COSPITO, CASSAZIONE SU 41 BIS - Perugia, maltrattamenti a bambini - Csm: "La pm molestata doveva denunciare

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Cospito, Cassazione su 41bis: "Resta pericolo collegamenti con anarchici"

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Alfredo Cospito "non ha in alcun modo manifestato segni di dissociazione e anzi ha continuato con i suoi scritti fino ad epoca recente a propugnare il metodo di lotta armata, sottolineando anche la nascita della Fai-Fri e valorizzando la dimensione internazionale raggiunta da parte della stessa’’. E’ quanto scrivono i giudici della Prima sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza del 24 febbraio scorso con cui hanno rigettato il ricorso della difesa, confermando il 41bis per l’anarchico, in sciopero della fame dallo scorso ottobre.

Per i supremi giudici, Cospito avrebbe esaltato "l’anarchismo diverso da quello ‘classico’ e connotato da azioni che mettono in pericolo la vita degli uomini e donne del potere, soprattutto se rivendicate con sigle costanti nel tempo; o ancora inneggiando ad attentati come quello ai danni della Stazione dei carabinieri di Roma-San Giovanni o dell’amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare, l’ingegner Adinolfi, e ribadendo l’affermazione di non essersi pentito dell’azione, personalmente commessa, che aveva portato al ferimento di quest’ultimo. Tali forti espressioni - si legge nelle motivazioni - reiterate e rinforzate attraverso modalità diffusive di conoscenza, sono state sottolineate nell’ordinanza impugnata, in linea con il decreto ministeriale, come espressive di evidente pericolosità del loro autore, che, con gli stessi mezzi - si è puntualizzato - potrebbe continuare ad essere, in termini autorevoli, per gli accoliti in libertà, se sottoposto a regime ordinario, punto di riferimento e fonte di indicazione delle linee programmatiche criminose e degli obiettivi da colpire’’.

Per i giudici della Suprema Corte "appare esaustiva e corretta, diversamente da quanto dedotto nella requisitoria scritta che denuncia la mancata individuazione di elementi fattuali invece evidenziati, la motivazione dell’ordinanza impugnata che ha individuato il pericolo di collegamenti del ricorrente con l’associazione di provenienza sulla base di univoci elementi fattuali, non contestabili per essere rappresentati sulla base di dati certi in atti, e ravvisati nella reiterata affermazione di appartenenza associativa e nel ruolo verticistico di Cospito, accertato con sentenza passata in giudicato, nell’ambito di un’associazione, del pari definitivamente accertata, che propugna espressamente il metodo di lotta armata e che ha, tra i propri specifici fini, l’ideazione, la predisposizione e la diffusione di materiale di propaganda ideologica insurrezionalista lottarmatista’’.

"Sono pertanto inconsistenti le doglianze di mancanza della motivazione, che non colgono nel segno neppure nell’ottica della correttezza del contenuto del decreto ministeriale, che, in contrasto con la ratio della sua previsione alla luce del parametro normativo di riferimento, avrebbe inteso impedire al ricorrente ’esternazione di un pensiero politico o sanzionare istigazione e proselitismo – sottolineano i supremi giudici - traducendosi tali censure nell’opposizione di una diversa e alternativa lettura delle risultanze valorizzate dal Tribunale di sorveglianza sulla base di elementi fattuali, non suscettibili di rivalutazione in sede di legittimità e a maggior ragione nell’ambito dei più ristretti limiti consentiti dal 41-bis’’.

"È rilevante in tal senso ribadire il richiamo specifico fatto dal Tribunale di sorveglianza al punto della sentenza della Corte di assise di Torino in cui è argomentativamente rappresentato il corretto riferimento dell’acronimo Fai a due realtà profondamente diverse, sigla-metodo Fai che richiama (pur discostandosene per la presenza di rivendicazioni firmate con un medesimo acronimo) l’idea della non-associazione di tipo bonanniano, e la vera associazione Fai (contestata e ascritta a Cospito), che ha un organismo centrale, propugna il metodo e coordina le cellule che costituiscono la struttura di base – si legge nelle motivazioni della sentenza - Nel contempo è opportunamente segnalata nell’ordinanza l’incorsa volontaria ambiguità circa la reale connotazione della Fai, che, mentre costituisce un’efficace strategia protettiva contro la temuta e spesso citata ‘repressione’, presenta per coloro che ne sono partecipi un peculiare vantaggio, poiché, per la sua dichiarata informalità e fluidità, è aperta ad anarchici che non accetterebbero strutture formalizzate, oltre che a soggetti sconosciuti che, in adesione al metodo-Fai, attuano in modo autonomo attentati, poi rivendicati attingendo a tale sigla, finendo l’associazione anche con il beneficiare del contributo spontaneo prestato da terzi agenti come ‘lupi solitari’, che ne ampliano la portata operativa e la stessa struttura logistica’’ concludono i supremi giudici.

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Perugia, maltrattamenti a bambini: indagata titolare asilo nido

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Maltrattamenti nei confronti di bambini tra i sei mesi e tre anni, i carabinieri della Compagnia di Perugia hanno eseguito una misura cautelare nei confronti della titolare di un asilo nido di Corciano, indagata per il reato. Il provvedimento, emesso dal gip del Tribunale di Perugia prevede per la donna, di 47 anni, il divieto di avvicinamento all’asilo in cui lavorava anche come responsabile ed educatrice.

Le indagini, scaturite da una denuncia, sono state eseguite attraverso intercettazioni audio e video eseguite all’interno della struttura: le immagini registrate dalle telecamere hanno documentato diversi episodi di maltrattamenti nei confronti dei bambini dell’asilo. Dalle immagini sarebbero emersi maltrattamenti avvenuti in modo abituale nei confronti dei piccoli spesso costretti a subire offese e strattonamenti. In particolare l’indagata, con comportamenti gravemente lesivi dell’integrità psichica e fisica dei minori affidati alle sue cure, avrebbe anche malmenato i bambini.

Le condotte sarebbero state rivolte anche nei confronti di bambini affetti da maggiori problematiche e difficoltà e non in grado di raccontare ai propri genitori quanto accadeva. Alla luce della gravità dei fatti e condividendo il quadro indiziario fornito dalla Procura di Perugia, il gip ha disposto nei confronti della donna l’applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento all’asilo.

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Csm: "La pm molestata doveva denunciare, no a giustizia fai da te"

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La pm della Dda di Palermo Alessia Sinatra "ha ritenuto più opportuno, anziché denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria nell’immediatezza dei fatti, utilizzare tale impropria e obliqua modalità di reazione rivolgendosi, in prossimità della votazione del plenum del Csm, all’amico Palamara affinché condizionasse dall’esterno l’attività consiliare". Ricorrendo "in una sorta di ’giustizia fai da te’ intesa dall’incolpata come unica modalità suscettibile di darle soddisfazione e riparare in qualche modo il danno subito". E’ quanto scrive la Sezione disciplinare del Csm nelle motivazioni della condanna alla censura inflitta lo scorso 21 febbraio alla pm di Palermo Alessia Sinatra. Una vicenda che risale al 12 dicembre 2015, quando l’allora procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo avrebbe molestato sessualmente la pm in un corridoio dell’albergo in cui si trovavano per un convegno di Unicost. Condotta punita, sempre in sede disciplinare, con la perdita di due mesi di anzianità per Creazzo. Ma se lui è stato ritenuto colpevole, lei non è stata ritenuta innocente. Il nuovo Csm ha "censurato" Sinatra per gli sms che ha scambiato con Luca Palamara in cui chiamava Creazzo "il porco". Una sentenza arrivata nonostante La Pg della Cassazione Gabriella De Masellis volesse la pm Sinatra innocente. Ma i giudici hanno detto no.

Anna Di Fonzo

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