e dal pool di esperti, tra cui Roberto Cauda (Prof. Malattie Infettive Università Cattolica), Massimo Fantoni (Primario unità Covid-19 Policlinico Gemelli), Walter Ricciardi (membro Oms e consigliere Ministero della Salute e Francesco Vaia (Direttore Sanitario Malattie Infettive Spallanzani).

Sul futuro del calcio, dunque, regna ancora tanta incertezza. Anche perché, perfezionare un protocollo già abbastanza rigido come quello presentato dalla Figc, potrebbe mettere ulteriormente in difficoltà le società di calcio intenzionate a giocare. A questo punto, cosa faranno le varie Leghe? E soprattutto, quali?

Perché se sono in difficoltà i club di Serie “A” e “B”, immaginarsi allora la Lega Pro e la LND (Lega Nazionale Dilettanti).

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Emergono, in effetti, differenze sostanziali tra le varie Leghe sotto l’aspetto delle risorse economico-finanziarie, dell’organizzazione manageriale delle società, delle strutture sportive e sanitarie e anche degli stipendi come opportunamente precisato, ai microfoni di Rai Radio 1, dal presidente dell’AIC (Associazione Italiana Calciatori), Damiano Tommasi: “Gli stipendi dei giocatori di Lega Pro e di serie D – aveva detto - servono per pagare affitti, mutui e per mantenere la famiglia. Non sono le cifre che si possono immaginare”.

Questo degli stipendi – argomento che sarà oggetto di approfondimento in un secondo momento – già dà l’idea delle differenze che ci sono all’interno del sistema calcio, un gap strutturale tra le varie Leghe che non potrà non influire sulle scelte finali di una stagione fortemente influenzata dall’emergenza COVID-19.

Purtroppo, è ormai chiaro che saranno soprattutto le Leghe minori a subire pesantemente le conseguenze di questa pandemia. Così, mentre la “A” e la “B” (si spera tutte) proveranno a tornare in campo, la Serie “C” e la “D” dovranno trovare soluzioni diverse perché non hanno le risorse economiche – tranne qualche società – per poter affrontare tutto ciò.

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Noi – aveva precisato il presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli, ai microfoni di Radio24 - siamo la Lega che vive essenzialmente sull’incasso dei botteghini e sugli sponsor. Siamo fermi dal 21 febbraio, ma la salute va messa al primo posto. Ora tutti, dalla Serie A alla D, dobbiamo applicare un protocollo sanitario perché senza un vaccino o una cura, il rischio zero non esiste e il virus non fa distinzione. Ma noi abbiamo un problema di strutture mediche perché i nostri medici sono per la maggior parte, volontari, un problema di strutture sportive a numero chiuso dove stare per tre settimane per fare una serie di analisi e controlli e per far sì che il gruppo possa essere al massimo preservato. Dovremmo andare in un hotel. E i costi? Inoltre abbiamo un problema relativo alla diversità esistente tra le 60 società presenti in Italia. C’è un modello diverso di sanità, di ospedali e di laboratori. Abbiamo un piano strategico che presenteremo il 4 maggio in assemblea per chiudere questa stagione e ripartire in modo strutturale sulla prossima che si prospetta pesantissima”.

Alla luce di queste dichiarazioni - ancora senza soluzioni - è evidente che la Lega Pro non potrà applicare il protocollo sanitario (che sarà reso ancora più rigido dalle modifiche che apporterà il Comitato Tecnico Scientifico del Governo) perché non tutte le società hanno la forza per poterlo fare. Quale scenario, allora, si prospetta? Come intende procedere la Lega Pro per determinare promozioni e retrocessioni?

Intanto sembra ormai certo che il campionato di Serie “C” non potrà ripartire. Il problema, invece, resta per le sei promozioni e le nove retrocessioni. Ora, poiché il rischio di eventuali contagi è reale, l’unico modo è trovare un nuovo format che garantisca il raggiungimento degli obiettivi nel minor tempo possibile.

Congelando la classifica attuale e tralasciando le prime di ogni girone che meriterebbero la promozione diretta, a partire dalla seconda, invece, l’ipotesi più probabile resta quella di disputare i play-off e play-out. Un format veloce da svolgersi tra meno squadre (e comunque tutte dovranno applicare il protocollo sanitario) e con gare secche da chiudersi nel giro di una settimana o dieci giorni al massimo.

Altre ipotesi potrebbero rivelarsi di difficile applicazione perché, chiaramente, più tempo passa e più aumenta il rischio di contagi. Va da sé che qualsiasi soluzione non potrà mai andare bene per tutti. Per la decisione finale, tuttavia, bisognerà aspettare l’Assemblea del 4 maggio.

(Foto da raisport.rai.it, lega-pro.com e adnkronos.com – si ringrazia)

Rino Lorusso

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