COVID-19 E HIV, NESSI E RICADUTE TRA I DUE VIRUS PIU’ TEMUTI

Stanno per concludersi i lavori dell’Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, giunta alla sua dodicesima edizione

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Le varie ripercussioni della pandemia che ormai da mesi ci affligge coinvolgono anche i malati di altre patologie croniche, tra cui ricade anche l’HIV. A livello globale, in particolar modo negli Stati Uniti, è stata riscontrata una riduzione dei test per le diagnosi di malattie sessualmente trasmissibili; situazione, questa, certamente analoga a quanto accade, purtroppo, anche in Italia (sebbene non siano ancora state pubblicate statistiche ufficiali in merito). Se ne sta parlando nella 12° edizione di ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research), che si terrà online sino al prossimo 16 ottobre, alla presenza di tanti esperti del settore.

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"Non siamo ancora in grado di sapere se l’impatto della pandemia da COVID19 abbia comportato conseguenze nell’assistenza alle persone con HIV - spiega il Prof. Andrea Antinori, Direttore di Immunodeficienze Virali allo Spallanzani di Roma – Se fossero confermati i dati sulla riduzione dei test anche in Italia, va capito de questo fenomeno possa essere ricondotto alla riduzione degli spostamenti durante e successivo al lockdown, o se dipende da una effettiva riduzione di comportamenti a rischio, o ancora se da una difficoltà di accesso alle strutture, impegnate ad affrontare la battaglia della pandemia".

"L’esperienza internazionale infatti rivela un evidente calo di test effettuati, come dimostrato da dati americani e da una recente survey del WHO in 140 paesi. In Italia non disponiamo ancora di dati ufficiali sui test HIV in era COVID19, anche se in sede di congresso ci saranno interessanti novità su questo argomento. Quello che possiamo dire è che c’è stata una continuità dei servizi erogati, sebbene con alcune restrizioni per quanto riguarda le attività ambulatoriali, limitate nella fase di lockdown alle attività essenziali non differibili. Anche oggi le prestazioni ambulatoriali alle persone con HIV devono adempiersi con tutte le norme di sicurezza al momento richieste, dalle distanze di sicurezza alla sanificazione, evitando il sovraffollamento degli ambulatori. Una notizia positiva, invece, riguarda i risultati della telemedicina, che si dimostra metodica sempre più implementata nel setting HIV, e anche gradita dai pazienti. Sono aumentati del 50%, infatti, le consultazioni online, grazie anche a piattaforme sempre più evolute, i cui servizi sono migliorati anche durante la pandemia stessa. Questi nuovi strumenti saranno indubbiamente validi anche al termine dell’attuale situazione d’emergenza, purché non si comprometta la qualità e la professionalità del servizio offerto".

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Sul fronte delle terapie, due le osservazioni che gli specialisti di ICAR sottolineano. All’inizio della pandemia da COVID19, infatti, si era discusso molto sulla possibilità che alcuni farmaci antiretrovirali potessero funzionare contro il coronavirus in questione, in special modo il Lopinavir/ritonavir e il darunavir/cobicistat. Ma i risultati degli studi, sin dai primi mesi della pandemia, hanno purtroppo dimostrato che gli inibitori delle proteasi di HIV non sono efficaci contro il COVID19. In tal senso è importante che non vengano modificate le terapie anti-HIV nella speranza di potersi proteggere dall’altra infezione. È inoltre importante sottolineare, inoltre, che la malattia da COVID19 non ha ripercussioni più gravi, come dimostra la quasi totalità degli studi internazionali finora effettuati, anche nei pazienti immunodepressi, in particolare per i pazienti sieropositivi. "Al momento non sono state rilevate - conclude il Prof. Antinori - conseguenze più gravi e decorsi diversi rispetto ai malati con COVID19 non HIV".

Alice My

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