COOPLANDIA. UN MODELLO CHE VA CAMBIATO

Un viaggio all’interno delle cooperative. Dal 1800 a Mafia Capitale

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Le cooperative nascono ufficialmente nella prima metà del 1800, come associazioni di mutuo soccorso, costituiscono una sorta di difesa da parte dei lavoratori per cercare di migliorare le condizioni di vita al limite della sussistenza, un modo per creare forza dove c’è debolezza. Navigano a vista, contrapponendosi ai nuovi industriali, i padroni della nazione che sta nascendo. Si scontrano con il fascismo, con le cooperative nere, e finita la guerra, nel 1945, tra le macerie morali e sociali lasciate dal conflitto. La cooperazione la cercavano tutti, dall’impiegato all’operaio disoccupato, dal ministro per l’Agricoltura, per far coltivare le terre incolte a quello dei Lavori pubblici, per l’esecuzione di opere, come riporta uno dei padri del cooperativismo, Alberto Basevi. Poi nel 1947 Palmiro Togliatti intravede nel movimento cooperativistico il perfetto tratto d’unione tra l’idea di un partito nuovo e quella delle vaste alleanze. Oggi il fatturato delle coop ammonta a circa 151 miliardi di euro, l’8% - più o meno - del Pil nazionale.Le società cooperative sono gruppi di persone, fisiche o giuridiche, dotate di un forte intuitu personae, che obbediscono a principidi funzionamentoparticolari, tra cui quelli della struttura, del controllo democratico e della distribuzione equa degli utili netti dell’esercizio. Sono imprese a tutti gli effetti e generano profitto, offrendo servizi con un obiettivo chiaro e di utilità sociale, ma operando sul mercato. I lavoratori sono soci, dipendenti, collaboratori e talvolta volontari. Nascono con il fine del miglioramento della qualità della vita di una comunità locale, ma l’attività è gestita con spirito imprenditoriale. Le coop sociali sono sì imprese senza la finalità lucrativa, ma non vuol dire che non realizzino ricavi. Gli utili non vanno a beneficio di un proprietario o di un azionista, ma sono vincolati alla missione delle stesse. Ergo non si dividono tra i soci.

cms_5117/2.jpgMa allora come ha fatto il Buzzi di turno a guadagnare tutti quei soldi? “Il traffico di droga rende meno degli immigrati” disse in una famosa intercettazione data poi alla stampa.Gli opportunisti esistono anche nel campo del sociale. Qualcuno direbbe: soprattutto. I soci si aggiudicano gli appalti, guadagnano dai committenti e intascano le doti lavoro. Carlo Borzaga, coautore con Francesca Paini di “Buon lavoro. Le cooperative sociali in Italia: storie, valori ed esperienze di imprese a misura di persona” (Altraeconomia), specifica come siano “le Pubbliche Amministrazioni la causa indiretta dello sfruttamento di molti lavoratori con basse paghe. Le coop sociali partecipano a bandi al ribasso: per aggiudicarsi la gestione di un servizio devono offrirlo a prezzi inferiori agli altri. Il sistema agevola le cooperative più opportuniste, le più grandi, che non sono radicate al territorio, non si iscrivono alle associazioni di categoria e non sono soggette a controlli. Per non parlare del problema dei gravi ritardi dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche: ci sono cooperative che attendono anche due anni prima del saldo dei servizi. Le procedure per le assegnazioni vanno cambiate, ma la legge sulle cooperative sociali è semplice e ancora valida”.In questi ultimi anni diverse inchieste, come quella sul Mose di Veneza, sull’EXPO di Milano e sulla Tav, oltre che a Mafia Capitale, hanno portato alla luce l’intreccio relazionale tra una realtà politica, le cooperative e parte delle Istituzioni. Nel libro inchiesta di Antonio Amorosi “Coop Connection” (Chiarelettere. 2016), vengono riportate le parole di alcuni testimoni che riferiscono di pedine piazzate nei punti giusti, di carriere politiche e di una solidarietà dietro la quale si celano forti distorsioni. È stata la maxi inchiesta capitolina a far luce su storie di finanziamenti e sostegni alla politica d’ogni colore.

cms_5117/3.jpgChi non ricorda la famosa foto che l’Espresso pubblicò a corredo di un articolo di Emiliano Fittipaldi in data 2 dicembre 2014? Cosa è cambiato da allora? Si è proceduto nei confronti di coloro ritenuti coinvolti nell’inchiesta e il processo va avanti. E a noi, oltre che nella giustizia, non resta che confidare nell’azione dell’ex presidente di Legacoop - di nuovo alla guida del dicastero del Lavoro – affinché intervenga, a tutela di chi nel sociale crede e opera alla luce della legalità, per impedire il malaffare.

Paolo Varese

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